31 agosto 2006

Pomeriggio di studio sul Concordato HarmoS del 18 agosto 2006

Note per l'intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - del 18 agosto 2006 a Bellinzona

[fa stato la versione parlata]

Signore e signori

[Introduzione generale]
Fra pochi giorni inizierà il nuovo anno scolastico. La scuola pubblica ticinese è di nuovo pronta ad aprire le sue porte agli oltre 50'000 allievi e ai quasi 5'000 docenti che, trascorsa la meritata pausa estiva, affronteranno con rinnovato entusiasmo un nuovo e sicuramente impegnativo anno scolastico.

Le sfide e le opportunità che si profilano all'orizzonte sono molte. I problemi e le questioni aperte da affrontare sono senz'altro parecchi e complessi. Come docenti, come funzionari, come politici, come genitori, allievi o aziende formatrici siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo:
· affinché la nostra scuola mantenga e rafforzi il suo ruolo centrale nella società di oggi e affinché ad essa e ai suoi operatori sia assicurato il giusto riconoscimento;
· affinché alla scuola siano date tutte le premesse - penso in particolare alle risorse umane e finanziarie - necessarie per formare l'individuo sul piano morale e intellettuale; un individuo che vogliamo sia libero e in grado di assumere compiti e responsabilità;
· affinché la nostra scuola sia una scuola aperta che risponda alle ambizioni e alle capacità di tutti assicurando pari opportunità;
· affinché la scuola sia in grado di rispondere - e se possibile di anticipare attraverso le necessarie riforme - le esigenze di un mondo che cambia sempre più velocemente e che tende ad attribuire - potremmo dire a "scaricare" - all'istituzione scolastica sempre più compiti in ambiti che non le sono tradizionalmente propri.
· affinché il nostro Cantone possa trarre giovamento dall’apporto formativo e culturale della scuola. Lo sviluppo del Ticino è intimamente legato all’evoluzione del sistema formativo: si tratta di una risorsa insostituibile e ogni intervento a suo favore è un investimento per la nostra società.

[Saluto, obiettivo della giornata]
Signore e signori, vi porgo il benvenuto a questo pomeriggio di studio sul Concordato HarmoS e vi ringrazio della vostra significativa presenza che interpreto come l'espressione dell'interesse per il futuro della scuola pubblica ticinese.

Ringrazio in particolare il prof. Olivier Maradan, segretario aggiunto della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE), che esporrà le sue riflessioni sul progetto di Accordo intercantonale sull'armonizzazione della scuola obbligatoria; riflessioni alle quali daremo seguito, nella seconda parte del pomeriggio di studio, con una discussione di analisi e di approfondimento coordinata dal professor Diego Erba.

Sappiamo che il progetto di Accordo intercantonale HarmoS è attualmente in consultazione e che – per voi consultati - a fine ottobre scade il termine per l'inoltro delle prese di posizione: il pomeriggio di studio rappresenta dunque un momento privilegiato durante il quale discutere su problemi centrali della scuola; un momento voluto per parlare dei contenuti e delle prospettive future del nostro sistema formativo e dei suoi rapporti con l’impostazione prevista da HarmoS.

In altre parole, come politico - e di riflesso come vicepresidente della CDPE e non da ultimo come ticinese che vuole difendere le conquiste acquisite in ambito scolastico dal nostro Cantone - è mia intenzione dar spazio a tutte le opinioni attraverso il dialogo e il confronto fra tutte le componenti della scuola che mi consentano di farmi un quadro il più completo possibile della situazione, cosciente dunque delle varie sensibilità, preoccupazioni e convinzioni di ognuno.

[Due parole sulla votazione del 21 maggio: nuovi articoli costituzionali]
Faccio un passo indietro e ricordo che lo scorso 21 maggio il popolo svizzero ha accettato a larga maggioranza i nuovi articoli costituzionali sulla formazione, Ticino compreso.

La revisione della Costituzione favorisce la creazione di uno spazio svizzero formativo e ha lo scopo di adattare alle nuove realtà e alle nuove esigenze le basi che definiscono la politica svizzera della formazione a tutti i livelli: dalla scuola dell'obbligo alla formazione professionale, universitaria e continua. L'obiettivo dichiarato è di armonizzare i diversi sistemi scolastici. Sottolineo armonizzare, non uniformare, che è ben altra cosa.

