27 ottobre 2006

Consegna diplomi Scuola cantonale degli operatori sociali di Mendrisio

(Intervento di venerdì 27 ottobre 2006 di Gabriele Gendotti, in occasione della Consegna dei diplomi alla Scuola cantonale degli operatori sociali - SCOS - di Mendrisio)


Signor Direttore,
Signore e signori docenti,
Signori ospiti di questo evento,
Signore e signori neoqualificati,


partecipo sempre con un sentimento di piacere ad una consegna dei diplomi a giovani o meno giovani che hanno concluso una formazione. Il piacere sta nel condividere con loro un momento importante e senz'altro significativo della loro vita.

Infatti, la consegna di un attestato professionale è un momento che segna in un certo senso il passaggio da una situazione di dipendenza, perlomeno sotto il profilo formativo ma anche e soprattutto sotto quello finanziario, ad una situazione di autonomia. Dal momento in cui si ha in mano l’attestato si può dunque esercitare la propria professione nella propria responsabilità personale, senza dover dipendere da docenti o da operatori della formazione pratica. Si può, soprattutto contare sull’indipendenza finanziaria. Un’indipendenza finanziaria che acquista ancora un maggior valore per voi che siete in genere anche più adulti dei giovani più comunemente incontrati in queste occasioni e che certamente sono ancora attaccati, più di voi, alle loro famiglie.

Ma, in questa mia presenza, non c’è solo piacere di condividere, come in tanti altri casi analoghi, un momento di soddisfazione di cittadine e di cittadini di questo Cantone che ho l’onore, accompagnato ogni tanto da qualche peso, di governare. Ci sono ragioni più forti. Vediamone insieme qualcuna.

Innanzitutto credo che sia necessario sottolineare in ogni occasione, anche con la presenza dell’Autorità cantonale a eventi come questi, il valore di ogni professione e l’importanza che ognuna assume per lo scorrere ordinato e civile della vita del Cantone. A questo scorrere ordinato e civile della vita del Cantone concorrono infatti tutte le attività professionali, da quelle a torto considerate minori – e mi riferisco qui magari a quelle artigianali, non sempre riconosciute nel giusto modo dalle nostre giovani e dai nostri giovani – fino alle vostre, quelle della sanità e della socialità, arrivando fino a quelle dell’arte, che chiudono un po’ il novero dei settori professionali.

Purtroppo, nella percezione collettiva la vostra attività di cura e di sostegno sembra essere solo un costo per il pubblico – Comuni, Cantone e Confederazione – e per il privato. Dalla metà dell’anno non passa giorno infatti che sui media non si facciano pronostici sugli aumenti dei premi della cassa malati. E’ di questi giorni l’esito – sembrerebbe poco rallegrante – dell’indagine internazionale sui costi e sull’efficacia del sistema sanitario svizzero. E via dicendo.

Nessun accenno , o solo raramente, alle prestazioni. Intanto queste prestazioni non sono poi solo offerte – come si tende ad accreditare, affermando sempre e solo che l’offerta è eccessiva – ma queste prestazioni sono anche richieste; e sono richieste dalle stesse cittadine e dagli stessi cittadini che poi sbuffano di fronte alle spese salate pubbliche e private della sanità e della socialità.

In fondo, si può dare anche una lettura positiva delle spese della sanità e della socialità. Esse sono una parte importante del Prodotto interno lordo e contribuiscono anch’esse al suo sviluppo, dunque sono una parte, e non trascurabile, dell’economia del nostro Paese. Con le spese della sanità non si guariscono, laddove si riesce, soltanto le persone, ma si dà anche lavoro a molte persone, dalle funzioni più modeste fino ai primari degli ospedali, si muove un indotto importante pensando alle forniture di tutte le istituzioni di cura, addirittura si promuove una parte importante dell’industria metalmeccanica ticinese, se penso alle grosse aziende come la Synthes che ha oltre 500 dipendenti, la Medacta o la SMB che producono implantati a supporto della chirurgia.

Non vorrei aver fatto adesso l’elogio degli sprechi, semmai ve ne fossero. Sono anch’io paladino della parsimonia nella spesa pubblica, in tutti i settori, e laddove è possibile contenere le spese senza far mancare la qualità lo faccio anche nella scuola. Tuttavia non si può sempre accettare che ogni spesa, e in special modo nella sanità, sia demonizzata, occorre, per quanto è possibile, una lettura positiva.

Da questa lettura positiva - che auspico della sanità - deve discendere anche un’immagine ancor più positiva della vostra professione. Certamente non vi mancheranno gratificazioni di tipo personale, legate alle relazioni che avete con i vostri – se mi è permesso il termine – clienti. Ma è importante anche una gratificazione, un riconoscimento di carattere istituzionale e sono venuto a darvi proprio questo, ossia una certa fierezza della professione appresa. Ecco dunque una ragione della mia presenza.

Una seconda ragione della mia presenza. Il settore della formazione sanitaria è in grande movimento. Voi avete già anticipato quest’evoluzione, con il progetto della formazione di operatori socioassistenziali che è poi stato ripreso a livello federale. Lo stesso si può dire con il tirocinio di operatore sociosanitario, accolto, per gli apprendisti maggiorenni, in questa sede. Questi cambiamenti suscitano, come è inevitabile quando si introducono cose nuove, anche resistenze e anche critiche. Resistenze che sono magari comprensibili, se si riconducono alla naturale inerzia di fronte al nuovo o allo scontato corporativismo di chi, con una formazione precedente e dunque magari un po’ più "vecchia", deve confrontarsi con nuove figure professionali che sono sempre un fattore di concorrenza. Resistenze che non sono però giustificabili sotto aspetti più sostanziali, quali la stessa evoluzione dei processi di assistenza e di cura, così come della popolazione assistita o curata, evoluzione che richiede nuove risposte a nuovi problemi.

Sono venuto allora a rassicurare voi che vi muovete in fondo in un contesto di sperimentazione, anche se ormai consolidata, e ad affermare che l’Autorità cantonale sostiene questi cambiamenti – ci mancherebbe – e vuole realizzarli fino in fondo, non a dispetto delle critiche, che sono sempre ben considerate quando non sono gratuite, ma per l’efficienza e l’efficacia della sanità e della socialità del Cantone Ticino e forse anche delle finanze delle istituzioni di cura.

Questi cambiamenti l’Autorità legislativa li sostiene non solo politicamente, ma anche logisticamente. Sto parlando della nuova sede della Scuola che pian piano si sta realizzando qui accanto e che potrebbe magari essere disponibile già il prossimo anno, per le persone che sono ancora in formazione. Per voi che avete finito è ormai troppo tardi.

Queste dunque alcune delle ragioni della mia presenza a questa cerimonia. Ragioni che non fanno certo passare in sott’ordine il piacere di potermi rallegrare con voi per il risultato che avete raggiunto e di rallegrarmi unitamente ad amici o famigliari che vi hanno accompagnato.

Ancora una volta dunque complimenti vivissimi e auguri per il vostro futuro professionale, ricordandovi che un primo certificato non basta per tutta la vita e che la prima formazione deve sempre essere alimentata con formazione continua o con formazione superiore, magari fin nella scuola universitaria professionale. Possibilità tutte offerte dalle scuole del Cantone Ticino.