19 novembre 2007

Inaugurazione di Castellinaria 2007

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - in occasione dell'Inaugurazione di Castellinaria 2007 di sabato 17 novembre 2007 a Bellinzona)

Gentili signore e signori,

mi congratulo prima di tutto con il direttore e tutte le persone che con rinnovato entusiasmo e grande competenza ogni anno offrono una nuova, variopinta edizione di Castellinaria. Vent’anni di vita si festeggiano in un modo speciale, perché concludono un periodo della vita durante il quale le idee originali di un progetto – quello di Castellinaria - si sono consolidate e l’evento cinematografico è diventato ormai attesa presenza di un contesto culturale e sociale che è quello del nostro cantone. E non solo.

Ma siamo anche all’inizio di un nuovo periodo della vita. Le conoscenze acquisite e le esperienze fatte permettono di corredare la manifestazione di nuovi contenuti che diventano sempre piú la vetrina di un mondo, il nostro, di immagini e di parole o, come disse un critico di cinema[1], “un mondo scandito da immagini potenti che attraversano e modificano l’immaginario cosmico.”

Certo che il mondo di oggi ha capovolto persino certi rapporti tra le generazioni. E’ la bambina o il bambino, ai nostri giorni, che insegna al nonno come caricare un dvd e come scegliere la lingua giusta e le prime parole che i bambini imparano a leggere non sono oramai piú quelle degli oggetti dell’aula scolastica o dei componenti della famiglia, ma i titoli e i sottotitoli del dvd. La parola “Enter” fa ormai parte di un moderno vocabolario di base, importante da saper leggere, altrimenti il dvd non parte!

Semmai agli educatori fa riflettere il fatto che ciò che viene visto diventa per il ragazzo a poco a poco piú significativo di ciò che si è vissuto. E se è vero che l’immagine è l’espressione della contemporaneità[2], assume particolare importanza un evento come Castellinaria che propone attività in cui la ragazza e il ragazzo sono invitati a ragionare su quello che hanno visto. Dunque contemporaneità non supinamente accettata, ma parte di essa, da costruire insieme agli altri.

Mi piace la preoccupazione di introdurre anche in un film ricco di immagini vivaci e di parole gridate al vento momenti di poesia che inducano chi guarda a riflettere e a sognare.

Leggo nel testo di presentazione di uno dei film in cartellone: “Tutti hanno un sogno, e sognare non è mai una cosa stupida.” E’ quel vissuto di cui ho detto prima, attraverso il quale la ragazza e il ragazzo diventano grandi e forgiano il loro carattere. Cambieranno idee ed esperienze, ma i tratti peculiari di un carattere nascono e si sviluppano presto.

Ci sono due temi, legati ai film in programma, che hanno attirato la mia attenzione e penso anche l’attenzione di chi, per sua missione, è chiamato a educare i giovani: il tema dell’impegno per arrivare a un risultato e il tema del diverso.

Non è, infatti, da poco attirare l’attenzione delle ragazze e dei ragazzi sul fatto che – cito - “per affrontare la realtà della vita ci vuole impegno e fatica e non si può pensare solo al divertimento e al piacere”.[3] Viviamo purtroppo in un mondo in cui la realtà è troppo spesso presentata – e gridata - come qualcosa in cui tutto è semplice ed è ottenibile facilmente e subito (persino a diventare milionari da un giorno all’altro).

Sappiamo che cosa vuol dire non essere in grado di affrontare le difficoltà prima di tutto nella scuola, ma sopra tutto nella vita. Sappiamo che cosa vuol dire pensare che la soluzione consista nel perdersi in una realtà virtuale nella quale affogare le proprie difficoltà, con l’illusione di uscirne sani e salvi.

Ed è altrettanto importante far capire che anche – cito - “il diverso è portatore di valori che vanno rispettati”[4]. In un momento di greggi con pecore bianche e pecore nere, è fondamentale infondere già nei ragazzi il senso del rispetto di chi ha dietro di sé storie diverse, magari anche tristi.

E’ la realtà di molte classi delle nostre scuole. E come sarebbe bello se la convivenza senza problemi che si può vedere a livello di bambine e di bambini delle scuole dell’infanzia rimanesse intatta anche negli anni successivi, compresi gli anni degli adulti. E non dimentichiamo che in molte persone c’è anche – cito – “il desiderio opposto a quello dell’emigrazione: voler tornare a casa[5]”.

Sempre in questo ambito che non è altro che quello dell’integrazione, c’è una frase che fa riflettere: “C’è ancora lo sport che può però aiutarli.”[6]

Dirigo un Dipartimento che si occupa anche di sport. Si stanno scrivendo di questi tempi – ma è anche storia di un passato recente – pagine poco edificanti sul mondo dello sport, pagine di cattivo esempio per le ragazze e i ragazzi che si avvicinano a quel mondo. Dobbiamo impegnarci per uno sport pulito, che sia occasione per acquisire il senso dell’amicizia e della tolleranza e il rispetto dell’altro.

Castellinaria insegna alle ragazze e ai ragazzi a leggere il linguaggio delle immagini, a capirlo e a interpretarlo. Vuol dire cercare di capire situazioni completamente diverse da quelle che viviamo quotidianamente qui da noi. Vuol dire anche aprirsi al mondo e in questo senso Castellinaria è una finestra sul mondo con il compito precipuo di accompagnare i giovani alla sua scoperta e alla miriade di realtà di cui è composto e delle quali veniamo a conoscenza attraverso chi ha scelto di vivere con noi o di seguire le stesse scuole dei nostri figli.

Rinnovo dunque la riconoscenza dell’autorità cantonale – agli organizzatori, agli sponsor e tutte le persone coinvolte in un modo o nell’altro nella manifestazione. Mi congratulo per quello che Castellinaria offre alla popolazione e per i problemi che le immagini presentate suscitano in chi le vede, nella speranza che aiutino ad affrontare con chiaroveggenza il futuro del paese che è poi il futuro delle ragazze e dei ragazzi che oggi si esprimono sui film in cartellone.

Grazie dell’attenzione.

[1] Giuseppe Pannicelli di e-generation
[2] Giuseppe Tornatore
[3] Fiaba dei tre porcellini
[4] Il brutto anatroccolo di Andersen
[5] Testo “A grandi passi”, www.castellinaria.ch
[6] Nota 5

Saluto all’Assemblea generale ordinaria dell’Associazione cantonale ticinese di ginnastica (ACTG)

(Saluto di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - all’Assemblea generale ordinaria dell’Associazione cantonale ticinese di ginnastica - ACTG - del 17 novembre 2007 a Chiasso)

Signor presidente,
Gentili signore e signori,

vi porgo il cordiale saluto dell’autorità cantonale e il mio in particolare, come responsabile del dipartimento che si occupa anche di sport. Quando, qualche anno fa, la denominazione del dipartimento è stata completata con la parola “sport” non si è trattato di un atto formale, ma della consapevolezza che lo sport, e dunque la ginnastica, fa parte dell’educazione dei giovani.

Circa tre anni fa, la Conferenza dei direttori della pubblica educazione aveva identificato diversi obiettivi, a cui mirare con la pratica dello sport, poi riassunti nella carta dei diritti del giovane e in quella del fair play e con i quali la vostra Associazione è confrontata nelle sue varie attività.

Attraverso la pratica dello sport
- si prova un sentimento di piacere
- si impara a rispettare la natura
- a esprimersi attraverso il movimento
- a esplorare le proprie possibilità
- a riconoscere i propri limiti
- a rispettare l’avversario e le regole del gioco
- a essere tolleranti
- a vivere nuove esperienze di vita

Raggiungere questi obiettivi vuol dire accompagnare i giovani
- a conoscere se stessi
- a capire il mondo
- a condurre una vita dignitosa
- a sviluppare le proprie capacità
- ad accettare la presenza di altri giovani, diversi da noi

Quanto fa l’Associazione cantonale ticinese di ginnastica è tanto più meritevole, in quanto
- fa da complemento all’attività ginnica praticata nelle scuole;
- collabora a creare un equilibrio tra scuola e sport in funzione della formazione della personalità del giovane, ed è qui che risalta il lato educativo della pratica dello sport;
- promuove la cooperazione tra partner pubblici e privati, secondo il principio della sussidiarietà, sulla base del quale lo Stato pone le premesse per la promozione e la pratica delle attività sportive. A tale proposito è da sottolineare l’uso razionale delle infrastrutture sportive dello Stato da parte delle società.

C’è qualcosa che ci accomuna tutti quanti, quando pratichiamo lo sport e siamo responsabili della formazione dei numerosi giovani che formano i ranghi di un’ Associazione come la vostra: quel qual cosa è la trasmissione dei valori dello sport, come l’amicizia, la tolleranza, il rispetto degli altri, e – ma potrebbe essere il primo valore di una lunga lista – l’impegno per così dire a “giocare puliti” per uno sport altrettanto “pulito”.

Per dire che nella vita, come nello sport, niente ci è dato senza sacrifici e senza sforzi. Tentare di aggirare l’ostacolo vuol dire mentire a se stessi e agli altri. La vita nel mondo dello sport ci insegna che è facile cadere dall’altare nella polvere e che oltre un certo limite non è lecito barare. Lo dimostra la storia dello sport di questi tempi, - come in un recente passato – purtroppo ricca anche di pagine ingloriose, di cui qualche volta ci si può anche vergognare.

So che nelle vostre palestre si respira un’aria di sana competizione e che si suda tanto per raggiungere un traguardo. Conosco la costanza di chi studia, movimento dopo movimento, un esercizio a un attrezzo perché ne esca un’esecuzione piena di ritmo e di armonia. Conosco l’impegno delle monitrici e dei monitori, le gioie e le delusioni di un momento. In una palestra si succedono momenti di grande soddisfazione e di delusione, così come nella vita.

Vi interesserà per concludere sapere, anche perché non avete ancora discusso il preventivo, che il Dipartimento, grazie al Fondo Sport Toto, è intenzionato a confermare anche per i prossimi anni il contributo straordinario per favorire la promozione e il consolidamento dello sport in ambito giovanile con il rinnovo della misura a favore delle federazioni sportive cantonali, pari almeno al 40% del sussidio ordinario alle federazioni del 1°gruppo.
Prorogheremo sino al 2010 anche l’azione speciale per il sostegno finanziario alle federazioni e alle società sportive per l’acquisto di veicoli di trasporto, i così detti mini bus,
azione coronata da grande successo e che va ad aumentare la sicurezza dei trasporti dei nostri giovani.

E in Dipartimento stiamo inoltre seriamente valutando, e una decisione potrebbe cadere già nelle prossime settimane, di costituire un credito annuo prelevato sempre dal Fondo Sport Toto, per il sostegno di centri regionali di allenamento e di formazione per sportivi d’élites in età giovanile gestiti dalle federazioni sportive cantonali. Misura che verrebbe incontro alle aspettative dell’ACTG molto attiva, e con risultati lusinghieri, in questo ambito con il progetto pilota al CST di Tenero.

Gentili signore e signori,
Grazie di quello che fate perché la nostra gioventù decida di venire in palestra piuttosto che frequentare magari altri lidi, in cui si fabbricano realtà virtuali dalle quali è poi difficile uscire.
Un grazie particolare da parte di chi è convinto che lo sport fa parte dell’educazione della cittadina e del cittadino di domani. Questo è il vostro grande merito.
Un augurio di buon lavoro a questa assemblea e di un futuro in cui non venga mai meno la consapevolezza di lavorare per i giovani, che vuol dire lavorare per tutta la comunità, per il suo domani, per la qualità della sua esistenza.

Presentazione della mostra per i lavori di restauro del Palazzo degli studi di Lugano

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - per la Presentazione della mostra per i lavori di restauro del Palazzo degli studi di Lugano di venerdì 16 novembre 2007)

Signor direttore del liceo di Lugano
Membri del Consiglio di direzione, docenti, allieve e allievi, signore e signori,

sono qui anzitutto per ascoltare le esposizioni dei progettisti e degli addetti ai lavori e per vedere la mostra, evito dunque lunghi discorsi e mi permetto pertanto soltanto di brevemente ripercorrere alcuni passaggi della storia che hanno visto la nascita di questo palazzo.
Già ai primi dell'800 il Gran Consiglio della giovane Repubblica e Cantone Ticino invitò il Governo a dare le necessarie disposizioni affinché si ponesse mano all'istituzione di un Liceo cantonale. Da poco il Ticino era uscito da 300 anni di dominazione svizzera, per dirla con il Franscini da "quella maledetta servitù di tre secoli che fece gli uomini dell'un baliaggio stranieri a quei dell'altro".

