20 dicembre 2006

Auguri!

Sereni giorni di festa a tutti e auguri per uno splendido 2007 !

15 dicembre 2006

Comitato cantonale del PLR

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - al Comitato cantonale del PLR del 14 dicembre 2006 a Canobbio)


[fa stato il testo parlato]


Caro presidente
amiche e amici liberali radicali

mi sono chiesto come presentarmi, visto che ognuno di voi mi conosce, sa quali sono le mie virtù e quali sono i miei difetti.

Questa è la mia ottava campagna elettorale al servizio del Partito liberale radicale, quel partito in cui mi riconosco anima e corpo, anche nei momenti difficili, per i valori e gli ideali che porta con sé e sono stati e sono la premessa per contribuire al progresso di un Cantone a cui vogliamo bene e al quale vogliamo dedicare le nostre forze migliori.

Nel corso degli anni di esperienza come consigliere comunale, deputato in Gran consiglio, Consigliere nazionale a Berna e Consigliere di Stato a Bellinzona ho maturato un'esperienza che mi aiuta ad affrontare situazioni nuove con altrettanto nuove sensibilità – senza mai cedere alle tentazioni di conservatorismo e cercando di rimanere fedele ai valori che sono alla base del mio agire di uomo politico liberale radicale.

In altre parole ho cercato di rimanere me stesso, con il mio passo di montanaro, coerente con le mie idee, nel rispetto di un metodo liberale fondato sulla capacità dell’uso della ragione critica. Un metodo liberale che pone al centro di ogni riflessione l'individuo, con i suoi diritti e le sue libertà. Un individuo al quale va riconosciuta grande dignità, indipendentemente dalle sue origini sociali e culturali. Sopporto sempre meno chi è duro nei confronti dei più deboli, mentre è strisciante e servile nei confronti dei potenti.

Ai nuovi problemi dobbiamo trovare nuove soluzioni attraverso riforme senza le quali viene indebolito lo Stato forte e laico come lo vogliamo noi. Attribuisco un'attenzione particolare al ruolo dello Stato e alla credibilità delle sue istituzioni. Uno Stato comunque non invadente, non burocratico, capace di rispondere ai bisogni delle cittadine e dei cittadini, di sostenere la conoscenza, l'innovazione e lo sviluppo economico, di creare occasioni di crescita e di lavoro per tutte e tutti.

Come liberale radicale voglio continuare ad impegnarmi per una riforma strutturale della società e delle istituzioni che si fondi su principi di equità e di giustizia, di solidarietà e di tolleranza e sappia valorizzare e premiare chi sa assumere la responsabilità che spetta ad ogni individuo.

Credo nel libero mercato come elemento a sostegno del benessere e generatore di opportunità che ognuno di noi può cogliere. Credo anche che lo sviluppo di una società non si misura solo in aumento del PIL e di massimizzazione degli utili, ma anche dalle occasioni di crescita sul piano morale e intellettuale. Credo anche di aver dimostrato di sapermi assumere fino in fondo le mie responsabilità di uomo di governo soprattutto nei momenti in cui ho preso decisioni difficili o impopolari oppure quando ho assunto oneri supplementari nell'interesse del Paese e sicuramente anche del partito. Invece di farmi coinvolgere in polemiche ho scelto di rimboccarmi le maniche.

Ho l'abitudine di dire quello che penso. Non me la sento di dire ciò che la gente vuole sentirsi dire - così come ti consiglia qualche esperto di marketing più attento ai blog che non ai veri bisogni della gente - perché rifuggo dalla politica-spettacolo e perché lo ritengo poco serio e una mancanza di rispetto nei confronti della cittadina e del cittadino che ti hanno dato la loro fiducia.

Mi considero un uomo della gente - un uomo che ascolta la gente - per capirne i problemi, i bisogni e le aspirazioni. E il Partito liberale radicale, se vuole continuare ad essere il motore di questo Cantone, deve continuare ad essere un partito della gente, interclassista in cui tutte e tutti si sentono a proprio agio, sanno di essere apprezzati per ciò che sono.
Se, come ho sentito in un'intervista alla TV, il partito dovesse ridursi ad essere solo - cito - il "partito dell'economia", allora prepariamoci a cedere il timone a qualcun altro.

Ho sofferto negli ultimi tempi nel vedere scandali e scandaletti in cui sono stati coinvolti personalità del nostro partito. Perché per me essere liberali radicali significa assumere fino in fondo comportamenti improntati al rigore, alla trasparenza, alla correttezza e alla rettitudine. Significa guardare in faccia alla realtà senza ingannare la gente con cortine fumogene o promesse da marinaio. Significa guardare in faccia l'avversario politico, uscire allo scoperto con dignità e onore, quindi non operare nel fitto sottobosco dei lunghi coltelli.

Mi sono battuto per un riequilibrio delle finanze pubbliche adottando una serie di misure strutturali - forse le uniche di un certo rilievo - che questo governo ha conosciuto e che mi sono costate parecchio.

Ma ho capito che in questo Cantone per uscire da una situazione di immobilismo condizionato da una situazione finanziaria sempre ancora disastrosa è necessario costruire un consenso che - come l’esperienza insegna - può passare solo dall’abbandono di posizioni ideologiche esageratamente rigide, spesso al limite dell’intransigenza.

Mi sono battuto e continuerò a battermi per un servizio pubblico efficiente e di qualità. Primo fra tutti la scuola pubblica e, di riflesso, per l'intero progetto che ruota attorno al Ticino della conoscenza, che è poi uno dei pochi progetti di ampio respiro che stanno dando grandi soddisfazioni e prospettive di sviluppo a un Cantone che vuole assumere un ruolo sempre più importante nella produzione e divulgazione del sapere.

In politica ciò che contano sono i fatti. Al termine di questi quasi 7 anni di Governo credo di poter presentare tutta una serie di fatti e realizzazioni concrete soprattutto nel campo del Ticino della conoscenza e in quello della cultura, del tempo libero e dello sport.

