05 marzo 2007

HarmoS: Il Cantone ascoltato


(Contributo di Gabriele Gendotti - Consigliere di Stato e Direttore del DECS - pubblicato su il "Giornale del Popolo" di sabato 3 marzo 2007)

Il Cantone ascoltato

Da quando si è cominciato a parlare di un accordo intercantonale sull’armonizzazione scolastica abbiamo sempre sostenuto che armonizzare non vuol dire uniformare. Lo spazio formativo svizzero è un insieme di sistemi cantonali, specchio non solo di tradizioni locali e della diversità delle culture e delle lingue che compongono il nostro Paese, ma anche di decisioni politiche a livello cantonale che hanno reso possibile l’implementazione, per esempio nel nostro cantone, di strutture scolastiche innovatrici, come quelle prescolastiche a orario continuato. Sono decisioni d’importanza non solo pedadogico-didattica, ma anche sociale. L’Assemblea della Conferenza svizzera dei direttori della pubblica educazione ci ha ascoltati: il progetto di una scuola elementare di sei anni e di una scuola media di tre, proposto dall’Accordo intercantonale HarmoS, non s’addice al Ticino. Infatti, non è nello spirito di un progetto di armonizzazione obbligare un cantone a stravolgere il suo sistema scolastico, con gravi ripercussioni sulla suddivisione delle competenze tra comuni e cantone, sulla politica delle assunzioni e dei licenziamenti di docenti dell’uno e dell’altro grado di scuola, sulla pianificazione dell’edilizia scolastica e sui contenuti dei programmi di studio. Abbiamo difeso il principio secondo cui l’armonizzazione, che non può cancellare l’efficacia e l’efficienza di riforme scolastiche già introdotte, dev’essere attuata a livello delle diverse regioni linguistiche e culturali.

Da tempo ci occupiamo della difesa della lingua e della cultura italiana. Ci siamo battuti perché l’offerta dell’insegnamento di una terza lingua nazionale nella scuola dell’obbligo sia possibile in ogni cantone: è una richiesta che rispetta lo spirito del progetto di legge federale sulle lingue nazionali, considera fondamentale la comprensione tra le comunità linguistiche e interpreta il plurilinguismo come strumento di coesione nazionale. Accanto ad argomentazioni di natura utilitaristica, che attribuiscono all’inglese l’importanza che ha nel mondo di oggi e che nessuno contesta, devono pur sopravvivere anche riflessioni di natura culturale e politica che hanno plasmato valori sui quali abbiamo costruito il nostro Paese. Anche in questo ambito siamo stati ascoltati.

L’inizio dell’obbligatorietà scolastica è fissato a 4 anni, compiuti, secondo il progetto HarmoS, entro il 30 giugno. La nostra proposta di portare al 30 settembre questa data non è stata accolta. Tuttavia è stata posticipata al 31 luglio. Ci rendiamo conto che la decisione ci porrà qualche problema. Riteniamo però che nel settore della scuola dell’infanzia disponiamo di un’esperienza pluriennale che ci consentirà di adattarci senza grandi problemi alle norme dell’Accordo. Forse a qualcuno darà un po’ fastidio l’obbligo di frequentare la scuola a 4 e a 5 anni. Ricordiamo però che già oggi praticamente tutti i bambini ticinesi di quell’età la frequentano. Non è solo un problema di educazione; è anche una necessità per molte famiglie. Rimane comunque la possibilità di entrare alla scuola a 3 anni, come già oggi avviene dei nostri bambini di questa età. L’aver precorso i tempi nel settore del prescolastico ci mette in una posizione di vantaggio rispetto ad altri cantoni.

I cantoni avranno 6 anni di tempo per adeguarsi all’Accordo. L’essere stati ascoltati negli aspetti più significativi per il nostro cantone apre le porte all’adesione all’Accordo da parte del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio. Abbiamo esaminato la proposta di Accordo con oggettività, convinti da un lato che occorre armonizzare 26 sistemi scolastici affinché lo spazio formativo svizzero ne esca rafforzato, se messo a confronto con quello di altri paesi, convinti d’altro lato della necessità di salvaguardare le peculiarità delle singole culture. Siamo riusciti a farci ascoltare perché è sempre stato così quando il Ticino si presenta nei consessi federali compatto, consapevole della propria forza e della bontà delle proprie idee e realizzazioni. Ma è anche il risultato di un lavoro di squadra a livello di dipartimento, durante il quale ognuno mette a disposizione le proprie competenze perché sia raggiunto l’obiettivo comune, che vuol dire anche impegnarsi affinché siano riconosciuti i meriti del cantone.

Prendo atto che anche in questo clima un po’ kafkiano di una campagna elettorale “personalizzata” e a colpi di slogan, le soddisfazioni della politica passano attraverso le realizzazioni e il raggiungimento degli obiettivi concreti.