Il liceo di Lugano ha da poco compiuto 150 anni, più di 100 dei quali trascorsi nel Palazzo degli studi che ci ospita oggi. Lascio, come detto, volentieri agli specialisti il compito di presentare il progetto di risanamento dell'involucro del Palazzo degli studi, un progetto necessario sotto molti punti di vista.
Un risanamento necessario, che verosimilmente si realizza un po’ in ritardo, ma che è comunque l’espressione della volontà politica di governo e parlamento di voler salvaguardare un edificio di importanza storica, sia dal profilo architettonico, sia e soprattutto per quello che ha rappresentato e rappresenta per la crescita intellettuale e culturale di un Ticino moderno e votato al progresso.

Il 4 dicembre 1904 fu segnato da un grande avvenimento per la Città e per il Cantone tutto: "l'inaugurazione officiale del Palazzo degli studi".

Le cronache dell'epoca[1] dissero che "La cerimonia riuscì modesta, quasi famigliare, ma solenne nello stesso tempo". "Il Palazzo sorge maestoso, degno d'ospitare la futura Università della Svizzera Italiana, e la facciata artisticamente ricca e corretta .. desterà l'ammirazione dei visitatori che la scopriranno dietro i vetusti alberi della villa Ciani. L'esterno aspetto è regale non è per nulla affievolito dalla ripartizione degli ampi locali. Gli scaloni rammentano lontanamente il Palazzo Federale. Fin dall'entrare, la sovrabbondante ricchezza di spazio e di luce vivamente impressiona ed un pensiero corre spontaneo alla mente: questo è un tempio degno dell'arte e della scienza".

"Le effigie di uomini benemeriti (Franscini, Lavizzari, Cattaneo, ecc.) la cui memoria è cara a tutti i ticinesi, si ammirano sugli scaloni e nei corridoi - doveroso tributo di affetto a quei grandi, costante esempio di virtù civile e di amore alla scienza per la nostra gioventù".

La cerimonia di inaugurazione si tenne al terzo piano, con la musica di Lugano che allietava il pubblico "numeroso e distinto".

Continuano le cronache dell'epoca: "Poi s'alzò a parlare l'on. Simen. Il Palazzo degli studi è una delle migliori opere colle quali il Ticino intese festeggiare il primo centenario della propria autonomia. Dall'antica casa dei Somaschi i giovani studenti sono passati in questo edificio maestoso nel quale la geniale arte costruttiva profuse le sue ricchezze, mirando a che l'imponenza e l'armoniosità avessero per base le ragioni d'igiene. Alcuni pensano che s'è fatto troppo in grande: è un errore. L'opera non è per oggi soltanto. Si deve precorrere i bisogni dell'avvenire".

Simen passò in quell'occasione in "rassegna l'opera compiuta dallo Stato per l'istruzione secondaria e superiore, dalla legge del 28 maggio 1832 che istituiva le scuole maggiori e di disegno … a quella del 9 giugno 1852 che fondava il Liceo e ginnasio cantonale di Lugano e le scuole tecnico-ginnasiali di Mendrisio, Bellinzona, Locarno, Pollegio".

Egli concluse con un pensiero rivolto ai giovani: "di qui sortano dei giovani educati alla vita, soldati del dovere, apostoli dell'ideale e della scienza. Si rifugga dallo scetticismo che tarpa le ali d'ogni identità".

"In nome della Repubblica e del popolo egli inaugura questo edificio che sarà indice ai presenti ed ai venturi del progresso conseguito e della solida educazione nella quale il paese affida".

Il suo intervento fu accolto da "vivissimi applausi".

Il Palazzo degli studi ha poco più di 100 anni. Il mondo è cambiato in tutto. Gli spezzoni di articolo che ho appena citato poco fa ci ricordano che non sono però cambiati gli ideali e i principi, anzitutto quelli per così dire “fransciniani”, come la necessità di garantire a tutte e a tutti una solida educazione, la fiducia che ci porta a credere nel progresso, nell'arte e nella scienza oppure la necessità di pensare non solo ai bisogni presenti, ma di anticipare quelli dell'avvenire. Sono proprio stati grandi, e a loro dobbiamo molta riconoscenza, questi politici di altri tempi che hanno gettato le basi per la costruzione del Ticino moderno così come lo conosciamo oggi.

Coraggio, spinta ideale, capacità di guardare al futuro: è con questo spirito che a nome del Consiglio di Stato saluto i lavori di risanamento dell'involucro di un edificio tanto caro ai luganesi e a tutti coloro che hanno studiato e studieranno fra queste pareti.

[1] Corriere del Ticino, 5 dicembre 1904

16 novembre 2007

Consegna dei diplomi della Scuola superiore medico-tecnica di Locarno

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - in occasione della Consegna dei diplomi della Scuola superiore medico-tecnica di Locarno del 15 novembre 2007)

Signor Direttore,
Signor Capoufficio della formazione sanitaria e sociale,
Signore e signori docenti e operatrici e operatori pubblici e privati,

partecipo con grande piacere a questa cerimonia di consegna dei diplomi di tecnico in analisi biomediche (5 diplomati) e di tecnico in radiologia medica (6 diplomati), che mi offre l'occasione di congratularmi con i neodiplomati, ma anche di ringraziare pubblicamente docenti, datori di lavoro, parenti, amici e tutti quanti, qui presenti o no, hanno contribuito a raggiungere questo importante risultato.

Prima della consegna ufficiale dei titoli di studio e dei meritati festeggiamenti ai neodiplomati permettetemi solo alcune considerazioni sugli studi che avete appena concluso e sull'evoluzione degli stessi.

* * *

La prima considerazione riguarda la qualità della scuola e la sua vicinanza con il mercato del lavoro. Infatti, devo constatare con soddisfazione che da quanto mi ha indicato la Direzione tutti i neodiplomati hanno già trovato un posto di lavoro - chi in Ticino e chi anche oltre Gottardo - il che testimonia la validità della formazione teorica e pratica che viene impartita da questa scuola e dagli istituti di formazione pratica in cui avete svolto gli stages. E' del resto una conferma che in Svizzera il fabbisogno di personale in questo settore d'attività rimane elevato e che il titolo da voi acquisito viene riconosciuto e apprezzato sia sul piano cantonale che nazionale.

D'altro canto la Scuola superiore medico-tecnica di Locarno si sta sempre più profilando come un vero e proprio centro di competenza nel campo della formazione in diagnostica del settore sanitario, a vantaggio evidentemente delle strutture di analisi e di ricerca nel Cantone, ma anche di altri istituti di formazione. Basti citare ad esempio che la scuola collabora ormai in modo consolidato con attività di formazione rivolte a docenti ad allievi dei licei cantonali e che ormai già da alcuni anni organizza corsi di biologia molecolare per la Scuola cantonale dei tecnici in analisi biomediche del Canton Neuchâtel, che so essere particolarmente apprezzati dall'istituto neocastellano.

* * *

La seconda considerazione riguarda gli sviluppi prospettati per la scuola. E' risaputo che il mondo del lavoro in cui operate è estremamente innovativo ed è caratterizzato da un notevole dinamismo e dalla rapida evoluzione tecnologica. Ciò implica per tutti quanti lavorano in questo contesto la necessità di mantenersi aggiornati e di curare costantemente la propria crescita professionale ma anche, per la scuola, di rivedere continuamente programmi e contenuti di formazione per garantire livelli di competenza aggiornati.

In effetti la scuola è alla vigilia di importanti cambiamenti dettati dai nuovi piani-quadro che saranno emanati fra pochi mesi a livello federale e che permetteranno di incrementare l'interazione fra teoria e pratica attraverso il cosiddetto "training e transfert". Un miglioramento che certamente imporrà ai partner della formazione - scuola e luoghi di stage - un maggior impegno formativo, che consentirà però di ottenere - stando alle esperienze maturate oltre Gottardo - risultati ritenuti molto positivi.

* * *

La terza e ultima considerazione riguarda – è ormai un tema ricorrente – i riflessi finanziari di questi sviluppi. Sono ben consapevole che gli sviluppi prospettati potranno avere ripercussioni finanziarie per gli istituti di formazione pratica, laboratori e centri sanitari, i luoghi in cui si svolge una parte importante del ciclo di studi delle scuole specializzate superiori del settore sanitario e medico tecnico. Gli istituti di formazione pratica sono stati confrontati finora anche con l’impegno finanziario determinato dal versamento delle retribuzioni agli allievi che fra l'altro non hanno permesso di aumentare la disponibilità di posti di stage e quindi, in definitiva, di offrire ai giovani ticinesi un maggior numero di posti di formazione in questo settore.

Proprio per ovviare a questi problemi abbiamo deciso di introdurre a partire da questo anno scolastico una nuova modalità di retribuzione degli allievi che frequentano le scuole superiori del settore sociosanitario. Il nuovo sistema garantisce da una parte agli allievi una retribuzione mensile regolare di 800 franchi durante i tre anni di studio, versata dalla scuola, e, dall'altra, la fatturazione all'istituto di pratica dei soli mesi effettivi di stage, con una spesa ridotta di un terzo circa rispetto alle retribuzioni attuali. Questi risparmi per gli istituti di formazione pratica dovrebbero perciò liberare le risorse finanziarie necessarie per assorbire il maggior impegno richiesto per la formazione degli allievi nell’ambito del cosiddetto “training & transfert” e – lo spero vivamente - per poter incrementare il numero dei posti di formazione messi a disposizione della scuola.

* * *

Concludo: le misure prese sul piano federale e cantonale con i nuovi programmi e con i nuovi flussi finanziari e la stretta collaborazione con le associazioni professionali dei tecnici in analisi biomediche e dei tecnici in radiologia medica dovrebbero contribuire a rafforzare ulteriormente il ruolo di centro di competenza della scuola sul territorio cantonale, non solo per la formazione di base ma anche per sviluppare con le organizzazioni del mondo del lavoro un programma di formazione continua secondo il sistema di accreditamento che è attualmente in fase di progettazione in accordo con una prestigiosa istituzione sanitaria lombarda.

E' con questo auspicio che chiudo il mio intervento rinnovando ai neodiplomati le mie più vive congratulazioni per il risultato raggiunto e augurando loro un futuro professionale e personale ricco di soddisfazioni.

14 novembre 2007

Conferenza stampa per la messa in rete del CSCS

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - durante la Conferenza stampa per la messa in rete del CSCS del 12 novembre 2007 a Lugano)

Gentili Signore e Signori,

Il progetto di messa in rete del CSCS si inserisce nel contesto più ampio del "Ticino della conoscenza" i cui obiettivi sono descritti nelle linee direttive elaborate dal Governo. Lo sviluppo delle formazioni universitarie - e in particolare della ricerca a sostegno di un solido contesto scientifico residente - costituiscono l'elemento centrale di una politica universitaria in grado di sostenere lo sviluppo economico, sociale, culturale e scientifico del Cantone.

Nello specifico, il progetto va contestualizzato nel credito quadro generale stanziato dallo Stato per la ricerca scientifica, attingendo al capitale di 70 milioni di franchi liberato grazie al versamento dei proventi dell'oro della BNS.
È un progetto dapprima letteralmente “inventato” e poi fortemente voluto dal DECS, che ha del resto dovuto superare non poche resistenze e convincere qualche scettico, ma che ha sin dall’inizio avuto come obiettivo quello di finanziare progetti di ricerca come quello che viene presentato oggi.

Nel definire il finanziamento di sostegno alla ricerca, il DECS ha identificato dapprima i poli di eccellenza già affermati o emergenti sul territorio. Accanto al settore biomedico (che ha già raggiunto una solida reputazione internazionale) è emersa anche l'importanza crescente del settore dell'informatica di punta. In questo senso, la presenza sul territorio del CSCS non poteva essere assolutamente ignorata, nonostante alcuni problemi gestionali legati allo stesso. Anzi, proprio per consolidare la valenza territoriale del CSCS, il Cantone ha voluto lanciare un segnale che permettesse lo sviluppo di una collaborazione scientifica concreta con le istituzioni locali che hanno valenze affini.

Si è dunque pensato non solo agli istituti che si occupano di informatica nei nostri due atenei, ma di strutturare un vero e proprio consorzio che includesse anche gli istituti di ricerca nel settore biomedico. Non si tratta di una scelta casuale: da qualche anno il settore delle scienze biologiche si avvale infatti sempre di più di capacità di super-computing (super calcolo) per l'elaborazione di modelli molecolari o fisiologici complessi. I due istituti sul nostro territorio (IRB e IOSI) hanno già progetti avanzati in tal senso.