Amiche e amici affronto questa nuova campagna elettorale che tutti preannunciano come dura e senza esclusione di colpi con la massima serenità, consapevole di aver fatto sino in fondo il mio dovere: non mi lascerò coinvolgere in sterili polemiche e mi farò garante di rappresentare tutto il Ticino dalla Valle Bedretto sino a Chiasso senza anacronistiche divisioni che costituiscono il freno più pericoloso e deleterio per un Ticino che vuole sfruttare al meglio i suoi enormi potenziali di crescita.

E sì, continuerò ad ispirarmi al Franscini, vero riformatore che con grande lungimiranza ha saputo anticipare i tempi nei campi più disparati. Nato povero e, dopo aver dato il meglio di sé stesso al paese, morto ancora più povero ma con addosso una grande dignità.

Una dignità che non va mai persa, né per cedere alle tentazioni del populismo o dell’opportunismo, né per accaparrarsi qualche vantaggio ai fini della campagna elettorale.

È con questo spirito che mi metto ancora una volta al servizio del partito.

14 dicembre 2006

Vendita stabile sede Banca Nazionale a Lugano

Interpellanza del 6.11.2006 "Vendita stabile sede Banca Nazionale a Lugano" presentata dal Gruppo liberale radicale in Gran Consiglio
Interpellanza del 21.11.2006 "Banca nazionale e Museo: è tutto perduto?"

Risposte di Gabriele Gendotti, Consigliere di Stato, agli atti parlamentari, durante la seduta del Gran Consiglio di mercoledì 13 dicembre 2006.


[fa stato il testo parlato]


Signor Presidente
Signore e signori Deputati

rispondo alle interpellanze del gruppo liberale radicale e dei deputati Ignazio Bonoli, Carlo Luigi Caimi e Armando Boneff che riguardano la vendita dello stabile della Banca nazionale svizzera a Lugano.

È l'occasione per togliere dall'aria quelle insinuazioni di trattative mal condotte dal Consiglio di Stato messe in giro ad arte da chi ha altri progetti per il futuro del Museo Cantonale d'Arte.

Prima fase: gli incontri preliminari - la BNS compie il primo passo
Il Cantone Ticino ha dimostrato a più riprese il suo interesse per l'acquisto dello stabile della BNS nell'ambito di un progetto culturale. Va sottolineato che il Museo Cantonale d'Arte è già da anni inquilino della BNS.

Il primo incontro fra il direttore della BNS di Lugano, signor Picchi, e il sottoscritto - accompagnato dall'allora direttore della Divisione della cultura Lorenzo Sganzini e dal direttore del Museo Cantonale d'Arte Marco Franciolli - ha avuto luogo il 24 gennaio 2003 a Lugano. Successivamente, il 3 luglio 2003, ho incontrato a Berna i rappresentanti della BNS per un colloquio di approfondimento.

È significativo rilevare come il secondo incontro del 3 luglio 2003 sia stato voluto dai rappresentanti della BNS proprio per significare al direttore del Dipartimento responsabile della politica culturale la chiusura dell'unica sede istituzionale della BNS nella Svizzera italiana e la possibilità di attribuire allo stabile una destinazione legata al Museo Cantonale d'Arte, analogamente a quanto fatto dalla BNS in altre città svizzere.

Durante i due incontri ho potuto quindi prendere atto delle intenzioni della BNS e ho potuto ribadire il forte e fondato interesse dello Stato del Cantone Ticino all'acquisto dello stabile.

L'interesse si fondava - e si fonda - sul fatto che l'edificio della BNS presenta un notevole valore dal punto di vista storico e architettonico e, soprattutto, l'acquisizione del palazzo da parte dello Stato permette di risolvere i problemi che affliggono il Museo Cantonale d'Arte da anni. Con l'acquisizione dell'edificio della BNS si possono infatti recuperare nove sale espositive sia nel Museo Cantonale d'Arte, attualmente chiuse al pubblico poiché adibite a deposito, sia nell'edificio attualmente utilizzato per le attività della BNS. Inoltre la direzione del Museo occupa già da alcuni anni alcuni spazi dello stabile della BNS.

Oltre a risolvere definitivamente il problema dei depositi e a permettere il recupero di un numero considerevole di sale espositive del Museo Cantonale d'Arte e a disporre di spazi sicuri e adatti alla conservazione di un grande patrimonio della collettività - le opere d'arte attribuite o gestite dal Museo costituiscono un patrimonio culturale di tutti, che va valorizzato e reso accessibile al pubblico - l'acquisizione offre la possibilità di adibire ad uso pubblico le sale del pianoterra dello stabile della BNS migliorando considerevolmente la visibilità e la qualità degli spazi attribuiti al Museo.

Il 31 marzo 2006 ho nuovamente avuto una riunione a Berna con i rappresentanti della BNS.

Seconda fase: il "Prospetto informativo" e la prima offerta del Cantone
Il 23 giugno 2006 la BNS (cfr. allegato 1) trasmette la "Verkaufsdokumentation" (tradotto in italiano con "Prospetto informativo") nella quale viene indicato il prezzo base di vendita dell'immobile: CHF 6'400'000.


Nel "Prospetto illustrativo" al capitolo 9 (cfr. allegato 2) si precisa tra l'altro che:
· "Questa offerta è non impegnativa e non vincolante…" ;
· "I dati contenuti in questo prospetto sono di carattere generale ed informativo. Non si garantisce la loro esattezza e non fanno parte integrante di accordi contrattuali";
· "La vendita ad altro interessato è riservata", indicazione che è stata interpretata proprio come l'esito delle discussioni preliminari e la volontà della BNS di privilegiare un passaggio dello stabile ad un ente pubblico. Ma probabilmente, alla luce dei fatti recenti, il testo va ora letto con una nuova chiave di lettura.

È anche interessante rilevare come il "Prospetto informativo" non riporti alcuna indicazione relativa alle criteri di aggiudicazione dell'immobile: in altre parole non è precisato se il prezzo rappresenti l'unico criterio e quali siano eventuali ulteriori criteri adottati nella procedura di selezione delle offerte.

Il 27 giugno 2006 l'Ufficio di stima del Dipartimento delle finanze e dell'economia riceve l'incarico di "procedere all'accertamento del valore venale-commerciale della particella n. 300 RFD della città di Lugano, fondo sul quale è ubicata la sede della Banca nazionale svizzera di Lugano".