Si sono dunque gettate le basi costituzionali per garantire una migliore coerenza dei sistemi formativi. Oggi ci sono troppe disparità e incongruenze fra i cantoni. In altre parole la Svizzera è troppo piccola per permettersi il lusso di mantenere 26 sistemi scolastici. Una frammentazione che in certi casi può avere delle conseguenze negative soprattutto per chi vive dall'altra parte delle Alpi.

Si sono anche gettate le basi costituzionali per garantire una migliore permeabilità fra i vari gradi scolastici e soprattutto di evitare che la sovranità cantonale costituisca un freno alla mobilità professionale e "geografica" delle famiglie.

I nuovi articoli costituzionali mirano a una migliore coordinazione dei cantoni:
· nella definizione delle finalità della scolarità obbligatoria e dell'età di inizio della scolarità;
· nella migliore coordinazione della durata e degli obiettivi dei vari gradi di insegnamento;
· nel passaggio da un grado all'altro e nel riconoscimento dei titoli di studio.

Con l'approvazione da parte del popolo dei nuovi articoli costituzionali, la Confederazione ha quindi ora la possibilità di imporre l'adozione di accordi intercantonali: in altre parole, se una grande maggioranza di cantoni - almeno 18 - trova un accordo su un concordato, ma uno o più cantoni ne ostacolano il processo, i nuovi articoli costituzionali consentono alla maggioranza dei cantoni di chiedere che una determinata convenzione diventi obbligatoria e vincolante per tutti.

[HarmoS e i nuovi articoli costituzionali]
Il progetto di Accordo intercantonale HarmoS costituisce di fatto il primo banco di prova dei nuovi articoli costituzionali.

HarmoS:
· definisce le più importanti caratteristiche strutturali della scuola obbligatoria (inizio della scuola e durata dei gradi scolastici) e attualizza il Concordato del 1970;
· indica le finalità della scuola obbligatoria svizzera;
· definisce gli strumenti per il controllo e lo sviluppo della qualità a livello nazionale;
· stabilisce lo strumento degli standard nazionali obbligatori di formazione e regola la procedura per la loro determinazione, ponendo l’accento anche sull'importanza del monitoraggio della formazione come vero e proprio strumento di pilotaggio della politica dell'educazione.

Sono obiettivi generali in grado di raccogliere un vasto consenso, ma che al lato pratico potrebbero determinare profondi cambiamenti nei vari sistemi formativi cantonali. In alcuni cantoni della Svizzera tedesca si può tranquillamente parlare di uno stravolgimento di situazioni esistenti se penso ad esempio all'obbligo di scolarizzazione all'età di 4 anni, con forti conseguenze sul piano didattico, pedagogico, finanziario, logistico, occupazionale.

Il Ticino parte certamente da una posizione privilegiata, penso in particolare alla realtà del settore prescolastico, una realtà consolidata che altri cantoni ammirano e che tentano di costruire con grande fatica proprio attraverso il nuovo Accordo intercantonale. Non credo che l'obbligo proposto con HarmoS di scolarizzare i bambini all'età di 4 anni possa tradursi in un ostacolo insormontabile per il nostro sistema formativo (considerato che la quasi totalità dei bambini di quell'età frequenta già ora la scuola dell'infanzia). Semmai dovremo chiarire meglio la co-presenza degli allievi di 3 anni in questa nuova disposizione. È certo che non vogliamo fare passi indietro e che vogliamo continuare a garantire l'offerta formativa anche ai bambini di 3 anni.

È certamente più delicata la questione di un modello che prevede in sostanza una scuola elementare di 6 anni seguita da una scuola media di 3 anni. Anzitutto bisogna capire da dove deriva questo modello: è di per sé già un modello che considera - e probabilmente soddisfa - le realtà d'Oltre Gottardo (20 cantoni hanno già la struttura 6+3). Ma è un compromesso che non considera di certo la nostra realtà (e quella di altri 3 cantoni, NE, AG, BL) che, come sappiamo, è costruita sui 5 anni di scuola elementare e 4 anni di scuola media.

Ho sempre detto che noi ticinesi abbiamo l'interesse ad aderire ai nuovi articoli costituzionali sulla formazione e all'accordo sull'armonizzazione della scuola obbligatoria a condizione che non vengano stravolte le conquiste della scuola pubblica ticinese. Non vogliamo compiere passi indietro e rinunciare a conquiste costruite faticosamente sull'arco di decenni.