Nella riflessione strategica che ha portato alla struttura finale di progetto che vi verrà presentata nel dettaglio fra poco dai responsabili scientifici dei vari istituti, non si sono dimenticati anche i segnali derivanti dai progetti di cooperazione e innovazione della Confederazione, di cui uno specificatamente dedicato alle nano-apparecchiature ed alle loro esigenze di calcolo super-dimensionato in tempo reale. L'idea di sostenere lo sviluppo dell'informatica di punta coincide quindi con una strategia condivisa a livello federale, nella quale il nostro Cantone può (e vuole) inserirsi a pieno titolo.

Tramite il sostegno ad un'iniziativa interdisciplinare come la messa in rete del CSCS, Il Cantone ha dimostrato la chiara volontà di fare dialogare in modo sinergico e costruttivo le migliori valenze scientifiche e tecniche presenti sul territorio.

Noi non abbiamo la pretesa, come scioccamente preteso da qualcuno, di diventare il, sottolineo “il”, campus universitario del centro Europa imitando Haward e Berkeley, anche perché USI e DECS sono diretti da due montanari abituati a fare il passo secondo la gamba, ad avanzare passo dopo passo, ma comunque a progredire e a raggiungere le cime rispettivamente i traguardi che si sono prefissati.

Ma non siamo nemmeno degli sprovveduti senza idee, come ha scritto qualcuno ancora poche settimane fa che non ha capito che uno dei progetti per il futuro del Ticino che guarda avanti, quello giustamente preconizzato dal presidente Piero Martinoli, quello di creare una collaborazione fra IRB, IOSI, USI e SUPSI, non è un sogno nel cassetto, ma qualcosa di concreto già pronto per essere consegnato alla fase operativa.

E anche su altri progetti del Ticino della conoscenza e della ricerca noi stiamo lavorando seriamente per consolidare quanto è stato realizzato, ciò che non è sempre così scontato, e per individuare nuove strategie da seguire consapevoli che lo sviluppo di questo paese in termini di produzione di ricchezza e di posti di lavoro, nonché di crescita culturale ed intellettuale passa proprio da questa capacità di trasformare le buone idee in fatti concreti.

Confido infine che anche il Politecnico di Zurigo comprenda lo sforzo che il Cantone Ticino produce per consolidare la presenza sul territorio ticinese del CSCS e che si adoperi per reperire tutte le risorse necessarie dalla Confederazione per finanziare la strategia nazionale per il calcolo ad alta potenza e la sua messa in rete. Ciò che permetterà di creare un vero polo di eccellenza e di dare alla Svizzera italiana, quale parte integrante di questo paese, la possibilità di collocarsi con un forte valore aggiunto nel paesaggio universitario svizzero e favorire la sua visibilità sulla scena internazionale.

HCAP 70 anni Club

HCAP 70 anni Club in un intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - del 11 novembre 2007 a Bellinzona)

Presidente, dirigenti, giocatori, amiche e amici dell'Ambrì

oggi è una giornata speciale anche per il tendone del circo Knie: non ci sono i leoni né gli elefanti. Ci sono invece i tifosi dell'Ambrì, quelli veri, quelli che sarebbero pronti a metter sotto i pattini anche su una pista circolare non fatta di ghiaccio, ma di trucioli (da resegadüsc) tanto è l'amore per una squadra che accompagniamo, da 70 anni, con passione e fierezza tanto nei momenti di gioia (quando vinciamo per intenderci) e quanto con un po' di magone in gola quando il tabellone ci dà sconfitti.

Non ci sono i funamboli, gli equilibristi, gli acrobati che ci fanno venire i brividi alla schiena solo a guardarli, ma ci sono i nostri giocatori che partita dopo partita ci fanno vivere momenti di suspence, di emozioni, di eccitazione quando inseguono come gazzelle (ci saranno poi anche al circo?) il puck.

Nei loro movimenti, i nostri giocatori sono forse meno eleganti delle trapeziste che volteggiano a dieci metri da terra, ma la loro velocità, potenza, precisione ci fanno venire il batticuore. Quello del batticuore è il destino di noi tifosi anche di chi, fra di noi, un tempo ha calzato i pattini per pattinare sul ghiaccio da una parte all'altra della pista e che oggi, con qualche capello bianco, s'infuria in tribuna quando il disco non va dove vorrebbe che andasse, cioè in porta.

Con un po' di retorica diciamo allora che la Valascia è il nostro Tempio che ci fa sognare, così come ci fa ha fatto sognare il circo Knie quando da bambini entravamo in questo magico tendone, gli occhi strabuzzati quasi uscissero dalle orbite sospesi in aria per la meraviglia e l'incredulità.

La storia dell'Ambrì è un po' la storia della nostra Valle, fatta di passioni, di orgoglio, di sentimenti di unità attorno al nostro Club del cuore. Una storia scolpita nella nostra memoria, fatta di nomi come Bob Kelly o Bixio Celio - che magari, prima di giocare la partita, dovevano spalare un po' di neve - oppure come…………….

Auguri e grazie a tutti, dai dirigenti ai giocatori, dagli allenatori ai tifosi, dai simpatizzanti ai volontari per questo importante traguardo. I primi 70 anni non sono pochi, li abbiamo percorsi con il nostro "passo montanaro" che è espressione di lungimiranza, di chi vuole sempre raggiungere la vetta. Perché questo è il nostro obiettivo, questa è la nostra ragione di vita.

Inaugurazione mostra Franscini a Faido

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - per l'inaugurazione mostra Franscini a Faido del 5 novembre 2007)

Signor Sindaco,
gentili signore,
egregi signori,

intervengo, credo per la sesta volta in occasione di manifestazioni per la commemorazione del 150° anniversario della morte di Stefano Franscini. Lo faccio con ancora maggior entusiasmo e coinvolgimento personale qui a Faido, Comune che ospita nella piazza a lui dedicata la statua inaugurata nel 1896 in occasione del centesimo della sua nascita con quella scritta che tutti noi, che attorno a quel monumento abbiamo giocato giorno dopo giorno nelle pause scolastiche, abbiamo impresso nella memoria: “All’educatore, storico e statista insigne”.

Perché il Franscini non fu soltanto il padre della pubblica educazione, come tutti noi lo ricordiamo, non fu soltanto maestro, educatore e pedagogista, egli fu studioso di storia patria, di economia politica e anzitutto di statistica, della quale fu precursore con opere fondamentali, penso in particolare al suo capolavoro “La svizzera italiana” che lo fece conoscere ed apprezzare anche al di fuori dei confini cantonali e nazionali.

Fu anche pubblicista formidabile, capace con la sua fervida e acuminata penna di far crollare i governi e di porre le basi per le riforme di cui aveva bisogno un Paese che si doveva incamminare sulla via del Progresso.

Fu protagonista di una lunga e appassionata carriera politica che lo portò sino a sedere nelle supreme magistrature dello Stato: segretario di Stato prima, Consigliere di Stato poi e infine Consigliere federale.

Ma fu anche deputato alla Dieta, capace di dirimere complessi problemi doganali, postali, commerciali, così come seppe assumere compiti diplomatici per affrontare alcune delicate missioni, ad esempio nell’esacerbato Vallese del dopo Sonderbund o tra le truppe mercenarie svizzere al soldo del re di Napoli, accusate di massacri nei confronti di rivoltosi durante i moti popolari del 48.

Franscini aveva una forma mentis anche scientifica che gli permise di approfondire aspetti, ad esempio sulla flora e la fauna nella zona di Piora, che ancora oggi formano oggetto di studi e ricerche che lui in qualche modo già aveva approfondito duecento anni fa.

Attitudini ad approcci scientifici che gli permisero, non solo di essere ricordato come il padre della statistica svizzera, ma che gli fecero intuire l’importanza delle professioni tecniche e scientifiche con la creazione, per merito suo, e non tanto dell’Escher, del Politecnico federale di Zurigo.
Ma evidentemente anche qui a Faido il prestigio del Franscini è legato in maniera indissolubile alla scuola, la scuola pubblica (quando giocavamo attorno al monumento in piazza lo si indicava, non sempre con ammirazione, come quello che “ha inventato la scuola”).

Nessuno seppe sintetizzare meglio dello storico Giuseppe Martinola quello che Stefano Franscini concretamente fece per la scuola ticinese:
Ci volevano scuole: le creò.
Ci volevano libri: li scrisse.
Ci volevano maestri: li preparò.
Ci volevano leggi: le dettò.
Ci volevano denari:li trovò.

Egli partì con le sue riforme scolastiche praticamente da zero: anche se è vero che nel 1804 il Cantone si era dotato di una legge che stabiliva come in “ogni Comune vi sarà una scuola ove si insegnerà almeno a leggere e scrivere ed i principi di aritmetica”.
Legge che di fatto rimase lettera morta, ritenuto che non vi erano docenti preparati all’insegnamento, non vi erano locali adatti al di fuori delle sacrestie delle parrocchie, non c’era il tempo e l’attitudine giusta per istruirsi in un paese poverissimo ove i giovani erano anzitutto forze lavoro irrinunciabili nelle attività domestiche ed agricole. Non vi era nemmeno una parità di istruzione tra bambini e bambine: con riguardo all'istruzione femminile tuonò: "va male per i maschi; ma va peggio per le femmine".

Il Franscini cambiò le cose con l’entrata in governo cantonale nel 1830, dopo la riforma costituzionale del 29 affrontata come segretario di Stato.

Vi propongo alcune riflessioni sull'azione realizzativa di Franscini. Un Franscini che entra nel Governo cantonale nel 1830, dopo la riforma costituzionale del ‘29, come segretario di Stato, alternando questa carica a quella di Consigliere di Stato fino al 1848.

La scuola elementare venne fortemente potenziata per meglio diffondere l’istruzione indispensabile a tutti, anche ai più poveri.

Quando Franscini, nel 1848, divenuto Consigliere federale, si apprestava a partire per Berna, in Ticino non si contavano ormai più comuni senza scuola. Le scuole elementari risultavano frequentate complessivamente dal 77% delle alunne e dall’87% degli scolari obbligati.

Tra i traguardi raggiunti, uno dei più rilevantI, a detta dello stesso Franscini, fu l’istituzione
dei corsi teorici-pratici di metodica, che consentirono, grazie ad una frequenza sempre crescente di insegnanti e aspiranti tali, un significativo innalzamento qualitativo dell’insegnamento.

Il corpo insegnanti d’altronde, dai 150 maestri - per tre quarti ecclesiastici - salì a 430 unità (di cui 147 laici e 159 maestre), di cui la metà circa aveva seguito la scuola di metodica, e abbandonato l’inefficace pratica individuale, per praticare il metodo simultaneo, propugnato da Franscini.

Nel 1841 istituì la scuola maggiore, destinata ad una formazione più elevata per artigiani, commercianti, possidenti, agricoltori – coloro insomma che costituivano la gran parte del ceto medio di allora -, che offriva lungo un ciclo triennale, l’insegnamento di principi di letteratura italiana, geografia, storia, elementi di storia naturale, economia agraria, contabilità, lingue vive, calligrafia, canto, ed esercizi militari, in funzione dell’educazione fisica e civile.

Altre riforme seguirono, l’azione realizzativa del Franscini fu ampia, costante ed incisiva: ma fondamentale fu il salto culturale che seppe generare nelle teste dei ticinesi che capirono che le ambizioni di crescita civile e di benessere dei cittadini di una comunità passavano attraverso l’istruzione e l’educazione dei giovani. La scuola doveva diventare il luogo deputato all’educazione, educazione ai nuovi valori democratici, liberali e laici figli dell’illuminismo.

L’educazione, ebbe modo di scrivere il Franscini, “è in uno Stato e della massima importanza e di prima necessità. Da lei dipende la formazione dei futuri cittadini”.

Il merito suo, che è di grandissima attualità per la crescita del Ticino della conoscenza che ruota oggi attorno a USI, SUPSI, ASP e istituti di ricerca, è quello di aver compreso come la scuola avesse un ruolo strategico nella realizzazione di quel progetto di modernizzazione e democratizzazione della società che egli chiamava “incivilimento”.