La prima offerta del Cantone
L'11 luglio 2006, tramite nota a protocollo, il Consiglio di Stato autorizza "la Sezione della logistica del DFE - in collaborazione con il Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport - […] a presentare un'offerta per l'acquisto dello stabile situato al mappale n. 300 in Via Canova 12 a Lugano di proprietà della Banca nazionale svizzera".

Il 20 luglio l'Ufficio di stima consegna il rapporto peritale che indica un valore venale - che corrisponde al prezzo di vendita che si può ottenere normalmente in una libera contrattazione di compravendita - pari a 8'000'000 di franchi.

Il 16 agosto 2006 la Sezione della logistica presenta - a nome del Consiglio di Stato - l'offerta per l'acquisto del fondo. Cito: "Considerando le nostre riflessioni sul valore dell'edificio, il vostro prezzo base di offerta e alcune questioni specificatamente legate alle ricollocazione del vostro personale e alla necessità di spazi logistici che avrete in futuro a Lugano, vi sottoponiamo la nostra offerta che integra gli aspetti finanziari con la nostra disponibilità a ricollocare presso l'Amministrazione cantonale una persona alle vostre dipendenze e a mettere a disposizione per un periodo di 20 anni gli uffici che vi necessitano per la vostra presenza a Lugano, limitatamente a uno degli appartamenti". L'offerta ammonta a CHF 6'000'000 (cfr. allegato 3).

I rappresentanti della BNS hanno sempre lasciato intendere che per evitare che il prezzo diventasse l'unico criterio di aggiudicazione, bisognava presentare una "Globalofferte" che tenesse conto delle necessità della BNS (messa a disposizione di spazi e assunzione del personale). Questo perché era sin dall'inizio pacifico che il Cantone non avrebbe potuto competere con privati a livello di prezzo di acquisto.

Il Cantone ha del resto fatto sapere quale era la cifra a disposizione dello Stato, peraltro iscritta nel Piano finanziario degli investimenti del Cantone.

La seconda offerta Cantone
Il 18 settembre 2006 la BNS precisa al Cantone di aver deciso di approfondire quelle offerte che si dimostrano attrattive su un piano dell'importo dell'offerta e della utilizzazione dello stabile prevista. Nella cerchia ristretta figura anche l'offerta del Ticino.

La BNS offre a questa cerchia ristretta di offerenti la possibilità di modificare o di precisare la propria offerta. Non è dato di sapere quali siano criteri che hanno spinto la BNS a approfondire solo alcune offerte, il perché, quali e quante offerte siano state scartate.

Nel suo scritto del 18 settembre 2006 (cfr. allegato 4) la BNS indica già dove e come il Cantone Ticino avrebbe dovuto modificare o precisare la sua offerta (fatto che può essere interpretato come ulteriore dimostrazione che il prezzo di vendita non era necessariamente l'unico criterio di vendita):
· primo punto. La riassunzione di un proprio collaboratore. La BNS chiede in particolare quali compiti sarebbero attribuiti a questa persona e con quale salario;
· secondo punto. L'affitto di un appartamento alla BNS per i prossimi 20 anni. Al posto compensare l'affitto dell'appartamento per i prossimi 20 anni nell'offerta di base, questa volta la BNS indica che è intenzionata a pagare un affitto allo Stato.

Non è dato di sapere quali modifiche o precisazioni siano state formulate ad altri concorrenti. Era sempre parso di capire che queste due condizioni - ripresa di un collaboratore e affitto di un appartamento - fossero state formulate unicamente al Cantone Ticino e alla Città di Lugano. A posteriori si desume che con ogni probabilità non è stato così. Può essere persino sollevato il dubbio che qualcuno abbia potuto formulare questa precisazione solo in seconda battuta.

Il 27 settembre 2006 il Consiglio di Stato, preso atto delle richieste e delle preferenze della BNS, precisa la sua offerta (cfr. allegato 5).

La seconda offerta si differenzia dalla prima nei seguenti punti:
1. l'importo dell'offerta del Cantone Ticino passa da 6 mio a 6,6 mio di franchi;
2. anziché considerare l'affitto dell'appartamento per un periodo di 20 anni nel prezzo di acquisto, il Cantone si impegna ad affittare un appartamento alla BNS al prezzo di 30'000 franchi all'anno più spese accessorie;
3. è precisata la disponibilità di integrare un collaboratore della BNS nell'amministrazione cantonale quale bidello o eventualmente custode con le indicazioni sulle condizioni salariali.

La decisione della BNS
Il 27 ottobre 2006 la BNS informa il Consiglio di Stato di aver "deciso la vendita dell'edificio bancario di Lugano a Wegelin & Co., Banchieri Privati, San Gallo".

La BNS precisa che "nell'ambito del bando di pubblico concorso per la vendita dello stabile, diversi fattori hanno avuto un'importanza determinante per l'aggiudicazione a Wegelin Banchieri Privati".

Quali sono stati i criteri di aggiudicazione che, è opportuno ricordare, non erano indicati nella documentazione di vendita? "Innanzi tutto, Wegelin & Co. è un istituto rinomato che a Lugano si occupa del trattamento del contante. Inoltre, questo istituto assicurerà un posto di lavoro a uno dei collaboratori della tuttora esistente della Banca nazionale. Infine, l'offerta di Wegelin Banchieri Privati si è situata nettamente oltre il prezzo base di 6,4 mio di franchi fissato dalla Banca nazionale. La Banca nazionale è convinta che con questa vendita sia stata trovata una buona soluzione dal punto di vista economico per la Piazza finanziaria di Lugano. Inoltre, con tale soluzione si assicurerà anche in futuro un'adeguata utilizzazione dell'infrastruttura esistente dell'immobile".

In altre parole: se all'inizio, nel 2003, si è partiti con un approccio che considerava la vendita dello stabile allo Stato nell'ambito di un progetto culturale - forse per "addolcire" la chiusura di un'ennesima struttura istituzionale al Sud delle Alpi - alla prova dei fatti è stato determinante il punto di vista economico.

Ancora oggi non si è a conoscenza, al di là delle enunciazioni di trasparenza, a quale prezzo sia stato venduto lo stabile della BNS.