Ora il Ticino deve richiedere con fermezza di essere riconosciuto innanzitutto come una regione linguistica alla quale sia garantito il mantenimento dell’articolazione dei suoi cicli di studio - in particolare i 5 anni di scuola elementare e i 4 anni di scuola media - pur rimanendo nel perimetro dell'accordo intercantonale. In altre parole: nell’ambito della realizzazione del progetto HarmoS si dovrà tener conto delle peculiarità di una regione linguistica – non vale solo per il Ticino, in Romandia si stanno già organizzando - e della necessità di armonizzare le sue strutture scolastiche con il territorio in cui la scuola opera e con il resto del Paese. Si dovranno pure affrontare questioni che solo apparentemente sembrano di secondaria importanza ma che in realtà non lo sono, come la "scolarizzazione all'età di quattro anni compiuti" (e noi chiederemo una modifica di questa impostazione. E sui contenuti degli standard si può discutere, ma non sulla loro necessità. E soprattutto, se crediamo nella bontà della nostra scuola, non dobbiamo assolutamente aver paura di qualsiasi tipo di confronto.

Un’ulteriore richiesta alla CDPE che non possiamo tralasciare è quella di veder riconosciuta la presenza della lingua italiana nei programmi di studio degli altri cantoni, in particolare nelle scuole del secondario I. Non vorremmo che le finalità delineate nell’Accordo intercantonale siano – a questo proposito – una legittimazione a tralasciare completamente la terza lingua nazionale dalle offerte scolastiche degli altri cantoni.

[Conclusione]
Mi avvio alla conclusione di questa mia "entrata in materia" sul tema che ci occuperà oggi. Il Ticino deve dimostrarsi aperto e mettersi in discussione senza pregiudizi né tabù nell'ottica di un miglioramento continuo della sua offerta formativa. Il progetto di armonizzazione HarmoS ci offre dunque uno spunto di riflessione su aspetti senz'altro centrali della scuola. E questo è un bene. È un bene che si parli delle finalità della scuola, dei piani di studio, di monitoraggio, degli strumenti per lo sviluppo della qualità.

Auguro a tutte e a tutti un pomeriggio stimolante.

30 agosto 2006

10 anni del Caseificio del Gottardo, Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - del 6 agosto 2006

Caro sindaco di Airolo (Mauro Chinotti),
Caro presidente del Consiglio di amministrazione del Caseificio del Gottardo (ing. Silvano Ceresa),
Ospiti eccellenti, come dice l’opuscolo commemorativo di questa festa di compleanno,
Gentili signore e signori,

Provo un piacere doppio a essere qui presente tra di voi, perché è una festa di compleanno che vivo dalla doppia prospettiva di uomo che da sempre respira l’aria di queste montagne e di politico attento alle vicende cantonali.

Provo il piacere del leventinese di trovarsi in mezzo alla gente della sua valle e di accogliere in queste contrade ospiti che ne condividono l’ebbrezza dei profumi che segnano il ritmo delle stagioni.

O di condividere la voglia di sapori primordiali che mi ricordano momenti felici della vita, luoghi e volti da sempre familiari e quei santéi du časéi di cui ricordi solo il particolare di uno scalino di roccia da superare, la radice in cui non inciampare, il filo d’acqua che lo attraversa, tanto era il peso che portavi sulle spalle da dimenticare il cielo sopra di te.

E bagnavi la čamísa quatru òut al dí come un vero časéi, tu, figlio suo che non sapevi ancora se saresti rimasto lassú o avresti imboccato altri sentieri, perché la tua vita era ancora tutta da disegnare.

Scrive il poeta di questa terra, Giovanni Orelli: “Dei nostri sensi chi ha memoria piú forte è l’olfatto, il gusto.” Ho gustato la sua bella pagina dell’opuscolo del giubileo. Sono i profumi che senti nell’aria quando varchi la soglia del Caseificio. Profumi di oggi, ma anche profumi della memoria. I mirtilli degli alpi, da Pesciúm a Crúina, profumano lo yogurt fatto in casa.

E provo il piacere del politico, attento e talvolta preoccupato per il futuro della nostra economia, nel prendere atto del successo di un’iniziativa che il vostro presidente definisce “coraggiosa” e che, superate le difficoltà di ogni inizio, si è trasformata in una presenza ormai consolidata qui ai piedi delle Alpi.