Lungi da me l’intenzione di elencare i meriti del Franscini, e ancor meno di ripercorrere le tappe della sua azione politica fra il Ticino e Berna. Consentitemi però di ricordare un aspetto qualche volta trascurato: quello del Franscini ribelle, dell’innovatore, del precursore di una visione della politica intesa come azione volta a promuovere e cementare lo sviluppo materiale del paese con il progresso delle menti. Quanto il Franscini proclama la necessità dell’”incivilimento del paese” pensa proprio a questa sintesi fra sviluppo materiale e maturità delle coscienze. Mi pare che, almeno in parte, il mistero del Franscini celebrato oggi, ma qualche volta sottovalutato, frainteso e addirittura ripudiato con fastidio dagli uomini del suo tempo, stia proprio in questi suoi atteggiamenti innovativi in politica: infastidiva il suo “J’accuse” senza appello rivolto ai colleghi parlamentari, agli appaltatori scellerati, ai politici avidi, che al bene generale anteponevano l’utile privato o tutt’al più l’egoismo regionale e corporativo, infastidiva la sua avversione alle fazioni e alle contrapposizioni rigide, infastidiva la sua condanna di ogni forma di esclusivismo e della faziosità esasperata.

Come leventinese, forse anche come uomo di montagna, sono sempre stato impressionato dalla semplicità, dalla modestia del Franscini che non ha mai tradito le sue origini, capace di accettare e persino di valorizzare con la forza e la dignità dei grandi le sue tribolazioni economiche.

Ed è quanto enuncia una scritta che campeggia sulla lapide della tomba di famiglia nel cimitero di Bodio:
“Nacque povero, visse povero, morì povero”, che riassume un tratto distintivo dell’esistenza del Franscini: le umili origini, malgrado le quali riuscì col suo ingegno e la sua tenacia a raggiungere le più alte cariche dello Stato, e soprattutto la povertà, che lo accompagnò anche quando era Consigliere federale, e che è rimasta impressa nelle coscienze di generazioni di Ticinesi, che quella dignitosa povertà hanno condiviso. Una povertà che secondo la mia lettura personale, già più volte espressa, rappresenta più che un destino, una scelta etica: la scelta di chi assume il compito, nei confronti dello Stato, di servirlo, anziché di servirsene.

Integrità morale, spirito di abnegazione e di servizio, impegno per il bene comune, al di là dei vieti campanilismi e dalle faziosità politiche settarie; dopo la secolare inerzia della dominazione landfogtesca e i decenni dell’assolutismo dei landamani, la repubblica richiedeva una rigenerazione politica, che per essere tale doveva essere una rigenerazione della coscienza morale.

Franscini la incarnò, eccome la incarnò questa rigenerazione etica e politica, guidando il Paese verso una difficile opera di modernizzazione, democratizzazione e liberalizzazione, durante una lunga e intensa carriera politica, che hanno evidenziato doti politiche e umane che gli permettono di essere ricordato anche dopo 150 anni dalla sua morte come il più grande uomo di Stato della storia del Cantone Ticino.

Io, che sono certamente un po’ di parte, lo considero il più grande dei ticinesi di tutti i tempi.

Presentazione del libro “Il viaggiatore della parola”

"Presentazione del libro “Il viaggiatore della parola” sulla vita di G.B. Angioletti in Ticino"
(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - del 4 ottobre 2007 a Ascona)

Signor Ministro Console generale d’Italia (Pietromarchi),
Professor Antonio Colombo,
dott. Luca Saltini, autore della ricerca,
signor Luciano Nessi, rappresentante di ICOFIN di Ascona,
dottor Gerardo Rigozzi, direttore della Biblioteca cantonale di Lugano,
Gentili signore e signori,

l’evento culturale di questa sera mi suggerisce qualche riflessione di carattere generale, lasciando a chi prenderà la parola dopo di me – e ne ha la competenza – l’onore e il piacere di presentare la ricerca del dottor Saltini.

La prima riflessione è uno sguardo indietro nella storia.

Il cammino della storia è costellato di anni o di tempi che gli storici definiscono “difficili”. La storia degli ultimi due secoli delle regioni in cui viviamo e di quelle a noi vicine, di là dalla linea di confine, insegna che proprio le vicende degli anni difficili hanno avvicinato le terre lombarde alle terre ticinesi. Le vicissitudini lombarde, quelle dei momenti critici della storia, hanno sempre influito, in un modo o nell’altro, sul comportamento dei ticinesi.

E’ capitato nell’Ottocento quando il giovane cantone Ticino si schierò dalla parte della popolazione lombarda nelle guerre d’indipendenza contro l’Austria. Il Ticino ebbe uomini politici che non cedettero alle minacce austriache, anche quando fu occupata una parte del suo territorio, o quando furono bloccate le frontiere, e nemmeno quando i ticinesi, espulsi dalla Lombardia, vennero accolti in patria. Sono stati anni di fame. Si chiamano proprio così: i fortini della fame, costruiti in vista di una possibile invasione delle truppe di Radezky.

E’ capitato nel Novecento, negli anni in cui l’Angioletti soggiornò nel nostro cantone, pur in una situazione politica completamente diversa. Il Ticino visse nuovamente anni difficili, con alle sue frontiere un paese in guerra e, di nuovo, con la reiterata minaccia di vedersi staccato dalla Svizzera. Il Ticino accolse i rifugiati militari e civili proprio “in quell’ora storica assurda e drammatica”[1] come la definí Vincenzo Snider, allora professore di italiano alla Magistrale di Locarno.

L’arrivo di intellettuali e artisti venuti dall’Italia svegliò “una provincia sonnolenta”, come ebbe a dire Pio Ortelli[2]. Forse mai come in quegli anni i valori della cultura italiana furono affermati nel Ticino e in Svizzera con tanta forza e difesi accanto ai valori di uno Stato, la Svizzera, che accoglie dentro i suoi confini lingue e culture diverse.


La seconda riflessione concerne il nostro tempo.

C’è qualcosa di amaro nel riassumerla in una domanda: nel discorso politico di oggi, in che considerazione sono tenuti i valori delle diverse culture che formano la Svizzera federalista?

Diceva un politico[3] qualche decennio fa: “la vita culturale non coincide sempre con la forza del numero né con la potenza economica”. Forse un tempo gli ideali erano più profondamente radicati nell’animo degli svizzeri e dei suoi politici.

Ecco un esempio recente: ragioni di carattere economico hanno portato alla decisione delle camere federali di seguire il cantone economicamente più forte della Svizzera, il canton Zurigo: i cantoni sono liberi di insegnare come prima lingua straniera l’inglese al posto di una lingua nazionale.

La decisione non mette certo in pericolo il federalismo svizzero. Le drammatizzazioni non ci piacciono. Ma indebolisce il federalismo. Fa riflettere quell’assoluto predominio delle ragioni di carattere economico su quelle di natura politico-culturale, e non soltanto nel campo dell’insegnamento. E chi a Berna ha cercato di attirare l’attenzione su questo aspetto, è stato elegantemente rimbeccato dai colleghi.[4]

Ma la decisione preoccupa o deve preoccupare la Svizzera italiana, perché aumenta il pericolo che la lingua italiana – e dunque anche la cultura italiana - scompaia dai piani di studio della Svizzera tedesca e francese. E purtroppo siamo già a buon punto! Il Ticino rimane per intanto fedele alle sue decisioni secondo le quali lo studio delle lingue nazionali precede quello dell’inglese, anche se qualche voce ci rimprovera una certa mancanza di pragmatismo. Ma fino a quando perdurerà questa situazione non è dato di saperlo.


La terza riflessione è uno sguardo verso il futuro.

Un passo decisivo per l’affermazione della sua identità culturale il Ticino lo ha fatto con l’apertura dell’università, alla quale si sono aggiunte altre scuole del terzo livello, istituti di ricerca che hanno acquisito rinomanza internazionale e una rete di biblioteche. Il progetto universitario si consolida oggi attraverso una fitta rete di collaborazioni locali e internazionali che consentono la produzione e la messa in rete del sapere. Diversi centri di eccellenza si trovano in Lombardia.

Alla minaccia di un ridimensionamento della lingua e della cultura italiane a livello svizzero, il Ticino dunque reagisce, cosciente della propria forza e dei valori della propria cultura, attraverso iniziative che guardano al futuro e approfondimenti di capitoli del proprio passato, come è il caso di questa ricerca del dottor Saltini.

Ringrazio tutti gli enti e le persone che hanno reso possibile questo lavoro di ricerca e in particolare ringrazio la ICOFIN di Ascona del contributo concesso per sottolineare il ventennale della sua esistenza.

Mi felicito con il dottor Saltini del lavoro fatto, attraverso il quale si approfondiscono fatti salienti del nostro passato e della cultura italiana. Alle mie congratulazioni si aggiungono quelle del Consiglio di Stato ticinese e mi auguro che lo studio intrapreso risvegli la curiosità di molti studiosi e no.

Grazie dell’attenzione.

[1] Citato da Marino Vigano in Storia del Cantone Ticino, Il Novecento, a cura di Raffaello Ceschi, pag. 543, edizione Stato del Cantone Ticino
[2] Ibidem, pag. 543
[3] Brenno Galli a cura di Carlo Speziali, ed. Casagrande, 1989, pag. 258
[4] Couchepin rimbeccò con ironia la Ory del canton Neuchâtel.

“Euro 2008: la GERMANIA ha scelto il Ticino”

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - “Euro 2008: la GERMANIA ha scelto il Ticino” del 30 ottobre 2007 a Tenero)

Gentili signore,
egregi signori,

porgo ai convenuti a questa Conferenza stampa il cordiale benvenuto del Consiglio di Stato del Cantone Ticino e mio personale, come direttore del dipartimento che si occupa della promozione dello sport.

E’ un piacere e un onore accogliere la squadra di calcio e la delegazione della Repubblica federale tedesca per la preparazione dei prossimi Campionati europei di calcio EURO 2008.

Era per noi un obiettivo quello di ospitare una squadra di prestigio, una di quelle in grado di vincere il titolo europeo, una squadra con grande visibilità mediatica in grado di far parlare bene del Ticino al di fuori dai nostri confini nazionali.

E’ un piacere e un onore per il Ticino turistico e culturale. Sono numerosi i cittadini germanici che, già a partire dall’inizio del secolo scorso hanno scelto e scelgono il nostro Cantone come mèta di vacanze o che si sono stabiliti qui da noi per trascorrere anni felici della loro vita. Mi basta ricordare, anche come presidente della Fondazione, il ruolo giocato da artisti e uomini di cultura tedeschi per la nascita e la crescita del Monte Verità.

La squadra della Germania viene dunque in un angolo di mondo in cui sarà accolta con simpatia non solo da noi ticinesi, ma anche da numerosi connazionali, residenti in Ticino. Ma il cantone turistico è anche fiero di poter mettere a disposizione dell’ospite strutture alberghiere di altissimo livello internazionale. Anche per questo ci aspettiamo molta copertura televisiva della presenza della squadra della Germania per un periodo il più lungo possibile, tiferemo tutti, oltre che per la Svizzera a questo punto anche per loro, presenza che rappresenterà per il Cantone un’ulteriore opportunità di farsi conoscere nel mondo.

E’ un piacere e un onore per il Ticino sportivo che ha il privilegio di avere sul proprio suolo il Centro sportivo nazionale, un vero e proprio gioiello voluto dalla Confederazione, non penso solo perché il Ticino ha un clima tutto speciale (anche se nella "Sonnenstube" se si mette a piovere, lo fa sul serio e per numerosi giorni), ma anche perché il nostro Cantone ha sempre voluto essere in prima fila nella promozione e nel sostegno dello sport.

Il Ticino ha accolto con convinzione i postulati del Concetto del Consiglio federale per una politica dello sport in Svizzera e con la stessa convinzione li mette in atto.

L’Ufficio federale dello sport, proprio in occasione di EURO 2008, ha deciso di proporre progetti sportivi per la promozione dell’attività fisica e sportiva dei ragazzi e degli adolescenti. Proprio a favore di questa fascia d’età, il cantone Ticino ha compiuto grandi sforzi nell’ambito di Gioventù e Sport che lo situa numericamente al quinto posto nella classifica dei cantoni svizzeri, ma al primo posto se si considera il rapporto tra popolazione e giovani di età G+S, cioè da 10 a 20 anni.

Ci aspettiamo molto dalla presenza di una squadra sportiva di grande qualità e di grande prestigio proprio per promuovere i contenuti più nobili dello sport, quelli che attraverso la personalità di giocatori dotati di grande professionalità vanno presi da modello dai nostri giovani.

Sono gli ideali di sempre dello sport, quello vero e sano, fondato sulla correttezza, sul rispetto delle regole del gioco, sul rispetto dell’avversario, sulla capacità di sapere accettare con la dovuta modestia e autocritica la sconfitta, lo sport che unisce e lancia messaggi positivi e che non tollera espressioni di razzismo e di intolleranza, lo sport che fa del fairplay il suo principale obiettivo.