Il giorno stesso, il 27 ottobre 2006, il Consiglio di Stato dirama un comunicato stampa in cui manifesta il suo "profondo disappunto" per la decisione della BNS e informa di essere "intenzionato a chiedere agli organi della Banca Nazionale Svizzera di voler tornare sulla loro decisione e di riprendere le trattative per assicurare il trapasso della proprietà allo Stato del Cantone Ticino".

I fatti più recenti
Il 7 novembre 2006 "il Consiglio di Stato chiede comunque un ulteriore incontro fra i vertici della Banca nazionale svizzera e una delegazione del Consiglio di Stato e del Municipio della Città di Lugano nel tentativo di poter ancora giungere ad un accordo a salvaguardia dell'interesse pubblico". La richiesta è condivisa dalla Città che "si interroga sulle modalità con cui è stata gestita la procedura di vendita, in particolare sulla richiesta di condizioni (locazione appartamento, riassunzione di un dipendente) che non figuravano nella documentazione inizialmente messa a disposizione (bando di concorso)".

L'incontro chiesto dal Consiglio di Stato e dal Municipio della Città di Lugano non ha mai avuto luogo. È significativo notare che prima della decisione del "Consiglio di banca" è arrivata la "Comunicazione alla stampa ticinese in occasione della visita di Jean-Pierre Roth, Presidente della Direzione generale della Banca nazionale svizzera, del 28.11.2006". Non è chiaro come mai il Presidente della direzione generale si sia espresso tramite i media prima delle decisione del Consiglio della banca nazionale. Per il Consiglio di Stato questo modo di procedere appare quanto meno scortese, intempestivo e poco trasparente.

Il 1. dicembre 2006 il Consiglio della Banca nazionale dirama un comunicato stampa in cui informa di essere " giunto alla conclusione che non vi sono ragioni per una riapertura del procedimento d'offerta". La richiesta di incontro del Consiglio di Stato e del Municipio della Città di Lugano non viene accordata. Solo il 4 dicembre 2006 il Consiglio di Stato riceve una comunicazione con la quale la BNS informa che "non può tornare sulla sua decisione di vendere l'immobile alla Wegelin & Co.".

Il 5 dicembre 2006 il Consiglio di Stato riflette sui prossimi eventuali passi, in particolare sulla possibilità di iscrivere a Piano regolatore uno speciale vincolo per l'esecuzione di opere di interesse regionale o cantonale in applicazione dell'art. 31 della Legge cantonale di applicazione della Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lalpt) e informa che sarà indetto un incontro con la Città di Lugano.

Il seguito di questa ipotesi di lavoro, come pure altre che coinvolgono direttamente la Banca Wegelin, è tutto da discutere.

Nel merito delle risposte alle due interpellanze.

Domande del Gruppo liberale radicale in Gran Consiglio

1. Il Consiglio di Stato informi il parlamento sullo svolgimento delle trattative avvenute.
Le trattative sono iniziate già nel 2003. Il 16 agosto 2006 la Sezione della logistica - a nome del Consiglio di Stato - inoltra una prima offerta di 6,0 mio di franchi che considera la messa a disposizione degli spazi richiesti dalla BNS e la possibilità di integrare un collaboratore della BNS nell'amministrazione cantonale.

Il 27 settembre 2006, sempre in base a esigenze della BNS, il Consiglio di Stato inoltra una seconda offerta di 6,6 mio di franchi, precisando al contempo le condizioni, suggerite dalla BNS medesima, di riassunzione di un collaboratore della BNS e di affitto alla BNS stessa di un appartamento nella sede di Via Canova, la Südseite da loro auspicata con un canone di locazione di 30'000 franchi all'anno.

L'importo dell'offerta si fonda su quanto indicato nel piano finanziario 2004-2007 dello Stato. Cantone e Città di Lugano, consapevoli del fatto che il prezzo non poteva essere l'unica condizione, hanno deciso di comune accordo di non alzare la loro offerta.

2. Il Consiglio di Stato informi dettagliatamente sui previsti progetti di utilizzo dello stabile da parte delle Autorità cantonali e comunali?
Attualmente il Museo Cantonale d'arte non è più in grado di garantire uno standard adeguato per la conservazione del patrimonio artistico a causa della carenza di spazi adeguati. L’accumulo delle opere all’interno dei depositi compromette la sicurezza delle opere. L’acquisizione della sede della BNS permetterebbe di risolvere i problemi relativi al deposito delle opere. Lo svolgimento delle attività espositive è attualmente limitato dalla chiusura di numerose sale adibite a deposito di opere e materiali vari.

Per quanto riguarda la sede della BNS. Al piano sotterraneo sarebbero previsti i depositi del Museo Cantonale d’Arte; gli spazi sono idonei alla conservazione delle opere; oltre la metà delle opere attualmente conservate nel MCA verranno trasferite in questi spazi; uno spazio sarà riservato alle operazioni di preparazione delle opere per i prestiti in occasione di esposizioni (in entrata e in uscita dal MCA); nel deposito potranno essere sistemati gli stampati (cataloghi, programmi, ecc) attualmente depositati in vari punti del MCA.

Al Pianoterra sarebbero previsti gli spazi aperti al pubblico per rafforzare la visibilità del MCA verso la Piazza San Rocco. Verranno presentate, in esposizioni di breve durata e a rotazione, le nuove acquisizioni oppure piccole mostre di disegno e grafica legate alla Collezione; la sala sarà predisposta per poter organizzare conferenze e presentazioni stampa di eventi

Al primo e al secondo piano sarebbero previsti gli uffici per il personale scientifico, sala riunioni, biblioteca, archivi video.

Nell'attuale sede del Museo Cantonale d'Arte troverebbero posto 9 sale di varie dimensioni che potranno essere recuperate per le esposizioni e la collezione permanente; i depositi per le opere potranno ritrovare la qualità adeguata per garantire la conservazione del patrimonio.

