10 febbraio 2007

Congresso cantonale PLRT




(Intervento di Gabriele Gendotti al Congresso cantonale PLRT di sabato 10 febbraio 2007 a Chiasso)

[fa stato il testo parlato]

Presidente,
amiche e cari amici liberali radicali,

ci sono sondaggi che ci danno in forte calo di consensi. Addirittura dietro il PS. È poco credibile. Diamo il giusto peso a questi sondaggi, ma comunque prendiamoli sul serio: confermano delle tendenze e il voto senza intestazione è la nostra principale preoccupazione.

Se ascoltiamo la nostra base ci rendiamo conto che parecchi liberali radicali, da sempre vicini al Partito, lo guardano ora con una certa disillusione e amarezza, sulla scia dei vari fiscogate, dello sperpero Stinca e di asfaltopoli. Sono situazioni imbarazzanti che non riguardano solo il nostro Partito: penso al processo BancaStato, al caso SUVA o alla questione dei mandati. Noi abbiamo il dovere di affrontare queste situazioni con decisione e di evitare giustificazioni poco credibili.

Sul perché del problema più o meno ci siamo. Dobbiamo ora chiederci come recuperare la perdita di fiducia di una parte del nostro elettorato.

Primo: poiché, ve l’assicuro abbiamo lavorato sodo, dobbiamo anzitutto dire cosa abbiamo fatto.
Non mi piace parlare di me perché si corre il rischio di diventare autoreferenziali e sospetti. Ma quando leggi commenti del tipo - cito - "dopo questi eventi storici" - USI e SUPSI - "forse poco c'era da fare ma sicuramente ancor meno è stato fatto nella scuola" ho un sussulto di orgoglio. Non solo per me, ma anche per tutti quelli - dai funzionari ai docenti - che in questo quadriennio si sono impegnati a fondo per far crescere il Ticino della conoscenza.

Non farò la lista di quanto realizzato. Sottolineo però che in questi anni di vacche magre e di perenne lotta per trovare le risorse per fare politica - e non semplice contabilità:
- è stata creata una facoltà di scienze informatiche all'USI
- è stato istituito un Dipartimento di sanità alla SUPSI;
- USI e SUPSI hanno avviato un innovativo master in informatica;
- è stata varata un'importante riforma della scuola media non da ultimo attraverso il potenziamento dell’insegnamento dell’italiano e la modifica dell’impostazione dell’insegnamento delle lingue straniere;
- sono stati realizzati centri di competenza nelle scuole professionali e istituite scuole specializzate superiori;
- ci siamo battuti a Berna per confermare il nostro sistema scolastico nell'ambito di HarmoS e per contrastare alcune riforme – come quella dei nostri licei - che non tengono in considerazione conquiste ed esperienze della scuola pubblica ticinese;
- si sono costruite e riattate scuole; ristrutturate biblioteche, anche quella di Lugano, cosa che non era riuscita a ben quattro miei predecessori;
- abbiamo promosso eventi culturali e sostenuto la realizzazione di impianti sportivi.

Abbiamo affrontato, purtroppo con scarso successo, la questione della revisione dei compiti dello stato: è iniziata bene nel 2005, senza vincoli dettati dal dipartimentalismo. Poi nel 2006 è di nuovo finita su un binario morto, vittima delle solite difese ad oltranza, delle piccole logiche di bottega che non permettono a 2 partiti e mezzo di governo di prendere anche qualche decisione che scontenta le clientele e non asseconda le mode effimere del populismo nostrano.

Sono gli effetti di una democrazia sotto pressione, per dirla con Dahrendorf, una sorta di dittatura esercitata da media e da sondaggi, di campagne elettorali che durano 4 anni, di burocrazie che strozzano le libertà, ma anche di riprese economiche che non generano occupazione.

Ci siamo impegnati per un risanamento dei conti dello Stato, o almeno per indurre un'inversione di tendenza. Lo abbiamo fatto con misure anche dolorose e impopolari. Il mio Dipartimento ha fatto la sua parte e il popolo ha avallato le misure proposte.

Ci siamo resi conto che è facile e popolare proporre sgravi fiscali o distribuire sussidi a destra e a manca; è un po' meno facile trovare soluzioni equilibrate, attuabili e condivise che non spaccano il Paese.