E’ un piacere e un onore per il Ticino politico che ha dato il proprio appoggio finanziario e logistico al progetto di EURO 2008. L’autorità cantonale, nel limite delle sue possibilità, è stata sin dall’inizio d’accordo di assicurare ogni tipo di appoggio finanziario e logistico per consentire la messa a disposizione da parte della Confederazione di questo Centro sportivo, da parte del DECS delle vicine palestre delle scuole medie e naturalmente un appoggio concreto nell’ambito del dispositivo di sicurezza con risorse umane da definire. In altre parole, dietro le quinte e cercando in tutti i modi di non farci rovinare la festa da fughe in avanti della stampa, di fronte alla quale abbiamo anche dovuto trincerarci dietro qualche piccola bugia a fin di bene, la squadra della Germania l’abbiamo corteggiata: e visto come sono andate le cose oggi possiamo dire che è stato un corteggiamento coronato da successo, una storia d’amore che promette bene.

Rinnovo dunque il compiacimento dell’Autorità cantonale per la scelta fatta dalla Federazione di calcio germanica e ringrazio tutte le persone, in particolare i signori Matthias Remund e Bixio Caprara per il lavoro svolto, così come ringrazio sin d’ora tutte le persone e gli enti che si adopereranno per rendere il più accogliente possibile il soggiorno della squadra nazionale tedesca nel Ticino.

Concludo con un auspicio: che EURO 2008 sia l’occasione, nell’attuale tribolato settore dello sport, per dimostrare al mondo che si può fare dello sport in maniera pulita e che, pur nel mondo delle emozioni che una partita di calcio sa offrire – specie a livello di squadre nazionali – ognuno conservi in sé quell’equilibrio di giudizio che significa maturità e rispetto dell’altro.

Cedo ora la parola a chi, nell’una o nell’altra veste, illustrerà altri aspetti legati alla graditissima presenza della squadra tedesca in Ticino per prepararsi e poi magari vincere il campionato europeo del 2008.

Inaugurazione mostra “Inchiostri fransciniani”

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - per l'inaugurazione mostra “Inchiostri fransciniani” del 29 ottobre 2007 a Bellinzona)

Gentili signore e signori,

150 anni fa, nel 1857, Stefano Franscini moriva improvvisamente nella sua casa di Berna, all’età di 61 anni.
Era infatti nato a Bodio, nel 1796, suddito urano; il Cantone Ticino non era infatti ancora sorto.
Bisognerà aspettare il vento impetuoso che spirava dalla Francia e le decisioni del Bonaparte, per spazzar via nel 1798 il secolare dominio landfogtesco che aveva dominato le nostre terre dal Cinquecento, con la nascita della Repubblica elvetica, una e indivisibile.
Ma soprattutto si dovette attendere il 1803, quando il Primo Console sancì con l’Atto di Mediazione la nascita del Ticino come nuovo Cantone sovrano in seno alla Confederazione.
Quando Franscini dunque spirava sulle rive dell’Aar, il Cantone non esisteva che da 54 anni.
Ma un Cantone che – come ha scritto lo storico Andrea Ghiringhelli – “nasceva come una fragilissima collezione di territori giustapposti e di popolazioni litigiose che non si riconoscevano né in una patria comune né in una comunanza di interessi. Ciò delegittimava le istituzioni e le leggi dello Stato cantonale ritenute delle intrusioni indebite nelle realtà locali.”
Ai nostri governanti apparve chiaro che tale delegittimazione nasceva dalla mancanza del cittadino ticinese.
Si cercò perciò – cito sempre Ghiringhelli - “di plasmare una coscienza cantonale attraverso un profluvio di stemmi, stendardi, bandiere e divise. Furono perfino commissionate opere che dovevano suscitare salutari slanci patriottici, come l'enorme tela di Antonio Baroffio collocata nel 1805 nelle sale del Gran consiglio o il Dizionario degli uomini illustri del Cantone Ticino di Gian Alfonso Oldelli. E non si lesinò sulle feste civico-patriottiche.”
Il problema si presentò analogo a livello nazionale, dopo la Costituzione del 1848 e la nascita della Svizzera moderna, e, mutatis mutandis, negli altri stati ottocenteschi, come ad esempio l’Italia.
Fu Massimo D’Azeglio ad avvertire che fatta l’Italia, andavan fatti gli Italiani.

Per cementare l’unità e fortificare l’identità nazionale uno strumento parve particolarmente efficace: l’individuazione di un eroe nazionale, di un pater patriae, di un esempio in cui riconoscersi.
La Svizzera, guazzabuglio di etnie e tradizioni diverse, non riuscì a trovarne di storici e ne cavò uno rimescolando nel cilindro delle leggende medievali: Guglielmo Tell, il balestriere di Uri, paladino della libertà e dell’indipendenza fino al sacrificio, che ebbe una fortuna larghissima, complice il genio di Schiller e di Rossini.
L’Italia, invece, puntò sulla “diarchia di bronzo” – come la chiamò lo storico Mario Isnenghi - di Vittorio Emanuele II, il “re galantuomo” e di Garibaldi., l’”eroe dei due mondi”, eroi con la spada in pugno, incarnazione del condottiero del risorgimento e dell’unità d’Italia.

Stefano Franscini, con le dovute proporzioni, si affermò ben presto come figura in grado di incarnare il pater patriae della nostra piccola repubblica.
Lo attesta a suo modo la colletta che venne organizzata quando egli era ancora in vita per realizzare un suo ritratto da diffondere nelle scuole del Cantone. Il gesto lusingò Franscini, che però per natura schivo e altruistico chiese che i soldi raccolti fossero devoluti ai bisognosi.
Il ritratto però si fece, dopo la sua morte, per la mano di Vincenzo Vela, e campeggiò nelle aule scolastiche di tutto il Ticino sino a non tanti anni fa, imprimendo nella memoria collettiva di tutti i Ticinesi quel volto e decretando la popolarità dello statista di Bodio. La scuola, creazione di Franscini, ne diventava così anche il sacrario laico.

(Additare il busto in gesso del Franscini al centro della mostra) Questo stupendo busto d’altronde è una, e forse la più bella più bella, delle tante rappresentazioni che poi arricchirono molti istituti scolastici del Cantone: è il gesso originale del busto marmoreo del Vela che si trova presso il Liceo Carlo Cattaneo di Lugano.
Il Ticino aveva così trovato un padre capace di coagulare attorno a sé comuni sentimenti di devozione patriottica, ma disarmato, dai tratti antieroici.
La litografia del Vela consegnava ai Ticinesi non un monarca-soldato, né un guerriero romantico e leggendario, ma un padre pacato, severo e amorevole, tra libri e carte, armato solo di una totale dedizione allo Stato, della sua povertà proverbiale e della penna.
Quella penna d’oca che nelle sue mani fu feconda e autorevole, e quando volle, tagliente, come uno stiletto.
Se ne avvide Gian Battista Quadri quando apparve, nel 1830 - anonimo, per sfuggire alla censura - un opuscoletto che chiedeva una nuova carta costituzionale. A poco valse la replica del Landamano: il governo si sbriciolò e si inaugurò una nuova era, salutata come quella della rigenerazione, che si cibava di ideali quali libertà, progresso, modernizzazione e democratizzazione.

La creazione del sistema scolastico ticinese fu la realizzazione più grande che Franscini ci ha lasciato, perché fu ed è lo strumento strategico per attuare quegli obiettivi .
Franscini voleva trasformare la plebe in popolo, i sudditi in cittadini e puntare all’incivilimento delle nostre terre, facendo del Ticino e della Svizzera un paese unito e moderno.
La sua penna, le sue carte, i suoi scritti - di politica, di statistica, di storia, di pedagogia, di dialettologia, di divulgazione del sapere pratico; articoli giornalistici, opuscoli, libri, leggi, rapporti, lettere -, i suoi scritti, dicevamo, per tutta la sua esistenza spalleggiarono la sua azione politica, la sostennero, la suffragarono, la inverarono.
Mai come in Franscini, per un’alchimia che era l’arte del suo fare politica, le parole diventano cose.
Quando morì, consigliere federale in carica, non lasciò che le sue carte.
E’ pertanto con rinnovato interesse, con emozione e devozione, che possiamo accostarci - grazie a questa mostra dell’Archivio di Stato, depositario istituzionale della nostra memoria - a quegli inchiostri fransciniani che rappresentano il sillabario della nostra storia moderna.
Grazie.

Inaugurazione di ExpoPIUmogna

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - per l'inaugurazione di ExpoPIUmogna del 26 ottobre 2007 a Bodio)

Signora presidentessa del Gran Consiglio (Monica Duca Widmer),
Gentili signore e signori,

vi porgo il mio cordiale saluto personale e quello del Consiglio di Stato e mi felicito con gli organizzatori di questa manifestazione per la molteplicità degli eventi previsti e la varietà degli avvenimenti collaterali.

Quanto accade in questi tre giorni è qualcosa di importante per la regione, perché ne dimostra la vitalità e la voglia di mantenere vivi usi e costumi di un tempo oltre che attività che contraddistinguono i settori del commercio e dell’artigianato, peculiarità di questo territorio e dei nostri tempi.

Cultura, scuola, fotografia, sport e turismo compongono un ventaglio di attività che gli awards premiano. Mi fa piacere poter partecipare alla loro consegna ed esprimere il riconoscimento dell’autorità cantonale per gli sforzi che gli organizzatori della manifestazione hanno compiuto e continueranno a compiere negli anni a venire per dare visibilità a una regione del Ticino lontana dai grandi agglomerati.

Abito anch’io nella regione delle Tre Valli e so quali sforzi si devono oggigiorno fare per non lasciar morire attività che hanno dietro di sé lunghi anni di vita. Penso allo sport dello sci e alle stagioni sempre più calde con la neve che si fa ormai desiderare. Penso anche alle attività che roteano interno al piccolo, ma importante mondo dell’artigianato, che non attira più tanti giovani come un tempo.

Sarà la conseguenza del così detto progresso o della tecnologia più recente, ma l’interesse ormai scemato per tante professioni dell’artigianato preoccupa chi si occupa dei giovani, in primo luogo di chi è alla ricerca di un posto di lavoro. Mi auguro vivamente che questa “Fiera del commercio e dell’artigianato” sia anche una vetrina grazie alla quale mettere in mostra prodotti e aspetti di un mestiere, capaci di risvegliare l’interesse dei giovani. Solo così la tradizione può sopravvivere.

E’ questo l’auspicio che esprimo oggi: che queste manifestazioni oltre che a rinfrescare la memoria storica di una regione e a presentare quello che si fa oggi, servano anche a profilare il mondo futuro delle Tre Valli, affinché i grandi sconvolgimenti del territorio di cui siamo oggi tutti testimoni, non impoveriscano la vita della regione.

E con questi sentimenti di gratitudine per quello che avete preparato e di speranza nel futuro, possiamo ormai tagliare il nastro ed entrare nel vivo della manifestazione.

Seminario Arbitri A - Federazione Svizzera di nuoto

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - durante il Seminario Arbitri A - Federazione Svizzera di nuoto del 13 ottobre 2007 a Bellinzona)

Signore e signori

ho accolto con piacere l'invito a partecipare al vostro seminario per parlarvi di un tema che mi sta a cuore: lo sport, con un riferimento particolare allo "Sport d'élite e scuola".

Vi propongo dapprima alcune riflessioni su un piano generale dalla prospettiva del politico che, con l'aggiunta della "S" al Dipartimento, ha fermamente voluto attribuire un preciso ruolo istituzionale allo sport.

"Conciliare sport e studio è spesso molto complicato". Questo era il titolo di un articolo pubblicato da un quotidiano ticinese nel 1996 in occasione di una conferenza attorno al tema del "Diritto all'istruzione anche per gli sportivi d'élite" alla quale parteciparono due giovani che erano riusciti a conciliare l'attività sportiva e l'impegno scolastico Paolo Della Bella (portiere dell'Ambrì) e Christoph Bottoni (velista). A quei tempi erano appena state introdotte le prime classi liceali per sportivi d'élite, dapprima a Lugano e Bellinzona, poi solo a Lugano. Erano classi con orario completo, ma con un pomeriggio libero.

A poco più di 10 anni di distanza possiamo tranquillamente dire che la situazione è parecchio cambiata: sicuramente è migliorata la sensibilità del mondo politico e sicuramente la scuola è riuscita ad affinare i suoi programmi formativi per consentire agli sportivi d'élite un adeguato compromesso fra le esigenze sportive e quelle scolastiche.