3. Il Consiglio di Stato spieghi come intende procedere nelle prossime fasi, per permettere l'acquisto dello stabile da parte dell'Ente pubblico.
4. Come intende procedere nel caso in cui la Banca non dovesse modificare la propria decisione.
Le intenzioni del Consiglio di Stato sono riportate nella sua decisione del 5.12.2006. "Il Consiglio di Stato, richiamata l'esigenza di garantire il consolidamento e lo sviluppo delle attività culturali del Museo cantonale d'arte attraverso un recupero e un aumento di sale espositive e di spazi destinati a depositi per le collezioni di opere d'arte di proprietà del Cantone e tenuto conto che l'edificio ove ora è ubicata la sede della Banca nazionale svizzera a Lugano costituisce un esempio pregevole di architettura neoclassica in zona nuclei storici e tradizionali, ha deciso all'unanimità di chiedere alla Città di Lugano l'iscrizione a Piano regolatore, in applicazione dell'articolo 31 della Legge cantonale di applicazione della Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lalpt), di uno speciale vincolo per l'esecuzione di opere di interesse regionale o cantonale. L'obiettivo è di consentire l'ampliamento, grazie all'annessione dell'edificio della Banca nazionale svizzera, del Museo cantonale d'arte. Il Consiglio di Stato, prima di formalizzare la richiesta, intende indire un incontro con il Municipio della Città di Lugano per spiegare i motivi e per concordare le modalità di attuazione di questo intervento pianificatorio di interesse generale.Il Consiglio di Stato rileva che la misura è presa esclusivamente a salvaguardia di un progetto culturale che consenta di risolvere i problemi di spazio del Museo cantonale d'arte nel centro storico di Lugano e di mantenere la destinazione pubblica di uno stabile che presenta un notevole valore dal punto di vista storico e architettonico".

5. come valuta la presenza di un rappresentante del presunto acquirente privato negli organi della Banca nazionale e se non ritiene che questo fattore abbia effettivamente influenzato - o addirittura reso pretestuose - le trattative di vendita, favorendone scorrettamente la parte privata e danneggiando gli interessi pubblici generali.
Tutti sanno che i rappresentanti che siedono nel Consiglio della banca sono persone molto influenti.

Domande dei deputati Ignazio Bonoli, Carlo Luigi Caimi e Armando Boneff

1. Il Consiglio di Stato ha fatto tutti i passi necessari per non lasciarsi sfuggire questa occasione?
Il Consiglio di Stato ritiene di aver compiuto tutti i passi necessari di sua competenza sin dal 2003, momento in cui la BNS ha deciso di chiudere la sua sede istituzionale di Lugano e ha lei stessa avviato il discorso per un passaggio dello stabile allo Stato del Cantone Ticino nell'ambito di un progetto culturale, analogamente a quanto successo in altre città svizzere.

Nella sua decisione la BNS ha precisato che "La Banca nazionale è convinta che con questa vendita sia stata trovata una buona soluzione dal punto di vista economico per la Piazza finanziaria di Lugano". A questo punto è pacifico che Cantone e Città di Lugano per ottenere in proprietà lo stabile avrebbe dovuto offrire un prezzo di acquisto più alto. Ancora oggi non si sa di quanto.

2. I suoi rappresentanti negli organismi della Banca Nazionale hanno fatto presente l'interesse del Canton Ticino per l'acquisto del sedime in vendita?
La rappresentante del Ticino negli organismi della Banca nazionale era informata dell'interesse del Cantone all'acquisto dello stabile ma, per evidenti ragioni, non ha potuto prendere parte alle decisioni. Non si sa sino a che punto si sono invece attuate azioni "lobbistiche".

3. Il Cantone ha trattato preventivamente un acquisto diretto o ha almeno chiesto di inserire nel bando di concorso una clausola a favore degli enti pubblici, come di solito avviene in casi come questo?
La BNS ha escluso sin dall'inizio la possibilità di una vendita diretta. Nel "Prospetto illustrativo" non sono state precisate le condizioni di aggiudicazione dello stabile. Era comunque precisato che "la vendita ad altro interessato è riservata".

4. Dopo aver inoltrato la propria offerta, il Consiglio di Stato ha sollecitato un incontro con gli organi della Banca per spiegare le necessità del Museo Cantonale?
La BNS, dovutamente informata, è sempre stata cosciente delle necessità del Museo Cantonale d'Arte, tant'è che i suoi rappresentanti hanno sollecitato il primo incontro del 2003. Anche dopo la prima offerta ha avuto luogo un ulteriore incontro fra i rappresentanti della BNS e del Cantone in occasione del quale si è fatto presente il forte interesse del Cantone Ticino.

5. Al punto in cui sono giunte le cose, il Consiglio di Stato non ritiene opportuno avviare un colloquio con la banca nazionale o magari con l'acquirente designato e far presente attraverso questa via l'interesse pubblico dell'operazione?
Il Consiglio di Stato è sempre stato in contatto, durante l'intera procedura, con i vertici della BNS. Alle richieste di incontro del Consiglio di Stato del 7 novembre 2006 e del 9 novembre 2006 del Municipio della Città di Lugano il Consiglio della Banca nazionale ha risposto che "non può tornare sulla sua decisione di vendere l'immobile alla Wegelin & Co" e che "non vi sono ragioni che, dopo l'avvenuta attribuzione, possano giustificare un incontro con i rappresentanti del Cantone Ticino e della Città di Lugano".

Il Consiglio di Stato è già entrato in contatto anche con la Banca Wegelin per il tramite del sottoscritto. È opportuno precisare che i rapporti fra il Consiglio di Stato e la Banca Wegelin sono improntati alla cordialità e che anche con questa Banca sono già in corso contatti volti a chiarire la situazione e a identificare possibili soluzioni.

6. Quando ha annunciato la vendita, la Banca nazionale aveva dimostrato la volontà di favorire l'ente pubblico. Questo fatto avrebbe sconsigliato altri interessati privati a inoltrare l'offerta. Se ciò corrisponde al vero, si può ritenere corretta la situazione venutasi a creare dopo la pubblicazione del bando? Il concorso non sarebbe da rifare? Il Consiglio di Stato ha approfondito questo aspetto?
Sulle modalità di conduzione della procedura di attribuzione sono state da più parti sollevate perplessità anche da privati. Quali erano i criteri di attribuzione dello stabile (solo aspetti finanziari, altro)? Possibilità di modificare e di precisare l'offerta in una seconda fase solo per una ristretta cerchia di offerenti? Questo aspetto rimane però di competenza dell'ente aggiudicante.