Non mi sono tirato indietro nemmeno quando ho deciso di assumere fino in fondo il mio ruolo e le mie responsabilità di uomo di Stato al servizio del Paese. Ci sono momenti in cui un magistrato è chiamato ad adottare decisioni che umanamente non vorrebbe mai prendere. Ma il magistrato ha dei doveri nei confronti della collettività a cui non può sottrarsi: se lo facesse avrebbe sbagliato mestiere.

Secondo: dire cosa vogliamo fare
Chiediamoci dapprima quali sono i problemi reali dei ticinesi?
- sono l’occupazione, soprattutto fra i giovani e gli ultimi dati ci confermano che in Ticino cresce in misura maggiore che in ogni altra parte della Svizzera;
- sono la violenza e la conflittualità che si traducono in sentimenti di insicurezza e di ingiustizia;
- sono la formazione, ossia la necessità di garantire una scuola di qualità e pari opportunità per tutti;
- sono l’interculturalità, cioè il bisogno di far convivere e dialogare lingue e culture diverse nel rispetto della nostra identità;
- sono l’ambiente e il territorio, oramai sempre più bistrattati e sotto pressione, con effetti preoccupanti per la nostra qualità di vita.

Ma non basta riconoscere i problemi. Bisogna saperli affrontare per trovare soluzioni concrete:
- qualità della formazione: non abbiamo dimenticato PISA; è un campanello d'allarme che prendiamo molto sul serio. Puntiamo sul monitoraggio della qualità della nostra scuola attraverso un approccio scientifico a tutto campo e senza tabù; dovremo rivedere programmi, consolidare la formazione e l’aggiornamento dei docenti;
- violenza nelle scuole: quando sostenevo la necessità di affrontare con rigore la gestione dei casi ingestibili - 50/80 in tutto - non ebbi un sensibile riscontro; ora le famiglie e i docenti chiedono di intervenire. Stiamo lavorando su progetti che vanno dalla creazione di cosiddette "zone tampone" all'interno degli istituti, al collocamento in strutture con scolarizzazione interna;
- occupazione: non si tratta solo di garantire un posto di apprendistato per tutti - obiettivo che il Ticino, a differenza di altri, già raggiunge - ma di adottare strumenti concreti per il loro inserimento nel mondo del lavoro. Un esempio è il progetto ARI (Apprendisti, Ricerca, Impiego) che ha permesso di collocare in un solo anno 300 giovani dopo la formazione. Agli 8'163 disoccupati interessano poco le statistiche. Vogliono risposte concrete attraverso aiuti individuali - che ad esempio stimolano i ticinesi a riscoprire il gusto del “mettersi in proprio” - e un’economia in crescita capace di generare nuovi posti di lavoro;
- ricerca: la ricerca di base è in crescita all’USI; così come cresce quella applicata alla SUPSI svolta in collaborazione con l’economia. Per gli istituti di ricerca come l’IRB, lo IOSI, il CSCS abbiamo previsto 15 mio per investimenti che creeranno conoscenza e posti di lavoro altamente qualificati.
- politica culturale: stiamo mettendo a punto, e si tratta di un unicum in Svizzera, un osservatorio delle politiche culturali che consentirà di monitorare la realtà culturale del nostro Paese, di elaborare e coordinare vere strategie di intervento;
- strutture: daremo avvio al più presto alla realizzazione del nuovo campus USI-SUPSI di Lugano con investimenti per un’ottantina di mio di fr.

Nel prossimo quadriennio rimarrà comunque prioritario l'obiettivo del risanamento finanziario dello Stato, premessa indispensabile per tornare a fare politica. Dopodiché potremo riprendere il discorso della competitività fiscale, elemento importante, ma non unico, per la crescita economica.

Terzo: ribadire i nostri valori
Torno al punto di partenza per dire che non possiamo eludere la questione morale. È giusto che se ne parli; che si metta a profitto un momento difficile per ribadire senza cedimenti i nostri principi di liberali radicali: la correttezza, la trasparenza, la coerenza, senza le quali è impossibile instaurare un rapporto di fiducia fra i cittadini, le istituzioni e i loro rappresentanti.

Lo so che per qualcuno la questione morale non sussiste. Ebbene - per intenderci meglio - parliamo semplicemente di onestà politica. Si è politicamente disonesti - sostiene Bobbio - quando l'azione del politico non persegue il vantaggio del corpo sociale, ma il suo o del suo gruppo. In questo modo sbarazziamo il campo dalle ambiguità di chi confonde ad arte il moralismo con l'etica pubblica. Il moralismo si applica alla morale corrente e concerne il singolo e il privato. L'etica pubblica ha a che fare con il bene collettivo. Ogni qualvolta noi politici ci comportiamo in contrasto con questo fine fondamentale, violiamo l'etica pubblica.