Il Consigliere federale Schmid ha sottolineato come “La promozione dei talenti è molto più dell’anticamera alla promozione dello sport d’élite! Lo Stato s’impegna nella promozione dei giovani talenti dello sport perché assume responsabilità nella relazione scuola – sport – famiglia.”

Da quando sono al DECS - dal 2000 - ho sempre cercato di ritagliare allo sport lo spazio necessario perché si possa sviluppare. Uno sport a tutto campo, per tutti, a tutte le età e a tutti i livelli.

Vediamo quali sono le principali novità che hanno caratterizzato questi ultimi anni.








1. Un primo elemento di novità è stata la creazione della scuola professionale per sportivi d'élite di Tenero.

La scuola esiste da 5 anni (dal 2001) quale sottosede del CPC di Bellinzona. Durante questo periodo ha ottenuto la certificazione ISO ed il label di Swiss Olympic Partner School (sussidio di fr. 20'000.-). A dicembre 2005 il CdS ha riconosciuto ufficialmente e sine die questa sottosede nell’ambito del professionale-commerciale.

Struttura scolastica attuale

La scuola al termine dei 3 anni di studio a tempo pieno prevede due curricoli ( che si differenziano al termine del primo anno che è comune):
- curricolo per l’ottenimento della maturità professionale-commerciale
- curricolo per l’ottenimento del certificato di impiegato di commercio
Attualmente sono un centinaio gli studenti- sportivi che frequentano la scuola professionale a tempo.

Organizzazione

- Frequenza a orario ridotto ma a calendario prolungato:l’anno scolastico inizia a metà agosto e termina a fine giugno, durante le vacanze di carnevale è prevista la cosiddetta settimana dell’insegnamento a distanza che é parte integrante del programma scolastico.

- L’orario giornaliero delle lezioni è di regola così strutturato:
- il lunedì, mercoledì e venerdì le lezioni terminano alle 12.45. Gli studenti studiano o si allenano in modo indipendente;
- il martedì ed il giovedì sono previste due ore di allenamento fisico per tutti presso le infrastrutture del CST con conseguente spostamento alle 15.00 del termine delle lezioni.
- Ogni allievo paga una tassa annuale (è prevista la possibilità dell’ottenimento di un assegno di studio) ed all’inizio del primo anno è obbligatorio l’acquisto di un PC




2. Un secondo elemento di novità è stata l'introduzione, con l'anno scolastico 2006/2007 del Programma per talenti sportivi e artistici nelle Scuole medie superiori del Canton Ticino.

“Scolarizzazione dei talenti sportivi e artistici nelle SMS del Cantone Ticino”: dopo l’entrata in vigore (1997) del nuovo modello di Liceo l’organizzazione delle “classi per sportivi d’élite e artisti” è venuta per svariate ragioni a perdere buona parte della sua ragione d’essere. Da qui la necessità di verificare l’esistenza di alternative percorribili.

Un gruppo di lavoro formato dal capo ufficio UEFS, da 3 direttori di SMS, dal delegato cantonale SOT e da due docenti di SMS ha elaborato un progetto che si basa su una struttura snella ed efficiente che garantisca la gestione ottimale di questo aspetto sul piano cantonale con un occhio di particolare riguardo al contenimento dei costi.

La firma finale al rapporto è stata apposta nel corso del 2006.

Un apposito gruppo di lavoro composto da 3 direttori di SMS, dal capo dell’UEFS, dal delegato cantonale Swiss olimpic talents SOT e da due docenti SMS ha elaborato il rapporto sul “Progetto di scolarizzazione dei talenti sportivi e artistici nelle SMS del Cantone Ticino” e sottoporrà nelle prossime settimane alle istanze superiori detto rapporto per la discussione in merito. La nuova struttura organizzativa si prefigge di meglio qualificare e di “fare ordine” rispetto a quanto proposto finora in questo particolare campo.
I giovani richiedenti che postulano l’ammissione al curricolo studio-sport saranno valutati secondo le ultime direttive emanate da Swiss Olympic Talents (SOT). Per il settore artistico valgono i parametri degli enti riconosciuti e dei progetti già realizzati in Svizzera nell’ambito culturale-artistico per quanto concerne in particolare la musica e la danza.

Procedure d’ammissione, non scolastiche, al progetto

L’UEFS attraverso il coordinatore cantonale delegato DECS di SOT e di un gruppo di consulenza per il settore artistico è responsabile:
- dell’analisi dei dossier inoltrati entro la fine di maggio da parte di ogni allievo che si candida a far parte di questo curricolo speciale;
- di redigere all’indirizzo delle direzioni e delle famiglie interessate un rapporto individualizzato di ammissione o non ammissione;
- di monitorare regolarmente l’attività sportiva o artistica dei talenti ammessi;
- di collaborare regolarmente con gli istituti scolastici (direzioni, tutor di sede) segnalando se del caso difficoltà o abbandoni dell’attività sportiva o artistica;
- di riesaminare ogni anno scolastico l’adempimento da parte di ogni talento del rispetto dei parametri d’appartenenza al curricolo dal punto di vista sportivo e artistico.


Modalità organizzative

- Individualizzazione delle esigenze del giovane talento e messa in atto di particolari misure di sostegno da parte della direzione attraverso la stretta collaborazione tra direzione-tutor di sede-coordinatore cantonale-famiglia-federazione sul calendario e sui programmi da seguire.
- Eventuale dispensa da alcune ore-lezione con possibilità di recupero tramite disponibilità di un pool di docenti (ore pagate dalla famiglia o enti interessati).
- Gli obblighi e le competenze previsti dai piani di studio valgono in tutto e per tutto anche per i talenti ammessi al progetto






3. Un terzo elemento di novità è stata la collaborazione delle Scuole medie di Gordola e di Minusio con i Centri regionali di allenamento e formazioni creati in questi ultimi anni dalla federazioni nazionali e/o cantonali al CST di Tenero
Partecipanti

Centro regionale dell’ACTG:
L'anno scorso erano in totale 23 i giovani (10 maschi e 13 ragazze) provenienti da tutto il Cantone.
La maggior parte frequenta la Scuola Media.
Alcune ragazze sono ancora inserite nella Scuola Elementare del loro circondario e si recano per l’allenamento a Tenero.
4 giovani frequentano il secondario superiore (2 il Liceo di Locarno e 2 la SPSE).

Centro di preformazione dell’ASF:
Nello scorso anno scolastico in corso (primo anno di esperienza) sono stati selezionati 12 ragazzi provenienti da tutto il Cantone che frequentano la 3 media.

Organizzazione

- Frequenza scolastica nelle sedi di SM nelle immediate vicinanze (ginnasti/e solo nella sede di Gordola, calciatori nelle sedi di Gordola, Minusio, Losone).
- Allenamenti giornalieri al vicino CST facilitati nel loro svolgimento grazie ad un accordo con l’UIM e con le rispettive direzioni scolastiche.
- Allenamenti gestiti interamente, dal profilo tecnico-logistico-amministrativo, da parte della cellula federativa nazionale/cantonale.
- Possibilità di soggiornare presso alcune famiglie della zona.

Prospettive

- Il centro ACTG non prevede grossi cambiamenti nel numero mentre per il centro di preformazione ASF il numero dei ragazzi selezionati dovrebbe raddoppiare: i “vecchi” passeranno infatti in 4 media mentre entreranno 12-14 nuovi ragazzi al livello di 3 media. I responsabili del centro ASF intendono consultare la Divisione della scuola e l’UIM per sondare la possibilità di ridurre a due le sedi di frequenza.
- Al centro di pre-formazione ASF, a partire dal 2007 e dopo 2 anni di esperienza (minimo previsto dal rispettivo regolamento), si intende iniziare la procedura per l’ottenimento del label di Swiss Olympic Partner School (assegnato alle sedi scolastiche coinvolte). Questa certificazione prevede un sussidio una tantum di una certa entità e una certificazione di competenza (sia organizzativa che tecnica) di un certo prestigio.
- La nascita di questi centri di competenza (Stützpunkt) è stata fortemente caldeggiata anche dal presidente della CDIP (prof. HU Stöckling) durante la sua relazione nell’ambito della “Conferenza straordinaria sulla promozione dei talenti” svoltasi a Berna il 24 marzo u.s.



4. Un quarto elemento di novità è stata la continuazione, dopo la fase sperimentale, del programma "Occhio al talento" anche nel 2007 con l'estensione dei centri d'attività, oltre a Tenero, a Biasca e a Lugano

“Occhio al talento”: un progetto polisportivo proposto ad un gruppo di 25 bambini di 3 elementare al mercoledì pomeriggio e, ogni 3 settimane, al sabato mattina. L’obiettivo è quello di orientare e consigliare i partecipanti verso un’attività sportiva che risponda alle loro caratteristiche, bisogni e aspettative. La concretizzazione di questa attività è stata resa possibile grazie al finanziamento per metà pubblico (Fondo Sport-toto) e per metà privato (3 sponsor).

L’adesione è stata soddisfacente (più di 50 iscrizioni), durante il mese di novembre si è poi proceduto alla dovuta, per questioni di budget e di spazio, selezione dalla quale sono risultati i 25 prescelti che a partire da metà gennaio 2006 si ritroveranno al centro sportivo di Tenero per 48 unità d’attività. E’ opportuno rilevare come la parte tecnica del progetto (organizzazione dei test, delle lezioni, ecc.) sia stata presa a carico da un gruppo di docenti di educazione fisica particolarmente sensibili all’attività sportiva e che non hanno ancora trovato il pieno impiego.

Dopo l’avvio di questo progetto pilota è intenzione dell’UEFS di sensibilizzare le direzioni scolastiche di SE e i responsabili comunali dello sport di altri centri del Cantone Ticino allo scopo di poter estendere “Occhio al talento” almeno a un centro nelle 3 Valli, uno nel Luganese e uno nel Mendrisiotto.




5. Un quinto elemento di novità è il supporto convinto del fondo dello Sport-Toto per gli sportivi d'élite

Abbiamo in particolare istituito un credito annuo per il sostegno di centri di formazione per sportivi d'élite in età giovanile gestiti dalle federazioni sportive cantonali.

Grazie a Fondo dello Sport-toto siamo riusciti anche ad erogare preziosi contribuiti come:

· contributo straordinario per favorire la promozione e il consolidamento dello sport in ambito giovanile con il rinnovo della misura a favore delle federazioni sportivi cantonali per il 2005, 2006 e 2007 (40% del sussidio ordinario ricorrente alle federazioni e del 1. gruppo e del 50% a quelle del 2. e del 3. gruppo). È stato stanziato un importo complessivo di 1,5 mio di franchi (che si assomma a quello di 1,8 mio di franchi per il periodo 2002-2004;
· contributo per un trasporto sicuro degli atleti o dei giocatori in età giovanile (azione "minibus" bilancio dell’azione (conclusa il 31 dicembre 2005) e rinnovo fino alla fine del 2007 (sino al 2006 si è sostenuto l'acquisto di 43 nuovi veicoli con un sussidio per un ammontare totale di oltre 400'000 franchi)
· senza dimenticare il sostegno dato a investimenti (oltre 3 milioni) per le costruzioni di impianti sportivi e nel sostegno delle manifestazioni sportive a carattere nazionale e internazionale (circa 400'000 franchi).


6. Un sesto elemento di novità è stata la concessione di assegni di studio attraverso il fondo dello Sport-toto agli sportivi d'élite che frequentano le scuole dell'obbligo pubbliche o private fuori Cantone
Il Cantone promuove, incoraggia e sostiene la formazione scolastica e professionale postobbligatoria con una politica di aiuti finanziari erogati attraverso le borse di studio. Le normative che regolano il settore prevedono la concessione di assegni e di prestiti di studio unicamente per la frequenza di scuole o studi postobbligatori. Risultano di conseguenza esclusi gli sportivi d'élite in obbligo scolastico che, per l'esercizio delle loro attività sportive, sono tenuti a frequentare in Svizzera un istituto scolastico fuori Cantone. Tenuto conto che situazioni del genere sono poco frequenti e considerato che l'aiuto alla formazione è considerato di primaria importanza nella politica di sostengo alle famiglie per la formazione scolastica e professionale dei figli, il DECS ha deciso di sostenere questi casi attraverso il Fondo dello Sport-Toto.

La concessione degli aiuti finanziari è subordinata:
· all'accertamento che la frequenza fuori Cantone è imposta da necessità sportive e che non possono essere soddisfatte in Ticino;
· all'attestazione rilasciata dalla federazione sportiva nazionale di riferimento sullo statuto di "sportivo d'élite" dell'allievo e/o il rilascio, da parte della federazione sportiva nazionale della carta Swiss Olimpic Talents;
· alla partecipazione finanziaria della federazione sportiva nazionale di riferimento al costo annodi frequenza.