Personalmente sono a conoscenza che almeno un privato ha ritirato la propria offerta quando è venuto a conoscenza dell'interesse del Cantone e della Città di Lugano, così come sono a conoscenza che un altro privato (che mi ha autorizzato a dirlo in questa sede e che ha avuto la possibilità di precisare la propria offerta) il quale aveva presentato un'offerta di 8,517 mio di franchi.


Conclusioni
Oltre all'opportunità di chiedere alla Città di Lugano l'iscrizione a Piano regolatore di un vincolo per l'esecuzione di opere di interesse regionale o cantonale, il Consiglio di Stato intende valutare con attenzione anche altre soluzioni a tutto campo che diano le necessarie garanzie di continuità e di sviluppo del Museo cantonale d'Arte.

Il Consiglio di Stato ritiene di aver fatto tutto il possibile per entrare in possesso della sede della BNS di Lugano nell'ambito di un progetto culturale; manifesta forti perplessità sulle modalità con le quali la BNS ha condotto le trattative nonché la scarsa sensibilità dimostrata nei confronti del Cantone Ticino e della Città di Lugano; valuterà con la Città eventuali prossimi passi e approfondirà contatti con la Banca Wegelin per identificare eventuali soluzioni alternative.

Vi ringrazio dell'attenzione.

Monitoraggio dello spazio formativo svizzero

(Rapporto sul monitoraggio del sistema educativo svizzero -
Contributo di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - pubblicato mercoledì 13 dicembre 2006 su "Il Corriere del Ticino")


Esce oggi il primo Rapporto sul monitoraggio del sistema educativo svizzero, pubblicato a cura del Centro svizzero di coordinamento della ricerca educativa (CSRE) e presentato a Berna in un incontro del 6 dicembre, organizzato dalla Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE). Si prevede la pubblicazione quadriennale di analoghi rapporti con l’obiettivo di offrire dati di base su cui pianificare il futuro della formazione nel nostro Paese, trarre bilanci intermedi sullo stato del nostro sistema scolastico e animare il dibattito pubblico sul tema.

Il Rapporto è da considerare come una fonte complementare al monitoraggio del nostro sistema cantonale, oggetto della pubblicazione “Scuola a tutto campo” dell'Ufficio studi e ricerche del DECS, presentata agli inizi dell’anno scorso. Per quel che concerne il Ticino, i dati contenuti nel Rapporto del CSRE non aggiungono nulla a quelli già elaborati dall’USR, la qual cosa naturalmente ci fa piacere. Si conferma l’immagine di un Cantone che mette un forte accento sull’equità e l’integrazione, ha un modello di scuola dell’infanzia particolarmente avanzato e una scuola media alla quale si dedica continua attenzione. Secondo il rapporto siamo un Cantone in cui si spende apparentemente meno in educazione, ma se si tien conto del reddito nazionale, si spende invece di più. La nuova riforma della scuola media introduce innovazioni con l’obiettivo di colmare le lacune, messe in evidenza dal rapporto PISA. Vuol dire che non rimaniamo con le mani in mano e che prendiamo molto sul serio le critiche, fondate su indagini rigorose.

Meritano tuttavia qualche riflessione gli obiettivi che un monitoraggio della scuola intende perseguire. Si toccano, per esempio, gli ambiti dell’influsso della situazione economica, sociale e demografica sul funzionamento del sistema scolastico; il quadro istituzionale entro il quale cresce la struttura di formazione, la sua efficacia, il rapporto tra efficienza e investimento finanziario; gli sforzi che si compiono per mettere in evidenza i diversi sistemi scolastici e favorire la permeabilità tra di essi. Inoltre il rapporto è un documento di lavoro in vista di decisioni nei settori della pianificazione e della politica educativa dal prescolastico alla formazione continua, oltre che strumento che mette a nudo lacune nel sistema di raccolta dei dati statistici cosí da permettere l’elaborazione di un sistema che consenta i paragoni a livello intercantonale e internazionale grazie alla standardizzazione delle informazioni.

L’impulso ad affrontare con maggiore determinazione il tema della formazione a livello nazionale è il risultato della votazione popolare del 21 maggio scorso, quando il popolo ha accettato il nuovo articolo costituzionale 61a sullo “Spazio formativo svizzero” con il quale s’intende garantire l’”elevata qualità e permeabilità” di questo spazio e la “collaborazione reciproca mediante organi comuni e altre misure.” I princîpi dell’articolo costituzionale sono stati recentemente ripresi dal progetto di Accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria, detto Concordato HarmoS, con l’aggiunta della necessità di armonizzare gli obiettivi dell’insegnamento e le strutture scolastiche e di abbattere gli ostacoli che intralciano la mobilità degli scolari all’interno dello spazio formativo.

Nessuno mette oggi in discussione l’opportunità di un maggior coordinamento tra i diversi sistemi cantonali, di un abbattimento di barriere che ne ostacolano la mobilità interna, ma anche l’opportunità di elaborare standard a livello nazionale che tengano comunque conto, come si legge nel Rapporto CSRE della “complessità e dell’alto grado di differenze che presenta lo spazio formativo svizzero”, inteso come convivenza di 26 sistemi educativi. Vi si legge anche: “Un primo compito, e per questo motivo essenziale, del Rapporto sul sistema educativo svizzero consiste nel descrivere e rendere comprensibile il sistema nella sua grande diversità e nelle sue differenze.”

Se veramente si intende procedere al monitoraggio di uno spazio formativo che rispetti le diversità e le differenze dei sistemi che lo compongono, non potrà esistere riforma che per qualcuno rappresenti una prospettiva di sviluppo e per altri un ritorno al passato.

11 dicembre 2006

Cerimonia di consegna dei diplomi della scuola specializzata in cure infermieristiche

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - in occasione della Cerimonia di consegna dei diplomi della scuola specializzata in cure infermieristiche del 7 dicembre 2006 a Lugano)


Signore e signori docenti,
Signore e signori ospiti, in particolare in rappresentanza delle strutture e dei servizi sociosanitari,
Signore e signori neodiplomati,

partecipo con grande piacere a questa cerimonia di consegna dei diplomi per porgere ai neodiplomati e alle neodiplomate i complimenti e gli auguri per i risultati raggiunti.