La fiducia nel sistema è fondamento della democrazia. Se viene meno si fa strada il solito e collaudato populismo demagogico che non si traduce mai in una politica progettuale. È compito del nostro Partito rinsaldare il rapporto di fiducia con i nostri cittadini attraverso:
- la riaffermazione dei suoi valori: equità, giustizia, solidarietà, tolleranza;
- la difesa di uno Stato forte e laico in grado di assicurare stabilità e di dettare le regole del gioco senza essere invadente;
- la ricerca di un efficace equilibrio tra la funzione imprescindibile del servizio pubblico e il libero mercato;
- l’affermazione della responsabilità individuale e il riconoscimento delle iniziative e delle capacità imprenditoriali;
- il sostegno a una politica sociale che aiuti chi ha veramente bisogno e che sappia correggere le distorsioni dell'attuale sistema; penso alle 300 famiglie senza figli e con un reddito lordo che supera i 100'000 franchi o penso alle 434 persone sole con un reddito di riferimento lordo superiore ai 100'000 franchi che ricevono i sussidi di cassa malati.

Insomma, credo in un Partito che non è più disposto di farsi cucinare a fuoco lento dagli altri, come è successo nell'ultimo anno. Abbiamo indugiato troppo quando si è trattato di affrontare questioni delicate. Meglio tardi che mai: adesso le stiamo affrontando in modo trasparente e nel contesto più adeguato. E mi viene da sorridere quando vedo l'imbarazzo di quel PPD dell'"abbiamo fatto tutto noi" che non sa più come fare a buttar via, senza farsi accorgere, la chiave di un qualche armadio.

Mi avvio alla conclusione.
Le vicende recenti hanno posto il problema centrale - e lo ribadisco - della fiducia fra classe politica e cittadini, fra governanti e società civile. La classe politica risulta credibile e affidabile se è vista come élite della società e per la società; in poche parole come élite che si fa credibilmente interprete dell’interesse comune e se i suoi valori sono i valori della società.

Oggi sono in molti a vedere la classe politica come l’espressione di un elitismo frazionista e disgregatore che agisce in netta contrapposizione col bene comune: i vari scandali che si sono succeduti hanno intaccato la fiducia degli elettori negli eletti, ma cosa ben più grave nel Partito.

Di qui l'esigenza di ripristinare il primato dell’etica pubblica come referente imprescindibile dell’agire politico. Di qui la necessità di riaffermare il primato dell’interesse pubblico su qualsiasi considerazione partigiana e su qualsiasi interesse di parte. Di qui l’esigenza di fare pulizia là dove la pulizia deve essere fatta. Lo dobbiamo agli ideali che hanno plasmato il nostro Partito che - ricordiamolo - ha sempre fatto del rigore e della correttezza la sua bandiera.

Amiche e amici, questa sala è colma di gente che condivide i medesimi ideali di libertà. Se guardo questa sala vedo il Ticino in cui mi riconosco: non tanto il cosiddetto Ticino che conta, ma il Ticino che crede nelle sue forze, che pensa, il Ticino che lavora e produce, il Ticino che si riunisce attorno a un partito interclassista dove tutti hanno qualcosa da dire e dove tutti sanno di essere ascoltati. Vedo donne e uomini, giovani e meno giovani, che sono liberi professionisti, docenti, direttori di banca, studenti, casalinghe, artigiani, funzionari federali e cantonali, fiduciari, ferrovieri e buralisti postali. Vedo agricoltori e anche un candidato al Parlamento spazzacamino (che ci porti fortuna!).

No, amiche ed amici, non possiamo rimanere impassibili davanti agli appetiti di chi - PS, PPD e Lega - partecipa d'un canto alla gestione del potere in Consiglio di Stato, dall'altro persegue una politica di opposizione sistematica in Parlamento. E in più rivendica la leadership del Cantone!

Concludo. 150 anni di storia non si cancellano con un colpo di spugna: abbiamo idee, proposte, contenuti progettuali e programmatici, valori importanti da mettere in campo. Se sapremo unire razionalità e passione, equilibrio politico, correttezza e capacità di coinvolgimento riconfermeremo il primato che ci appartiene. È la logica della continuità per il bene del Paese.