L'importo massimo attribuito è fissato in 4'000 franchi.


7. Un settimo elemento di novità è legato al ruolo dell'Ufficio dell'educazione fisica scolastica del DECS in collaborazione con il mondo dello sport

Dal mese di settembre 2004 nell’Ufficio dell’educazione fisica scolastica (UEFS) è stata integrata a orario ridotto la figura del delegato cantonale di Swiss Olympic Talents (SOT). Attualmente questo ruolo è occupato dal collaboratore Amedeo Rondelli; il suo campo di attività è abbastanza ampio e variegato e spazia dal proporre, consolidare ed avviare alcuni progetti che la centrale di SOT emana fino al curare tutti quegli aspetti che riguardano l’impegnativo sviluppo dei giovani dentro l’altrettanto impegnativo binomio scuola-sport/arte.

La gestione amministrativa dei talenti sportivi

La tradizionale e un tantino obsoleta procedura di gestione dei cosiddetti talenti è destinata ad essere sostituita da un nuovo modello. Infatti durante l’anno 2005 l’UFSPO ha elaborato le nuove direttive che definiscono in modo rigoroso i parametri di appartenenza allo statuto di “talento sportivo” con tutti i benefici (per il giovane) che da esso ne derivano.

Il delegato UEFS/SOT, assieme ai suoi omonimi degli altri cantoni, ha partecipato in modo attivo all’elaborazione di questi nuovi parametri e riceverà a partire dalla fine di gennaio 2006 l’accesso alla banca dati che permetterà di gestire direttamente tutte le informazioni inerenti questo settore. La conseguenza sarà che si consolideranno i rapporti fra l’UEFS e le federazioni nazionali e cantonali di riferimento e si avrà un quadro più chiaro per poter definire l’appartenenza o meno di un giovane allo statuto di talento con tutte le conseguenze anche nell’ambito scolastico.

Ulteriori attività svolte

- continuazione dell’opportunità data ai giovani talenti ticinesi che frequentano una scuola per sportivi di élite in altri cantoni della Svizzera (allestimento di un parere e di regolamenti all’indirizzo delle istanze responsabili-ufficio sussidi e borse di studio del DECS);
- incremento dei contatti fra l’UEFS e le federazioni sportive attraverso la partecipazione diretta a manifestazioni e assemblee;
- organizzazione di momenti di promovimento in ambiti scolastico a vari livelli della prevenzione alle varie dipendenze;
- orientamento, secondo gli attuali parametri, di alcuni giovani talenti verso un curricolo scolastico confacente al doppio impegno scuola-sport;



7. Concludo con un riferimento particolare alle attività di Gioventù e sport

Ricordo che nel 2005 è stato l’anno in cui si sono potuti valutare nel dettaglio tutti gli aspetti del passaggio definitivo alla struttura GS 2000.

La situazione del Ticino, confrontata con la tendenza generalizzata nel resto della Confederazione, è ancora una volta molto positiva grazie allo sforzo comune di tutti i partner coinvolti con lo sport giovanile.

In quell'anno oltre 45'000 giovani hanno partecipato alle 750 offerte sportive organizzate da club e associazioni cantonali con un ritorno finanziario di contributi federali per 3'500'000.- fr.

La seconda constatazione molto positiva è sulla qualità del personale insegnante a disposizione dei club dove i 7000 monitori G+S formati, malgrado che la riforma abbia imposto una scadenza più corta per l’aggiornamento dei brevetti, seguono ancora i corsi d’aggiornamento e si mettono a disposizione delle loro società.

Anche il settore della formazione di base e metodologica dei monitori si conferma in controtendenza alla situazione nazionale con 438 nuovi monitori di base e 98 nella formazione superiore con un incremento quindi del 12% .

Questa situazione ci permette quindi di affrontare con certo ottimismo il futuro perché riteniamo che il normale ricambio e avvicendamento del personale insegnante nelle società sarà garantito e i nostri giovani potranno ancora contare su delle valide offerte di attività sportiva nel tempo libero.

G+S Ticino, oltre ai compiti principali che gli sono affidati dalla Confederazione, ha potuto intensificare l’attività a sostegno di singoli eventi sportivi e delle animazioni sportive regionali nell’ambito della promozione delle reti sportive locali.

Inoltre nel corso dell’anno la Confederazione ha ceduto al Cantone le sue infrastrutture del campo di Oilvone che è stato affidato a G+S Ticino per la gestione.

Con l’acquisizione del Palasport di Bellinzona nel 2004 e con gli alloggi a disposizione a Olivone, che possono pure contare sulla struttura dello stabile Polisport, siamo convinti che le associazioni sportive hanno ora a disposizione un’ulteriore offerta a prezzi contenuti per l’organizzazione delle loro attività.

Vi segnalo infine che stiamo affrontando il tema di un nuovo centro G+S a Bellinzona. Si tratta di una realizzazione importante che intendiamo avviare ancora nel corso di questa legislatura.

Premiazione 3° concorso di scrittura Tre Valli per giovani autori

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - in occasione della Premiazione 3° concorso di scrittura Tre Valli per giovani autori del 12 ottobre 2007 a Biasca)

Gentili signore e signori,
rivolgo un cordiale saluto
al direttore della Bibliomedia della Svizzera italiana (Orazio Dotta),
ai presidenti dei circoli di cultura di Biasca e Lodrino (Leonia Menegalli, Franchino Sonzogni),
ai direttori e ai docenti degli istituti scolastici e ai membri della giuria,
ai genitori, alle allieve e agli allievi delle scuole elementari e delle scuole medie partecipanti al concorso,

scriveva un grande scrittore circa 120 anni fa che “la scrittura si intreccia di continuo con la vita e che sono “le piccole cose, i piccoli particolari che svelano un carattere, un ambiente, una condizione.”[1]

Che bello leggere queste parole così semplici, proprio nel nostro tempo in cui invece ci giungono agli orecchi paroloni del tipo “rivoluzione digitale”, “ipertesto” “multimedialità” e, sopra tutto, in cui tutto deve potersi fare in modo semplice e veloce.

Allora mi sono chiesto se scrivere al computer è come metter giù i propri pensieri su un foglio bianco e se leggere un testo al computer è come leggere un libro. Mi sono detto di no, ma bisognerebbe sentire che cosa ne pensano i partecipanti a questo concorso.

E prima di tutto chiedere loro perché scrivono. Anche qui tento di dare una risposta e cioè credo che chi scrive lo fa perché ha qualcosa da dire: possono essere le emozioni di un momento della vita, magari qualche sogno ad occhi aperti, o di raccontare una storia oppure ancora di parlare dei rapporti con qualcuno della famiglia, il fratello o la sorella. O ancora perché si vuol raccontare un momento di paura, come l’argomento del concorso di quest’anno. E magari c’è qualcuno che sogna di fare lo scrittore da grande.

Se poi prendo in considerazione il numero dei lavori che sono giunti alla segreteria del concorso (854), allora vuol dire che la voglia di scrivere è grande. E’ una constatazione che consola pensando a tutte le discussioni che oggi si fanno sul problema dei figli, sulle tante ore passate davanti allo schermo televisivo e sui pochi minuti dedicati alla lettura di un libro.

“Salire sulle spalle dei giganti”[2] dice cosí uno scrittore del nord a proposito del leggere le opere dei piú grandi scrittori, perché attraverso la lettura si impara a scrivere, perché lo scrivere, a sua volta, dice quello scrittore “è il ritmo, è la melodia, come nel canto degli uccelli.”

Non so come cantino gli uccelli della così detta “scrittura utile”, quella degli sms e degli e-mail, una scrittura che fatica a star dietro al pensiero che invece corre veloce. Non c’è tempo per una correzione e nemmeno per scrivere per intero le parole. Per è un “x”, perché usare tre lettere quando basta il segno ics! Com’è facile disegnare un cuore. Non hai nemmeno da risolvere il problema dell’ortografia.

La domanda che molti specialisti si pongono è se questo tipo di struttura sia d’ostacolo all’apprendimento dello scrivere o se invece sia veramente utile per introdurre nella propria maniera di scrivere quel tocco in più che parla all’anima di chi scrive e lo rende libero di esprimersi come vuole.

Lascio agli specialisti la risposta. Per quel che mi concerne, come responsabile di un dipartimento che si occupa di scuola, mi fa piacere prendere atto dell’alto numero di partecipanti al concorso. Vuol dire che la scuola riesce, in questo contesto, a contrapporre alla frenesía del tempo, la lentezza della riflessione, perché scrivere è riflettere.

Se mi rivolgo, solo con il pensiero, alle giovani e ai giovani qui presenti, sbaglio di molto se penso che, oltre allo scrivere, provano il piacere di leggere un libro? E che quel piacere è nato tra i banchi di scuola, o ancor prima, in famiglia quando padre o madre dedicano alcuni minuti della giornata a leggere un libro alla figlia o al figlio ancora in età prescolastica?

Concludo con un bravo a tutti quelli che hanno concorso, ai premiati e ai non premiati, con l’augurio che non abbandonino mai la voglia di scrivere e di leggere. Un plauso esprimo al direttore della Bibliomedia della Svizzera italiana e ai presidenti dei circoli di cultura di Biasca e di Lodrino oltre che a tutte le persone che nel modo o nell’altro contribuiscono a mantenere vivo l’interesse per questo concorso.

Ringrazio infine genitori e docenti che compiono ogni sforzo perché nei loro figli rimanga vivo l’interesse per il libro e per la scrittura.
A tutti esprimo la gratitudine del Dipartimento.

[1] Anton Cechov, www.interruzioni.com/cechovscrivere.htm
[2] Olof Lagercrantz, www.interruzioni.com/lartedileggerescrivere.htm

Fatti! Contano più dei cartelloni

(da un articolo pubblicato da Gabriele Gendotti su Opinione Liberale del 11 ottobre 2007)

Vi sono due modi di fare politica: con i fatti e con i cartelloni. Preferisco il primo perché sono convinto che il compito della politica sia quello di dare risposte concrete ai problemi dei cittadini, non di far leva su paure - o presunte tali - tappezzando strade e marciapiedi con pecore bianche e pecore nere. Il livello del dibattito politico si fa sempre più scadente e i suoi contenuti sempre più inconsistenti; le parole che pensavamo di aver sepolto (ma non dimenticato perché scolpite nella memoria) come "propaganda" o "collaborazionista" stanno di nuovo e pericolosamente tornando sulla bocca di chi non ricorda qualche cinegiornale in bianco e nero o gli sconquassi delle teorie sulla superiorità della razza ariana. La scorsa settimana la destra e la sinistra non si sono fatte molti problemi nell'irrompere, in modo sfacciato, nelle attività del Parlamento federale con un dibattito vergognosamente preelettorale che nulla ha a che vedere con la gestione della cosa pubblica e gli interessi superiori di una Nazione. Ha fatto bene Fulvio Pelli a denunciare questo "show politico di democentristi e socialisti" che con la loro banalizzazione e personalizzazione della politica rendono un pessimo servizio al Paese. Per noi liberali radicali potremmo dire: oltre il danno, la beffa. Sì, perché se da un lato sappiamo di aver dato un contributo decisivo alla costruzione della Svizzera moderna dal Franscini in poi (e continuiamo a farlo affrontando i temi di fondo sui quali costruire il nostro futuro che si chiamano occupazione, riforme sociali, economiche e fiscali, sostegno all’educazione, alla ricerca, all’innovazione, ambiente, interculturalità,..), dall’altro ci siamo ormai rassegnati al fatto che l’attenzione dei media (il vero potere del Paese assieme a qualche potente lobby) si concentra sulla politica spettacolo, sui gossip, su decine di sondaggi a fondo perso, quindi non sul lavoro serio e discreto di chi pensa, propone e costruisce. È uno spettacolo triste e privo di contenuti – triviale come il Grande Fratello - che però rende e porta voti. Ma questo connubio fra uno stile di far politica sempre più urlato, superficiale, deviato - dai toni forti che spaccano il Paese in bianchi e neri - e il megafono (voluto o no poco importa) di chi avrebbe l’importantissimo compito di proporre uno spazio di mediazione delle opinioni ci sta sempre più avvicinando a una pericolosa soglia di intolleranza che prima o dopo faticheremo a gestire. Chi semina vento raccoglie tempesta. Un Partito di governo ha il compito e la responsabilità di sostenere il confronto politico – anche duro - sul piano delle idee e dei progetti, ma sempre dimostrando una volontà aggregante, capacità di ascolto, propensione alla costruzione del consenso. La politica è oggi invece divenuta cosa strana che fa leva sulle emozioni usa e getta: ci sono due poli estremi che, abilmente, continuano senza pudore a fare proposte provocatorie e al limite del temerario il cui destino è segnato sin dalla loro genesi e c’è un centro che arranca sempre più nel garantire un equilibrio politico e istituzionale di cui andavamo fieri, perché funzionava bene e perché consideravamo diverso da quello dei nostri vicini. Chi ci perde sono la democrazia e lo Stato. Dobbiamo allora celebrare il funerale dei partiti tradizionali e abbandonarci alla demagogia e al populismo degli uni (a sinistra) e degli altri (a destra)? Mai! Anche perché in politica, come nelle maratone, conta avere fiato a lungo termine al di là dell’effimero e delle mode. Ma se è vero che i Partiti si sono (erano?) sempre più identificati come organismi dello Stato, la loro legittimazione dipenderà dalla loro capacità di ristabilire un forte legame con le cittadine e di cittadini e di riaffermare la loro forza propositiva che li metta nella condizione di non dover subire gli umori della politica-spettacolo, bensì “di individuare, selezionare e pilotare le grandi ristrutturazioni economiche e sociali”. Gli effetti della politica che vende paure e butta benzina sul fuoco li abbiamo visti ancora sabato scorso a Berna. È il Paese che vogliamo? No, noi liberali radicali non possiamo adagiarci su queste derive della politica. Forti dei nostri valori di sempre dobbiamo continuare a batterci per proteggere la dignità dell’uomo, per difendere le conquiste di libertà e promuovere la responsabilità individuale, per garantire pari opportunità, per far capire la ricchezza che sta dietro alle diversità culturali, per adottare quelle riforme che fanno crescere il Paese dal profilo sociale ed economico, per riconoscere all’educazione e alla cultura un ruolo fondamentale nella formazione dell’individuo e nell’introduzione ai valori della democrazia. Ricordiamocene il prossimo 21 ottobre.

