14 novembre 2007

Presentazione del 2° volume su: Stefano Franscini il politico educatore

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - in occasione della presentazione del 2° volume su: Stefano Franscini il politico educatore del 8 ottobre 2007 a Bellinzona)

Gentili signore,
egregi signori,

non ho timore di confessarvi quanta sia la mia ammirazione e quasi meraviglia nei confronti dell’operato di Stefano Franscini, per l’ampiezza e la profondità che lo caratterizzarono.
Franscini fu maestro, educatore, pedagogista.
Fu studioso di storia patria, di economia politica e soprattutto di statistica, la sua diletta statistica; autore di opere fondamentali come La Statistica della Svizzera e – quello che è considerato il suo capolavoro - La Svizzera italiana, apprezzati anche fuori dai confini cantonali e nazionali.
Fu pubblicista formidabile, capace con la sua fervida e acuminata penna di far crollare i governi.
Percorse una lunga e appassionata carriera politica che lo portò fino a sedere nelle supreme magistrature dello Stato: Segretario di Stato prima, Consigliere di Stato poi e infine Consigliere federale.
Ma fu anche deputato alla Dieta, capace di dirimere complessi problemi doganali, postali, commerciali, e diplomatico, pronto ad affrontare delicate missioni nell’esacerbato Vallese del dopo Sonderbund o tra le truppe mercenarie svizzere al soldo del Re di Napoli, accusate di massacri nei confronti di rivoltosi durante i moti popolari del ’48.
Vasta, incessante e incisiva fu l’azione di Franscini, tanto da guadagnarsi il titolo di padre della statistica Svizzera e quello di padre del Politecnico federale di Zurigo.
Ma su tutto, soprattutto per i Ticinesi, egli è stato e rimane il padre della popolare educazione.
Franscini, senza ombra di dubbio, ha legato il suo nome indissolubilmente a doppio filo alla scuola.
Non sorprende quindi troppo se quell’opera di mitizzazione che conobbe la sua figura - e che ha permesso al suo nome di perpetuarsi fino ad oggi, a 150 anni di distanza dalla sua morte, a differenza di pur altri importanti personaggi della vita politica del Ticino dell’Ottocento, caduti nell’oblìo -, sia avvenuto proprio o primariamente nella scuola.
Credo di non sbagliare dicendo che come cittadino di Faido sono tra i pochi nel Cantone ad avere la possibilità di ammirare una statua di dimensioni colossali che raffigura il Franscini nella piazza del proprio paese. Non ve ne sono altrove, né a Bellinzona, né a Lugano, né a Locarno o in altri centri del Cantone. E pure le raffigurazioni di Franscini non si contano, tanto d’aver dato vita a quello che lo storico Carlo Agliati ha chiamato un “autentico furore celebrativo”.
A parte la lapide che ovviamente si trova nel cimitero di Bodio, suo villaggio natale, e il busto del Vela nel palazzo delle Orsoline, dove troviamo l’effige del nostro Franscini?
Presso le scuole comunali di Bodio, dove campeggia una lapide marmorea voluta nel 1892 dalla Società svizzera di statistica e una lapide in marmo del 1952 di Apollonio Pessina, che ritrae Franscini fra gli alunni.
Alla ex Magistrale di Locarno, dove troviamo il volto in bronzo di Franscini, opera di Pedro Pedrazzini, e dove esisteva anche l’originale in gesso del monumento di Faido, sfregiato e bruciato nel 1968 da un vandalo.
Presso il Liceo Carlo Cattaneo, che egli creò, possiamo ammirare un altro busto marmoreo del Vela, mentre presso la casa comunale di Breno è stato collocato un basso rilievo di Emilio Brignoni.
Presso le Scuole comunali di Biasca esiste un bassorilievo di Apollonio Pessina che raffigura Stefano Franscini tra gli alunni e un altro bassorilievo sempre del Pessina si trova al Politecnico federale di Zurigo.
Mi fermo qui, in questo sin troppo lungo elenco. Ma appare evidente che al di là del caso di Bodio, di Faido e della sede del Governo, busti e lapidi di Franscini trovano ricetto essenzialmente in quell’istituzione di cui egli è unanimemente riconosciuto come il padre, cioè la scuola.
La scuola è nel contempo figlia e sacrario laico del Franscini, la depositaria della sua memoria da tramandare alle giovani generazioni. E questo sin da quando Franscini era in vita.
E’ noto l’episodio della colletta che venne organizzata per realizzare un ritratto di Franscini da collocare nelle aule scolastiche di tutto il Cantone, e che in effetti si fece dopo la sua morte, per la mano di Vincenzo Vela e che per generazioni ha accompagnato gli allievi delle nostre scuole, stampando nella loro memoria un ‘immagine divenuta patrimonio familiare dell’immaginario collettivo dei Ticinesi.
Ma il ricorso al mezzo iconografico e monumentale probabilmente sarebbe bastato a trasmettere soprattutto l’immagine del grande magistrato e del severo studioso, ma non a perpetuare quel colloquio con il popolo che caratterizza la figura del Franscini.
Nato povero e morto povero, Franscini oltre che ammirato per le sue indubbie qualità di statista, è personaggio amato per una dirittura morale esemplare, che non ha mai conosciuto cedimenti e soprattutto per quella sua umile origine sociale, inedita per un alto magistrato di quei tempi, che gli permetteva da un lato di conoscere dal di dentro l’orizzonte materiale e spirituale di quel popolo di cui continuò a spartire angustie e tribolazioni.