La cerimonia di consegna dei diplomi costituisce un momento molto significativo per i neodiplomati e per la scuola stessa, in quanto sancisce la definitiva chiusura di un ciclo di formazione, con il distacco da compagni e docenti con i quali si è percorso assieme un pezzo importante di strada, e il passaggio formale da una condizione di allievo a quella di infermiere diplomato. E' inoltre l'occasione per ringraziare pubblicamente tutti quanti hanno contribuito durante questi anni - come docenti, datori di lavoro, responsabili di formazione, parenti o amici - a raggiungere tale risultato.

Desidero tuttavia cogliere l'opportunità che mi è data per esprimere alcune considerazioni che riguardano da vicino i neodiplomati e più in generale gli infermieri in attività e che fanno riferimento al radicale cambiamento in atto nel settore della formazione sociosanitaria.
Sicuramente avrete tutti sentito parlare di formazioni d'infermiere di livello universitario, di doppia via di formazione, di piani-quadro e di nuovi programmi per le scuole superiori, solo per citare alcuni elementi di questa profonda riforma. Evidentemente questi temi fanno sorgere interrogativi e talvolta possono essere motivo di preoccupazione. Le domande più frequenti riguardano in particolare la ripartizione delle competenze fra le diverse figure professionali, la validità o meno dei titoli rilasciati, come pure i problemi che potrebbero sorgere per l'esercizio della professione e per un eventuale continuazione degli studi.
Purtroppo al momento attuale non siamo in grado di fornire delle risposte esaustive a tutti i quesiti. Tuttavia su alcuni punti è possibile prendere posizione in modo rassicurante.
E' il caso ad esempio del riconoscimento ai fini lavorativi dei titoli che vi verranno consegnati fra pochi attimi. In effetti, i diplomi d'infermiere rilasciati da una scuola superiore come la vostra, consentono di esercitare la professione d'infermiere su tutto il territorio nazionale e nei paesi della Comunità europea, in quanto rispondono largamente ai criteri stabiliti dalla direttiva emanata dalla CE nel settembre dello scorso anno. Ovviamente chi volesse lavorare in un altro stato europeo può essere chiamato ad ossequiare ulteriori criteri, come ad esempio la conoscenza della lingua del posto, ritenuto tuttavia che tali criteri aggiuntivi non possono assumere carattere d'arbitrarietà.
Del resto, sia in Svizzera che nei paesi europei, le occasioni di lavoro per gli infermieri non mancano, e lo testimonia concretamente il fatto che a poche settimane dalla conclusione degli studi solo un paio di persone sugli oltre 100 neodiplomati hanno richiesto l'aiuto dell'Ufficio della formazione sanitaria e sociale per reperire un posto di lavoro. Da notare fra l'altro che nel frattempo anche questi casi si sono risolti positivamente.

Né può essere motivo di preoccupazione l'introduzione a partire dal settembre scorso dei nuovi curricoli infermieristici delle scuole universitarie professionali, e ciò per più ragioni.
Intanto perché i curricoli delle scuole superiori, al pari di quelli delle scuole universitarie professionali, formano infermieri che sono in grado di lavorare in tutte le situazioni di cura, semplici e complesse, con persone di ogni età, in situazioni d'urgenza e stabili.
Semmai gli elementi aggiuntivi che contraddistinguono i curricoli di scuola universitaria professionale - il famoso delta a cui alludono spesso gli addetti ai lavori - sviluppano competenze aggiuntive come l'attitudine a partecipare a progetti, ampliano le capacità di comunicazione, fanno acquisire le basi in materia di gestione e introducono alle attività di ricerca, così come del resto viene definito nel profilo delle formazioni di livello scuola universitaria elaborato dalla Conferenza dei direttori della sanità.
Le formazioni impartite dalle scuole superiori e dalle scuole universitarie professionali formano perciò infermieri che dispongono di competenze diverse, ma che devono entrambi essere in grado di svolgere l'attività infermieristica a pieno titolo. Queste formazioni non costituiscono pertanto due distinti livelli di formazione, come poteva essere il caso per le formazioni Croce Rossa Svizzera di livello I e II, dove le competenze dell'infermiere di primo livello erano limitate alle situazioni di cura caratterizzate da stabilità e da continuità.

Proprio per queste considerazioni il nostro Cantone ha per ora deciso di instaurare due vie di formazione per la preparazione d'infermieri, ossia, da una parte, quella impartita dalla Scuola superiore in cure infermieristiche, con 80 posti all'anno e, dall'altra, quella a livello SUPSI con 40 posti all'anno. Si tratta evidentemente di una soluzione improntata alla prudenza e che sarà certamente oggetto di una rivalutazione in futuro, verosimilmente fra 5-6 anni, per la quale dovranno essere tenuti in considerazione molteplici fattori, fra cui prioritariamente l'evoluzione dei bisogni di cura e d'assistenza dei prossimi anni e l'aumento e la diversificazione del personale in attività.

Queste pur tranquillizzanti circostanze non devono però indurvi a sottovalutare la necessità di un continuo sforzo di formazione e d'aggiornamento professionale.
Credo sinceramente che vi siano poche professioni che possono contare su di un così vasto ventaglio di corsi e di curricoli di postformazione come gli infermieri, alcuni dei quali veramente molto prestigiosi. E' il caso ad esempio del curricolo recentemente avviato dall'Università di Basilea con la collaborazione dell'Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri, che permette ai titolari di un diploma d'infermiere e di una maturità liceale di ottenere un bachelor universitario al termine di un anno di formazione, e a cui possono seguire gli studi per l'ottenimento di un master e di un dottorato. Una strada che sembra del resto interessare, con alcune differenze, anche alle università di Losanna e di Ginevra. Sono inoltre numerosi i corsi postdiploma offerti in Ticino, fra cui quelli di specializzazione impartiti da questa stessa scuola e quelli che saranno introdotti a contare dall'autunno 2007 dalla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana.
E' ovvio che di fronte all'ampia gamma di possibilità di formazione si possa talvolta rimanere disorientati. Spesso poi vengono utilizzate denominazioni simili per curricoli sostanzialmente diversi. E' questo il caso per il termine "master", che può riferirsi sia al titolo ottenuto al termine di 2 anni di formazione universitaria dopo il diploma triennale di bachelor, sia al titolo di specializzazione della durata di un anno dopo lo stesso bachelor. Ma anche la denominazione "postiploma" assume valore diverso a dipendenza del contesto formativo: se si riferisce ad un corso offerto da una scuola universitaria professionale il titolo rilasciato dovrà rispondere unicamente ad alcuni criteri di carattere formale, mentre che se viene utilizzato nell'ambito delle scuole superiori il titolo rilasciato è legalmente protetto e viene riconosciuto sul piano nazionale.