Anche se lo scetticismo fa parte del nostro DNA di ticinesi, i tempi in cui si facevano scommesse sul successo dell’iniziativa, quelli del fè sü na butèglia, sono finiti. La buona bottiglia si beve oggi non scommettendo ma gustando i formaggi che hanno nomi legati alla storia, al sudare di chi - avanzando come il gambero - ha posato un dado dopo l’altro sulla vecchia strada del passo o a discese sulla neve quando il ghiacciaio si allungava fino a lambire il torrente: Gottardo, Tremola, Lucendo.

Il Caseificio è un’attrazione per i turisti. Ma non solo per chi va e viene sull’asse stradale della A2. Ci sono sempre molte auto targate TI posteggiate qui fuori, perché molte sono le persone del nostro cantone che salgono apposta al Caseificio per comperare prodotti genuini o consumare un pasto altrettanto genuino. E’ dunque una struttura che attira gente ad Airolo, anche se qualcuno dall’altra parte del fiume potrebbe obiettare che quella gente si ferma quasi tutta da questa parte.

Il Caseificio è lavoro per chi resta in valle. E’ un esempio di attività che cresce e limita lo spopolamento della valle, anche se l’autostrada almeno un vantaggio ce l’ha: quello di avvicinare la città in cui sono concentrati i posti di lavoro al proprio domicilio. Mi permette di lavorare a Bellinzona e di tornare in valle ogni sera.

Auguro al Caseificio, a nome mio personale e dei colleghi del Consiglio di Stato, altri gustosi e profumati anni di successo e mi auguro anche che attorno ad esso, qui nell’alta valle, nascano e fioriscano altre iniziative – genuine, un invito a scoprire il territorio - ora che gli obici sparati dal forte non vanno piú a colpire le pietraie sotto il Pass di sass e che in un futuro non tanto lontano la traversata delle Alpi sarà solo un viaggio dentro un tubo.

Ci sono occasioni da non lasciarsi sfuggire. Un programma d’azione per le prossime legislature, caro signor sindaco!

Grazie dell’attenzione.

29 agosto 2006

Festival del Film di Locarno, Colazione in onore del Consigliere federale Pascal Couchepin, Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato

(Festival del Film di Locarno, Colazione in onore del Consigliere federale Pascal Couchepin,
Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - del 3 agosto 2006)

Saluto con particolare piacere
il Consigliere federale Pascal Couchepin,
i consiglieri nazionali e agli Stati,
il sindaco di Locarno Carla Speziali,
il presidente del Festival Marco Solari e il direttore artistico Frédéric Maire.

Gentili signore e signori,

Ritrovarmi qui, tra le personalità che animano questo Festival, le amiche e gli amici di questa manifestazione poliedrica per la varietà dell’offerta che illumina di viva luce la vita culturale del nostro Paese e si distingue per la sua originalità nel panorama internazionale, è un vero piacere, ma sopra tutto un grande onore.

Monsieur le Conseiller fédéral,
J’ai le grand plaisir de vous renouveler la plus cordiale bienvenue dans mon canton et j’apprécie votre fidélité à cette manifestation. Je m’exprime à mon nom personnel et au nom du Conseil d’Etat.

Le Festival de Locarno est un événement qui fait honneur non seulement au Tessin, mais à la Suisse toute entière. En effet, grâce à l’engagement de toutes les personnes qui font partie de l’équipe de travail du directeur Maire, grâce aux contacts établis avec les pays de tous les continents et grâce à la qualité finale du produit, la Suisse se révèle un pays ouvert aux nouveautés de ce monde dans le cadre de la production artistique, mais ouvert aussi, grâce justement à cette production, aux problématiques actuelles de l’existence humaine dans un monde où la paix reste trop souvent et malheureusement un rêve lointain.

Ho sempre sostenuto e ribadito con forza che il futuro di un Paese non dipende solo da fattori economici o dai successi della tecnologia. Nessuno ne nega l’importanza, ma contribuiscono a rinvigorire il grado di civiltà di una Paese nella misura in cui inducono alla riflessione e a porsi domande sul genere di crescita che vogliamo coltivare a favore della comunità.

E forse vale la pena di ribadire a chi ancora ha difficoltà a guardare oltre l’orizzonte di casa propria e contesta ogni iniziativa del nostro Paese che mira ad aiutare gli altri, anche finanziariamente, e a stabilire nuovi contatti con realtà sociali ed economiche in divenire, che il frutto che maturerà dalle nuove collaborazioni alimenterà le due parti.


