14 novembre 2007

Fatti! Contano più dei cartelloni

(da un articolo pubblicato da Gabriele Gendotti su Opinione Liberale del 11 ottobre 2007)

Vi sono due modi di fare politica: con i fatti e con i cartelloni. Preferisco il primo perché sono convinto che il compito della politica sia quello di dare risposte concrete ai problemi dei cittadini, non di far leva su paure - o presunte tali - tappezzando strade e marciapiedi con pecore bianche e pecore nere. Il livello del dibattito politico si fa sempre più scadente e i suoi contenuti sempre più inconsistenti; le parole che pensavamo di aver sepolto (ma non dimenticato perché scolpite nella memoria) come "propaganda" o "collaborazionista" stanno di nuovo e pericolosamente tornando sulla bocca di chi non ricorda qualche cinegiornale in bianco e nero o gli sconquassi delle teorie sulla superiorità della razza ariana. La scorsa settimana la destra e la sinistra non si sono fatte molti problemi nell'irrompere, in modo sfacciato, nelle attività del Parlamento federale con un dibattito vergognosamente preelettorale che nulla ha a che vedere con la gestione della cosa pubblica e gli interessi superiori di una Nazione. Ha fatto bene Fulvio Pelli a denunciare questo "show politico di democentristi e socialisti" che con la loro banalizzazione e personalizzazione della politica rendono un pessimo servizio al Paese. Per noi liberali radicali potremmo dire: oltre il danno, la beffa. Sì, perché se da un lato sappiamo di aver dato un contributo decisivo alla costruzione della Svizzera moderna dal Franscini in poi (e continuiamo a farlo affrontando i temi di fondo sui quali costruire il nostro futuro che si chiamano occupazione, riforme sociali, economiche e fiscali, sostegno all’educazione, alla ricerca, all’innovazione, ambiente, interculturalità,..), dall’altro ci siamo ormai rassegnati al fatto che l’attenzione dei media (il vero potere del Paese assieme a qualche potente lobby) si concentra sulla politica spettacolo, sui gossip, su decine di sondaggi a fondo perso, quindi non sul lavoro serio e discreto di chi pensa, propone e costruisce. È uno spettacolo triste e privo di contenuti – triviale come il Grande Fratello - che però rende e porta voti. Ma questo connubio fra uno stile di far politica sempre più urlato, superficiale, deviato - dai toni forti che spaccano il Paese in bianchi e neri - e il megafono (voluto o no poco importa) di chi avrebbe l’importantissimo compito di proporre uno spazio di mediazione delle opinioni ci sta sempre più avvicinando a una pericolosa soglia di intolleranza che prima o dopo faticheremo a gestire. Chi semina vento raccoglie tempesta. Un Partito di governo ha il compito e la responsabilità di sostenere il confronto politico – anche duro - sul piano delle idee e dei progetti, ma sempre dimostrando una volontà aggregante, capacità di ascolto, propensione alla costruzione del consenso. La politica è oggi invece divenuta cosa strana che fa leva sulle emozioni usa e getta: ci sono due poli estremi che, abilmente, continuano senza pudore a fare proposte provocatorie e al limite del temerario il cui destino è segnato sin dalla loro genesi e c’è un centro che arranca sempre più nel garantire un equilibrio politico e istituzionale di cui andavamo fieri, perché funzionava bene e perché consideravamo diverso da quello dei nostri vicini. Chi ci perde sono la democrazia e lo Stato. Dobbiamo allora celebrare il funerale dei partiti tradizionali e abbandonarci alla demagogia e al populismo degli uni (a sinistra) e degli altri (a destra)? Mai! Anche perché in politica, come nelle maratone, conta avere fiato a lungo termine al di là dell’effimero e delle mode. Ma se è vero che i Partiti si sono (erano?) sempre più identificati come organismi dello Stato, la loro legittimazione dipenderà dalla loro capacità di ristabilire un forte legame con le cittadine e di cittadini e di riaffermare la loro forza propositiva che li metta nella condizione di non dover subire gli umori della politica-spettacolo, bensì “di individuare, selezionare e pilotare le grandi ristrutturazioni economiche e sociali”. Gli effetti della politica che vende paure e butta benzina sul fuoco li abbiamo visti ancora sabato scorso a Berna. È il Paese che vogliamo? No, noi liberali radicali non possiamo adagiarci su queste derive della politica. Forti dei nostri valori di sempre dobbiamo continuare a batterci per proteggere la dignità dell’uomo, per difendere le conquiste di libertà e promuovere la responsabilità individuale, per garantire pari opportunità, per far capire la ricchezza che sta dietro alle diversità culturali, per adottare quelle riforme che fanno crescere il Paese dal profilo sociale ed economico, per riconoscere all’educazione e alla cultura un ruolo fondamentale nella formazione dell’individuo e nell’introduzione ai valori della democrazia. Ricordiamocene il prossimo 21 ottobre.