Presentazione del 2° volume su: Stefano Franscini il politico educatore

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - in occasione della presentazione del 2° volume su: Stefano Franscini il politico educatore del 8 ottobre 2007 a Bellinzona)

Gentili signore,
egregi signori,

non ho timore di confessarvi quanta sia la mia ammirazione e quasi meraviglia nei confronti dell’operato di Stefano Franscini, per l’ampiezza e la profondità che lo caratterizzarono.
Franscini fu maestro, educatore, pedagogista.
Fu studioso di storia patria, di economia politica e soprattutto di statistica, la sua diletta statistica; autore di opere fondamentali come La Statistica della Svizzera e – quello che è considerato il suo capolavoro - La Svizzera italiana, apprezzati anche fuori dai confini cantonali e nazionali.
Fu pubblicista formidabile, capace con la sua fervida e acuminata penna di far crollare i governi.
Percorse una lunga e appassionata carriera politica che lo portò fino a sedere nelle supreme magistrature dello Stato: Segretario di Stato prima, Consigliere di Stato poi e infine Consigliere federale.
Ma fu anche deputato alla Dieta, capace di dirimere complessi problemi doganali, postali, commerciali, e diplomatico, pronto ad affrontare delicate missioni nell’esacerbato Vallese del dopo Sonderbund o tra le truppe mercenarie svizzere al soldo del Re di Napoli, accusate di massacri nei confronti di rivoltosi durante i moti popolari del ’48.
Vasta, incessante e incisiva fu l’azione di Franscini, tanto da guadagnarsi il titolo di padre della statistica Svizzera e quello di padre del Politecnico federale di Zurigo.
Ma su tutto, soprattutto per i Ticinesi, egli è stato e rimane il padre della popolare educazione.
Franscini, senza ombra di dubbio, ha legato il suo nome indissolubilmente a doppio filo alla scuola.
Non sorprende quindi troppo se quell’opera di mitizzazione che conobbe la sua figura - e che ha permesso al suo nome di perpetuarsi fino ad oggi, a 150 anni di distanza dalla sua morte, a differenza di pur altri importanti personaggi della vita politica del Ticino dell’Ottocento, caduti nell’oblìo -, sia avvenuto proprio o primariamente nella scuola.
Credo di non sbagliare dicendo che come cittadino di Faido sono tra i pochi nel Cantone ad avere la possibilità di ammirare una statua di dimensioni colossali che raffigura il Franscini nella piazza del proprio paese. Non ve ne sono altrove, né a Bellinzona, né a Lugano, né a Locarno o in altri centri del Cantone. E pure le raffigurazioni di Franscini non si contano, tanto d’aver dato vita a quello che lo storico Carlo Agliati ha chiamato un “autentico furore celebrativo”.
A parte la lapide che ovviamente si trova nel cimitero di Bodio, suo villaggio natale, e il busto del Vela nel palazzo delle Orsoline, dove troviamo l’effige del nostro Franscini?
Presso le scuole comunali di Bodio, dove campeggia una lapide marmorea voluta nel 1892 dalla Società svizzera di statistica e una lapide in marmo del 1952 di Apollonio Pessina, che ritrae Franscini fra gli alunni.
Alla ex Magistrale di Locarno, dove troviamo il volto in bronzo di Franscini, opera di Pedro Pedrazzini, e dove esisteva anche l’originale in gesso del monumento di Faido, sfregiato e bruciato nel 1968 da un vandalo.
Presso il Liceo Carlo Cattaneo, che egli creò, possiamo ammirare un altro busto marmoreo del Vela, mentre presso la casa comunale di Breno è stato collocato un basso rilievo di Emilio Brignoni.
Presso le Scuole comunali di Biasca esiste un bassorilievo di Apollonio Pessina che raffigura Stefano Franscini tra gli alunni e un altro bassorilievo sempre del Pessina si trova al Politecnico federale di Zurigo.
Mi fermo qui, in questo sin troppo lungo elenco. Ma appare evidente che al di là del caso di Bodio, di Faido e della sede del Governo, busti e lapidi di Franscini trovano ricetto essenzialmente in quell’istituzione di cui egli è unanimemente riconosciuto come il padre, cioè la scuola.
La scuola è nel contempo figlia e sacrario laico del Franscini, la depositaria della sua memoria da tramandare alle giovani generazioni. E questo sin da quando Franscini era in vita.
E’ noto l’episodio della colletta che venne organizzata per realizzare un ritratto di Franscini da collocare nelle aule scolastiche di tutto il Cantone, e che in effetti si fece dopo la sua morte, per la mano di Vincenzo Vela e che per generazioni ha accompagnato gli allievi delle nostre scuole, stampando nella loro memoria un ‘immagine divenuta patrimonio familiare dell’immaginario collettivo dei Ticinesi.
Ma il ricorso al mezzo iconografico e monumentale probabilmente sarebbe bastato a trasmettere soprattutto l’immagine del grande magistrato e del severo studioso, ma non a perpetuare quel colloquio con il popolo che caratterizza la figura del Franscini.
Nato povero e morto povero, Franscini oltre che ammirato per le sue indubbie qualità di statista, è personaggio amato per una dirittura morale esemplare, che non ha mai conosciuto cedimenti e soprattutto per quella sua umile origine sociale, inedita per un alto magistrato di quei tempi, che gli permetteva da un lato di conoscere dal di dentro l’orizzonte materiale e spirituale di quel popolo di cui continuò a spartire angustie e tribolazioni.
E allora ecco – accanto alle commemorazioni, ai libri, agli studi e ai saggi biografici – sussidi didattici più appropriati per far conoscere ai ragazzi le vicende del pastorello di Bodio, che grazie alla sua vivace intelligenza, alla sua strenua tenacia, alla sua generosa umanità riuscì a salire sino al gradino più alto del potere politico svizzero.
Una vita esemplare, per dirla con Guido Calgari, autore di una biografia romanzata del Franscini edita nel 1956 da Pedrazzini, in occasione del centenario della nascita di Franscini, riedita più volte e ancora in circolazione.
Una vita esemplare che trovava una sorta di compendio di grande fattura nel libriccino che nel 1958 lo storico Giuseppe Martinola pubblicava per le Edizioni svizzere per la gioventù, ancora offerto agli allievi di scuola elementare quarant’anni dopo, nel 1996 dal Dipartimento istruzione e cultura, in occasione del bicentenario della nascita di Franscini, in un cofanetto che conteneva l’audiocassetta del discorso di Martinola letto durante la giornata commemorativa della morte di Franscini a Bodio nel 1957 e una raccolta di testi e documenti ad uso dei docenti delle scuole elementari.
Sempre in quell’occasione le scuole medie in particolare poterono fruire di due nuove raccolte di documenti, tramite il fascicolo “Materiali e documenti di storia ticinese dell’Ottocento”, raccolti dagli esperti di storia di scuola media e tramite l’antologia dello storico Raffaello Ceschi “Stefano Franscini :”la vita e l’opera”.
Documenti compilati e presentati con rigore scientifico e cura didattica, e ormai lontani dai testi agiografici che a lungo avevano circolato nelle nostre scuole.
Non sfugga dunque come il Dipartimento dell’educazione abbia sempre curato gli anniversari fransciniani, proponendo di volta in volta alle scolaresche e agli insegnanti materiali didattici e occasioni di riflessione e approfondimento su Franscini: un tributo che è sempre parso doveroso e che ancora oggi, nell’anno del 150 della sua morte, si è voluto celebrare – crediamo - degnamente.
Oltre alla pubblicazione di una nuova edizione dell’epistolario fransciniano, che presenteremo in novembre, e che evidentemente va al di là del mondo della scuola, penso alla grande mostra allestita presso Villa Ciani a Lugano, che sta riscuotendo un ottimo successo, suscitando interesse tra i docenti e gli allievi, anche grazie ad un allestimento voluto proprio per cercare di carpire l’attenzione degli studenti e a una seconda mostra che verrà allestita nell’atrio dell’Archivio di Stato sugli scritti fransciniani e che inaugureremo in novembre.
E’ con particolare soddisfazione che ad ogni modo, al di là dei doverosi sforzi del mio Dipartimento di rinnovare il ringraziamento del paese a questo nostro padre riverito ed amato, riceviamo dei doni preziosi e inaspettati, e per questo ancor più graditi.
E’ grazie a quella passione che solo Franscini e la scuola sanno trasmettere, ad una generosità sincera, ad una volontà ammirevole e a competenze specifiche, che oggi la nostra scuola può mettere sul suo già affollato palchetto di materiali fransciniani, un altro contributo, originale e utile, voluto da uomini di scuola come Domenico Bonini, Sandro Bottani, Franco Cavani, Amleto Pedroli, Roberto Ritter, Franco Zambelloni, che ringrazio calorosamente per il lavoro svolto, assieme alla Fondazione del Giubileo del Credit Suisse, nella persona di Alberto Petruzzella per aver voluto sostenere finanziariamente ed intelligentemente questo progetto editoriale.
“Cose” e non “parole” invocava il Franscini: ed ecco dopo l’operetta presentata proprio un anno fa e distribuita nelle scuole elementari e nelle scuole medie, “Franscini e la scuola”, il secondo volume di questa antologia di scritti fransciniani, ”Stefano Franscini. Il politico educatore”, corredato anche da un CD-Rom.
Franscini sfida il tempo e raggiunge l’elettronica, ed è giusto che sia così. La scuola – sosteneva – è bene che “cammini col tempo il quale non si arresta mai”.
Ed è bene che i nostri insegnanti facciano tutti gli sforzi necessari per utilizzare con discernimento le metodologie e i mezzi didattici più appropriati per coltivare quell’educazione, quella istruzione e quella cultura, indispensabili alla crescita civile dei cittadini di una comunità.
L’educazione è in uno stato e della massima importanza e di prima necessità. Da lei dipende la formazione dei futuri cittadini, scriveva Franscini.
Il merito suo più alto rimane infatti quello di aver compreso come la scuola avesse un ruolo strategico nella realizzazione di quel progetto di modernizzazione e democratizzazione della società che egli chiamava ”incivilimento”.
Noi oggi crediamo che tale intuizione rimanga ancora centrale, pur in una società in gran parte mutata, e che gli sforzi per un sistema educativo moderno ed efficiente - di cui l’antologia che oggi presentiamo dà conto - non debbano cessare, ma anzi, visto le sfide a cui siamo chiamati, ormai planetarie, essere rafforzati.
Per questo e non per vuota retorica, continuiamo a leggere e a commemorare Franscini.