Non si tratta solo della localizzazione di imprese svizzere in altri paesi e dell’apertura di nuovi mercati, ma anche di fare in modo che non si prosciughino sorgenti di nuovo sapere alle quali già altri si abbeverano e alle quali noi stessi già ci abbeveriamo. Pensiamo solo alle molte partecipazioni dei nostri istituti superiori di formazione e di ricerca a progetti di ricerca internazionali. Il nostro futuro è l’intreccio dei futuri di tutti: quello del nostro Paese e quello degli altri paesi. Rimanerne esclusi è una follía.

Ecco perché il Festival è una finestra aperta sul mondo e dunque un formidabile momento di riflessione, di confronto e d’incontro sui grandi problemi che assillano la contemporaneità. Il suo programma è come uno specchio critico di ciò che si muove in profondo nella nostra società.

Alla sua dimensione culturale s’aggiunge dunque quella civile. Festival libero. Festival aperto. Festival autonomo, una liberà forse pagata con qualche difficoltà in piú. Ma in ciò consiste il suo valore aggiunto. Ne sono convinto io. Ne sono convinti i miei colleghi di governo. Ne sono convinti i parlamentari che hanno votato i crediti quadriennali.

A proposito dei nodi ancora da sciogliere e delle necessità del Festival di avere sale moderne ed efficienti, di strutture stabili che consentano di contenere i costi e di sfuggire alle bizze del tempo d’agosto, ecco proprio di questi giorni la presentazione del progetto del “Palacinema” o della “Torre del cinema” che deve diventare, secondo il sindaco Carla Speziali “il simbolo di Locarno che si proietta nel futuro” e “l’emblema del coraggio di una città di affrontare nuove sfide.”

Il nuovo progetto è definito “un bel regalo sotto l’albero di Natale”[1], o “il trenino che un bambino aspetta a Natale sotto l’albero!”[2] Faccio mio l’auspicio espresso dal presidente dell’Ente turistico e cioè che “il progetto possa realizzarsi in tempi brevi e non rimanere nel cassetto per anni.”[3]

Ma non si tratta soltanto di destinare nuovi spazi al Festival. Si tratta anche di chiudere in un abbraccio che duri tutto l’anno il Festival d’agosto con manifestazioni, conferenze, giornate di studio ed altro che roteino attorno al campo della cinematografia. E’ uno squarcio di futuro che potrebbe aprirsi. Penso concretamente all’ingresso di una nuova scienza – almeno per il Ticino – accanto a quelle recenti, appena riconosciute a livello politico, del teatro e della musica all’interno di un ambito formativo di livello universitario.

Da politico a politico e per concludere: auguro a Carla Speziali che il suo sogno prenda forma, che mantenga l’energia necessaria per condurre la nave in porto e che faccia gli scongiuri, per dirla con il vostro presidente della Regione[4], contro la “ricorsite” che – lui dice – affligge i locarnesi. Ma non solo loro – dico io.

Perché il progetto che dovrà essere elaborato e sviluppato non concerne infatti solo il Locarnese. Ma non ha senso ripetere qui cose ovvie. Si tratterà, in altre parole, di decidere a quale categoria apparterrà il “trenino” che non piú il bambino, ma gli organizzatori del Festival e la città si aspettano di veder sfrecciare sui binari verso il futuro. Sarà un superveloce e ultramoderno “Eurostar”? o una nuova composizione le cui fermate serviranno a guardarsi attorno e a riflettere su quello che si fa e a decidere la prossima tappa di un percorso che non sarà sempre in pianura?

Perché dev’essere chiaro che dalle decisioni che si prenderanno e dai tempi che occorreranno per prenderle dipenderà il futuro di questo Festival.

Monsieur le Conseiller fédéral,
Bismarck disait que la politique n’est pas une science exacte, mais un art. Je me demande : Est-elle aussi l’art de transformer un rêve en réalité ? Je fais le vœu au maire de Locarno que les personnages qui habitent son rêve – la Confédération, le Canton, le Tessin, sa ville de Locarno – lui montrent un sourire prometteur.
Merci encore d’être ici avec nous.

Grazie dell’attenzione.

[1] laRegione 29.07.06, pag. 11, Marco Solari
[2] laRegione 29.07.06, pag. 11, Frédéric Maire
[3] laRegione 29.07.06, pag. 11, Flavio Mazzoni
[4] laRegione 29.07.06, pag. 11, Claudio Suter