14 marzo 2007

Osservatorio culturale del Cantone Ticino


(Intervento di Gabriele Gendotti - Consigliere di Stato e Direttore del DECS - in occasione del "lancio" e della presentazione ufficiale del progetto web "Osservatorio culturale del Cantone Ticino" di venerdì 9 marzo 2007 a Bellinzona)


Gentili Signore e Signori,

è con grande piacere che intervengo qui oggi alla presentazione dell’”Osservatorio culturale” del Cantone Ticino.

Una piattaforma digitale, come vi verrà spiegato più avanti dai responsabili tecnici e operativi del progetto, che dota il Cantone di un nuovo strumento autonomo:
- per informare su quanto si fa in campo culturale negli uffici e negli istituti del Dipartimento che dirigo, fin qui rimasti forse troppo in ombra da una massa di informazioni che investe i cittadini per quanto concerne soprattutto altri settori dell’attività dello Stato;
- per informare altresì delle iniziative e degli eventi che vengono organizzati sul territorio cantonale;
- per infine valorizzare un lavoro imponente per quantità e spesso rilevante per qualità, che distingue le iniziative culturali presenti ormai tutto l’anno sul territorio cantonale.

Non nascondo che la ricchezza di questa offerta, in campo artistico, museale, teatrale, musicale, cinematografico, a volte può anche dare un senso di vertigine. Il territorio è limitato, e da tempo sono stati limitati anche in questi settori gli investimenti e le risorse. Tuttavia non sembra arrestarsi una tendenza che potremmo chiamare di crescita a proliferazione corallina. Una crescita che non è di oggi né che è peculiare al Ticino.

Come leggere questo fenomeno per certi versi ambiguo?
Da un lato, come segno positivo di vitalità, di fermento, di capacità culturale e imprenditoriale; in più di un caso di slancio generoso e disinteressato, spesso legato all’energia di singole personalità dalle capacità artistiche o di studio non comuni. Dall’altro, però, come un segno preoccupante di frammentazione, di disordine, di discordanza, alimentata da una limitata capacità di pianificazione e di collaborazione.

La situazione è ben conosciuta dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport ed è ingeneroso chi sostiene che esso, fino ad ora, è stato essenzialmente a guardare. Basti dire che già negli anni Ottanta, il Dipartimento aveva incaricato il prof. Franco Zambelloni di tracciare delle Indicazioni per una politica culturale cantonale (l’articolato rapporto venne consegnato nel 1988). Numerose tendenze che oggi vediamo pienamente in atto erano già state individuate in quel lavoro.

Il Dipartimento incentrò tuttavia la sua azione essenzialmente su una direttiva: dotare il Cantone di istituti culturali attrezzati ed efficienti, il che parve, e a giusta ragione, il primo passo da compiere per realizzare una serie di infrastrutture che potessero dare con certezza e in modo moderno strumenti indispensabili per assicurare un futuro duraturo e fuori dalle secche del precariato (di spazi, di strumenti, di formazione) per affrontare il lavoro nei diversi settori culturali.
Penso alla creazione di una Sezione culturale, prima inesistente, alla modernizzazione e alla informatizzazione delle biblioteche cantonali e alla creazione del sistema bibliotecario cantonale, all’edificazione del Centro Stefano Franscini, in cui ci troviamo, che raduna l'Archivio di Stato, la Biblioteca cantonale, il Centro di dialettologia e etnografia del DECS e l'Ufficio dei beni culturali del Dipartimento del Territorio con un innegabile rafforzamento delle collaborazioni e delle sinergie, ma anche della razionalizzazione. Lo sforzo è stato notevole, i risultati apprezzabili. Affermare che non sia visibile una politica culturale del Dipartimento significa perlomeno difettare in miopia.

Ciò non vuol dire evidentemente che tutti i problemi siano ormai risolti, che non siano avvertibili margini di miglioramento, di azioni più incisive, magari di impegno più profilato. Alcune situazioni nel frattempo sono anche mutate, alcuni elementi di criticità si sono fatti più acuti, le trasformazioni economiche, sociali, culturali, formative e del territorio, sono evolute con una notevole accelerazione.

Il ruolo dello Stato
Vogliamo tuttavia sbarazzare subito il campo da una pregiudiziale, che concerne il ruolo dello Stato, nel settore della cultura, come in altri campi. Allo Stato incombe come compito primario quello di creare, come si dice oggi, le condizioni quadro affinché in modo libero e fuori da condizionamenti, i diversi operatori culturali e i diversi artisti possano trovare la loro via per esercitare liberamente la loro arte, la loro missione culturale, la loro creatività.
A noi interessa offrire gli strumenti che garantiscano pari opportunità per saper promuovere e valorizzare progetti di segno anche opposto, se portatori di serietà, di professionalità, di qualità.

Crediamo che l’offerta di strumenti di base efficienti e gratuiti (biblioteche, archivi, pubblicazioni specialistiche, ecc.), la garanzia della libertà e la valorizzazione della pluralità di voci sia il migliore viatico per una cultura capace di esprimere tutta la complessità della nostra società.

L’”Osservatorio culturale” del Cantone Ticino vuole essere un nuovo strumento per migliorare l’informazione inerente a offerte, progetti, formazione, legislazione in campo culturale e per facilitare un approccio al coordinamento, alla collaborazione, alle sinergie. Essenzialmente tramite una miglior conoscenza di quanto già si fa e si farà, monitorando i settori d’attività e consegnando ai responsabili politici e agli operatori culturali una serie di dati e informazioni utili per meglio indirizzare i propri interventi e per riflettere criticamente sul loro operato.

Un servizio in vista di una politica culturale di Stato? Assolutamente no. Piuttosto l’Osservatorio dovrà essere e diventare in breve tempo un organismo, un dispositivo autonomo in grado di misurare e monitorare i numeri della cultura, e soprattutto in grado di suggerire delle strategie di politica culturale che ci consentano di migliorare l’efficace e l’efficienza della nostra azione.

Si celebrano quest’anno i 150° della morte di Stefano Franscini. Il grande statista leventinese ci ha insegnato, con i suoi studi statistici, come sia necessaria, per un’azione dello Stato razionale, affidarci a studi preventivi improntati alla scientificità, piuttosto che alle impressioni a volte ingannevoli, tanto meno alla vuota retorica.

Crediamo che anche per la cultura – vitale settore della qualità della nostra vita – l’insegnamento rimanga valido.

Concludo: in sintonia con le Linee direttive, l'Osservatorio culturale che presentiamo oggi vuole essere uno strumento di primaria importanza in grado di favorire una politica culturale coerente e coordinata e di suggerire delle strategie per la miglior valorizzazione possibile delle risorse disponibili.

Grazie per l’attenzione.