E allora ecco – accanto alle commemorazioni, ai libri, agli studi e ai saggi biografici – sussidi didattici più appropriati per far conoscere ai ragazzi le vicende del pastorello di Bodio, che grazie alla sua vivace intelligenza, alla sua strenua tenacia, alla sua generosa umanità riuscì a salire sino al gradino più alto del potere politico svizzero.
Una vita esemplare, per dirla con Guido Calgari, autore di una biografia romanzata del Franscini edita nel 1956 da Pedrazzini, in occasione del centenario della nascita di Franscini, riedita più volte e ancora in circolazione.
Una vita esemplare che trovava una sorta di compendio di grande fattura nel libriccino che nel 1958 lo storico Giuseppe Martinola pubblicava per le Edizioni svizzere per la gioventù, ancora offerto agli allievi di scuola elementare quarant’anni dopo, nel 1996 dal Dipartimento istruzione e cultura, in occasione del bicentenario della nascita di Franscini, in un cofanetto che conteneva l’audiocassetta del discorso di Martinola letto durante la giornata commemorativa della morte di Franscini a Bodio nel 1957 e una raccolta di testi e documenti ad uso dei docenti delle scuole elementari.
Sempre in quell’occasione le scuole medie in particolare poterono fruire di due nuove raccolte di documenti, tramite il fascicolo “Materiali e documenti di storia ticinese dell’Ottocento”, raccolti dagli esperti di storia di scuola media e tramite l’antologia dello storico Raffaello Ceschi “Stefano Franscini :”la vita e l’opera”.
Documenti compilati e presentati con rigore scientifico e cura didattica, e ormai lontani dai testi agiografici che a lungo avevano circolato nelle nostre scuole.
Non sfugga dunque come il Dipartimento dell’educazione abbia sempre curato gli anniversari fransciniani, proponendo di volta in volta alle scolaresche e agli insegnanti materiali didattici e occasioni di riflessione e approfondimento su Franscini: un tributo che è sempre parso doveroso e che ancora oggi, nell’anno del 150 della sua morte, si è voluto celebrare – crediamo - degnamente.
Oltre alla pubblicazione di una nuova edizione dell’epistolario fransciniano, che presenteremo in novembre, e che evidentemente va al di là del mondo della scuola, penso alla grande mostra allestita presso Villa Ciani a Lugano, che sta riscuotendo un ottimo successo, suscitando interesse tra i docenti e gli allievi, anche grazie ad un allestimento voluto proprio per cercare di carpire l’attenzione degli studenti e a una seconda mostra che verrà allestita nell’atrio dell’Archivio di Stato sugli scritti fransciniani e che inaugureremo in novembre.
E’ con particolare soddisfazione che ad ogni modo, al di là dei doverosi sforzi del mio Dipartimento di rinnovare il ringraziamento del paese a questo nostro padre riverito ed amato, riceviamo dei doni preziosi e inaspettati, e per questo ancor più graditi.
E’ grazie a quella passione che solo Franscini e la scuola sanno trasmettere, ad una generosità sincera, ad una volontà ammirevole e a competenze specifiche, che oggi la nostra scuola può mettere sul suo già affollato palchetto di materiali fransciniani, un altro contributo, originale e utile, voluto da uomini di scuola come Domenico Bonini, Sandro Bottani, Franco Cavani, Amleto Pedroli, Roberto Ritter, Franco Zambelloni, che ringrazio calorosamente per il lavoro svolto, assieme alla Fondazione del Giubileo del Credit Suisse, nella persona di Alberto Petruzzella per aver voluto sostenere finanziariamente ed intelligentemente questo progetto editoriale.
“Cose” e non “parole” invocava il Franscini: ed ecco dopo l’operetta presentata proprio un anno fa e distribuita nelle scuole elementari e nelle scuole medie, “Franscini e la scuola”, il secondo volume di questa antologia di scritti fransciniani, ”Stefano Franscini. Il politico educatore”, corredato anche da un CD-Rom.
Franscini sfida il tempo e raggiunge l’elettronica, ed è giusto che sia così. La scuola – sosteneva – è bene che “cammini col tempo il quale non si arresta mai”.
Ed è bene che i nostri insegnanti facciano tutti gli sforzi necessari per utilizzare con discernimento le metodologie e i mezzi didattici più appropriati per coltivare quell’educazione, quella istruzione e quella cultura, indispensabili alla crescita civile dei cittadini di una comunità.
L’educazione è in uno stato e della massima importanza e di prima necessità. Da lei dipende la formazione dei futuri cittadini, scriveva Franscini.
Il merito suo più alto rimane infatti quello di aver compreso come la scuola avesse un ruolo strategico nella realizzazione di quel progetto di modernizzazione e democratizzazione della società che egli chiamava ”incivilimento”.
Noi oggi crediamo che tale intuizione rimanga ancora centrale, pur in una società in gran parte mutata, e che gli sforzi per un sistema educativo moderno ed efficiente - di cui l’antologia che oggi presentiamo dà conto - non debbano cessare, ma anzi, visto le sfide a cui siamo chiamati, ormai planetarie, essere rafforzati.
Per questo e non per vuota retorica, continuiamo a leggere e a commemorare Franscini.