Di fronte ad un panorama più ricco ed articolato rispetto al passato l'operatore sanitario dovrà pertanto imparare a valutare le diverse offerte di formazione, tenendo in considerazione validità, riconoscimenti e contenuti dei vari corsi, in linea ovviamente con le proprie attese e con i propri interessi.
Non per questo dovete però demordere dall'imboccare nuovamente la strada della formazione. L'evoluzione nel campo delle cure è tale per cui non è ormai più possibile restare a lungo in attività senza continuamente aggiornare e perfezionare conoscenze e competenze professionali.
Sono consapevole che in questo momento è probabilmente ben lungi da voi l'idea di riprendere gli studi, ed è sicuramente normale che sia così, ma proprio per l'evoluzione che ho appena descritto vi esorto a non ritenere come conclusa la vostra formazione con l'ottenimento del titolo che fra poco vi sarà consegnato.

Con questo auspicio desidero concludere il mio intervento congratulandomi con voi neodiplomati per l'importante risultato raggiunto e augurandovi di cuore un futuro professionale e personale ricco di soddisfazioni.

05 dicembre 2006

Volontariato e solidarietà

(Contributo di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - pubblicato martedì 5 dicembre 2006 su "La Regione")


Volontariato e solidarietà

Forse, almeno sul piano generale, la Giornata del volontariato fa meno rumore di altre. Non è giornata che s’annuncia con concerti di campane, rulli di tamburi e cortei festanti. Ma è la giornata di migliaia e migliaia di persone, che offrono tempo e risorse, momenti di solidarietà e di sostegno, e che si assumono compiti non sempre facili perché la giornata di chi è meno avvantaggiato di altri trascorra con un po’ di serenità, quasi di normale quotidianità. È la giornata di migliaia e migliaia di persone che lavorano, professionalmente formate con rigore, ad assumere compiti delicati e nel loro impegno ci mettono passione, entusiasmo e la loro sensibilità di fronte ai problemi gravi dell’esistenza. Vedono la vita in modo positivo perché uno dei compiti è quello di trasmettere agli altri quel sentimento di positività che li aiuti a vedere un po’ di luce davanti agli occhi. Hanno tanta creatività nel loro operare perché è importante cercare e trovare soluzioni ai problemi che fanno nascere, in chi deve dipendere dagli altri, pensieri mesti e di amarezza. Raccontano le esperienze della loro vita, le loro emozioni, organizzano il loro lavoro quotidiano sulle necessità dell’altro e riescono a conciliare le esigenze dell’altro con quelle della propria famiglia.
Lavorano in ogni parte del mondo e sono capaci di inserirsi velocemente in ogni ambiente perché per aiutare bisogna che l’aiuto sia accettato: è una specie di contratto sociale, ove chi arriva porta le sue conoscenze e competenze affinché crescano conoscenze e competenze di chi accetta di essere aiutato. Non è un dare per avere. Le leggi del profitto qui non contano. L’avere consiste nel sentimento di aver fatto qualcosa di utile per gli altri, è il segno della solidarietà accettata e posta in atto. Le vediamo lavorare qui da noi nelle case per anziani o dove sosta l’ambulanza sul luogo dell’incidente o tra i bambini. Ma lavorano anche in giro per il mondo. Portano aiuto e affetto, ma anche la forza delle loro braccia e il loro aiuto alle popolazioni locali può estendersi anche a proteggere l’ambiente, a costruire il pozzo dell’acqua, a ripristinare la flora e a correggere il fiume che erode il terreno coltivabile.
È la giornata di migliaia e migliaia di persone che incontriamo, qui da noi, sui campi di sport e nelle palestre a promuovere per giovani e anziani attività sportive di ogni genere. E tra di loro c’è anche colui che, dopo l’incidente che lo lega alla carrozzella per il resto della vita, cerca, attraverso lo sport, di uscire dall’isolamento in cui ha vissuto parte della sua vita. Le incontriamo anche, attive nel campo dell’intervento sociale, tra i gruppi che combattono per una società migliore, perché si trovi una via d’uscita per sfuggire a chi sfrutta la persona a proprio esclusivo vantaggio, per il disagio che opprime una famiglia, per un diritto d’asilo giusto. E le incontriamo in tanti nostri comuni, nelle filarmoniche, nei gruppi ricreativi o nelle assemblee dei genitori, pronte a animare un momento particolare della vita della comunità, a favorire gli incontri tra le famiglie in una società sempre più multietnica, perché cadano le barriere che dividono gli individui, come quella della diffidenza verso ciò che è nuovo, verso chi non parla la nostra lingua. La speranza è nei giovani che crescono nelle nostre famiglie e nelle nostre scuole: non fanno differenze e trovano subito la lingua per comunicare fra di loro. Accanto alla scuola che fa già molto, c’è il volontariato dei genitori – i gruppi organizzati, il loro sostegno in attività fuori dell’aula – perché il compito di educare i figli non può essere assolto solo dalla scuola.
Si potrebbe ora parlare della nostra politica di neutralità che ci ha insegnato ad essere aperti al mondo e a dimostrare la nostra solidarietà. Ma il discorso ci porterebbe lontano e rischieremmo di dimenticare, in un discorso che si farebbe sempre più politico, le persone alle quali questa giornata è dedicata che agiscono nella discrezione e che compiono un lavoro non sempre facile, ma con la consapevolezza di far del bene a qualcuno. Diceva Cicerone: “Ritengo che nulla sia difficile per chi ama.”