05 marzo 2007

Giovani e violenza


(Contributo di Gabriele Gendotti - Consigliere di Stato e Direttore del DECS - pubblicato sul "Corriere del Ticino" di sabato 3 marzo 2007)

Della violenza tra i banchi di scuola

Partecipo spesso a consegne di attestati e diplomi: incontro sempre molti giovani impegnati, responsabili e fiduciosi nel futuro: una bella gioventù che lavora e ha progetti per la vita. Purtroppo sovente si parla di giovani da un'altra prospettiva: quella della violenza. Sono pochi casi, ma sono quelli che fanno notizia.

L’UDC vuole che si introducano misure di repressione, come l’espulsione dei genitori di minorenni stranieri colpevoli di delitti; il PPD è dell’opinione che si promulghi una nuova legge quadro sulla protezione dei giovani; il PLR e il PS si battono per una migliore integrazione professionale e sociale dei giovani.

“Genitori cercansi” è il titolo di un commento in cui si sottolinea l’importanza di un forte rapporto emozionale tra genitori e figli per la formazione del carattere del futuro adolescente e si considerano i genitori come primi responsabili dell’educazione dei figli. E’ risaputo, tuttavia, che il concetto stesso di famiglia ha subíto in questi anni una grande trasformazione per quel che concerne il ruolo dei genitori come sostegno e guida o come punto di riferimento nel campo della difesa dei valori culturali che stanno alla base della convivenza e del rispetto altrui. La trasmissione ai giovani dei valori ai quali riferirsi “per risolvere conflitti e per affrontare le differenze” è compito della scuola e ancora di più della famiglia. E fortunatamente ci sono ancora famiglie pronte a condividere con i docenti questa responsabilità. Ma, purtroppo, quando i rapporti familiari sono in crisi, quella trasmissione diventa difficile e regolarmente ricade sulle spalle dei docenti.

Succede sempre più anche nelle nostre scuole che l’ambiente venga turbato da comportamenti non attesi o divergenti, all’origine dei “casi difficili”. Il DECS ha incaricato i suoi servizi di descrivere il quadro della situazione attuale in relazione alle tipologie di disadattamento, l’assenteismo, i disturbi gravi di comportamento e le varie possibilità di modelli scolastici, dal modello segregativo alla sospensione a tempo indeterminato, dalla formazione di classi speciali a classi atelier in preparazione dell’insegnamento professionale. Stiamo studiando misure specifiche con lo scopo di monitorare in permanenza le forme di disagio, di rendere più stabili le misure sui così detti “casi difficili” e, come nuove misure, di formare personale specializzato che gestisca anche un distacco dall’attività scolastica

Il DECS continua a puntare su una politica di integrazione che si fonda sul principio di non escludere nessuno a causa di una sua diversità. Di fronte alla crescente brutalità degli atti di violenza si vede però costretto, da un lato, a ricercare soluzioni alle situazioni di disagio che si manifestano a scuola, d’altro lato, a proteggere chi segue regolarmente il suo percorso formativo. Va pure preso atto che la violenza è spesso il modo di comportarsi di chi non ha obiettivi o prospettive nella vita, ma anche di chi non trova un lavoro. Per questo motivo il nostro impegno si deve sviluppare su diversi livelli: nella ricerca di misure concrete, e se necessario anche drastiche, per far fronte a comportamenti di disturbo tra i banchi di scuola, nella definizione di misure con le quali promuovere l’integrazione professionale e sociale e nel massimo sforzo possibile per trovare aziende formatrici, disposte a formare nuovi apprendisti, e aziende di prima esperienza professionale per i giovani con l’attestato di capacità.

In una società intrisa di violenza – anche un gran numero di cartoni animati per bambini sono un’esaltazione della forza fisica e un incitamento ad assumere comportamenti di una brutalità estrema – scuola e famiglia devono collaborare strettamente per trasmettere quei valori di tolleranza, di rispetto dei diritti degli altri, di responsabilità e di solidarietà, di impegno e di costanza; collaborare contro i miti ingannevoli del nostro tempo che sono poi le lusinghe di un facile guadagno che ti cambia la vita da un giorno all’altro, le promesse fallaci di paradisi inesistenti. Bisogna riaffermare con forza il concetto di legalità e l’idea che al nostro agire ci sono limiti e regole da rispettare e combattere un modello di vita di una competitività ossessionante, che genera frustrazione che a sua volta genera violenza.

Ai nostri giovani vanno date regole chiare e condivise la cui violazione sia seguita sistematicamente da sanzioni adeguate e certe.