25 settembre 2006

Congresso Laboratorio d'ingegneria per la formazione e dell'innovazione (LIFI)

Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS al Congresso Laboratorio d'ingegneria per la formazione e dell'innovazione (LIFI) del 21 settembre 2006 a Lugano.

Gentili signore, egregi signori,

vi porgo il saluto mio personale e del Consiglio di Stato che rappresento in occasione di questa giornata di studio. Il tema che ci occupa oggi si presta molto bene a tutta una serie di analisi e di approfondimenti proprio perché il Ticino – e in termini più generali la Svizzera italiana – costituisce da sempre un crocevia privilegiato e un luogo di incontro fra diverse lingue e di culture. Le regioni di confine assumono - per vocazione o per necessità - il ruolo di ponte naturale fra il Nord e il Sud.

La politica della Confederazione nel sostegno allo sviluppo regionale è radicalmente cambiata: siamo passati da un modello basato sul bisogno, a un tipo di approccio che si fonda sul progetto. Ricevono l’aiuto e la solidarietà confederale i progetti innovativi e di ampio respiro che rispondono a precise esigenze, capaci di sostenere uno sviluppo sostenibile in una regione, di creare nuove opportunità di crescita morale, intellettuale e economica.

Il Ticino come minoranza e come Regione periferica è particolarmente interessato a questa evoluzione e lo ha ampiamente dimostrato assumendosi un ruolo convinto nell’ambito, ad esempio, della produzione e della divulgazione del sapere, pensando, mettendo in atto e sviluppando uno dei suoi progetti più importanti: il Ticino della conoscenza.

Ci rendiamo però anche conto dei rischi – anche se preferisco porre l’accento sulle opportunità - legati ad un’assegnazione competitiva delle risorse. Assegnazione competitiva delle risorse che da un lato può stuzzicare la nostra fantasia o la nostra creatività e – per dirla con Dante - “lo spirto guerrier ch’entro mi rugge”, dall’altro può essere da freno a chi le idee le ha, ma che per un motivo o l’altro, viene “soffocato” dalla forza o dall’arroganza di altri.

All’interno del Ticino ci sono poi regioni più a rischio di altre: lasciatemi parlare della Leventina, la mia valle, dove sono nato e dove vivo; una valle che avuto nel S. Gottardo il suo polo di sviluppo, la sua forza trainante per il benessere. Il Gottardo nel passato ha significato fortificazioni e caserme militari, ferrovia , centrali elettriche, turismo.

Non è necessario che vi faccia il quadro dell’evoluzione recente: corridoio di transito di mezza Europa, perdita di posti di lavoro anche a causa del progressivo disimpegno di attività della Confederazione, chiusura di attività produttive, diminuzione e invecchiamento della popolazione, scarse opportunità di lavoro per i giovani, risorse umane e finanziarie sempre più ridotte, difficoltà nel gestire il territorio, sono tutti segnali che ci inducono a pensare ad un ulteriore declino. Dobbiamo reagire.

La domanda politica potrebbe essere la seguente: si tratta di un’evoluzione ineluttabile o si deve o si può far qualcosa per modificarla? La domanda scientifica potrebbe invece essere: con quali strumenti si può incidere sullo sviluppo di una regione? Come si pianifica, come si realizza, come si comunica, come si verificano i risultati?

Alla domanda politica la Svizzera come nazione ha sempre dato risposte rispettose delle minoranze e perciò delle regioni, anche di quelle discoste: la nuova legge federale potrebbe continuare questa tradizione a condizione che le regioni sappiamo costituire un fronte unico, mobilitarsi e produrre progetti, coscienti delle loro potenzialità. Purtroppo finora i segnali che ricevo dal fronte politico non sono però sempre positivi, anche perché sono ancora pochi ad aver assunto un atteggiamento positivo di fronte al cambiamento. Per dire che spesso prevale ancora un tipo di atteggiamento volto alla semplice conservazione dell’esistente, al mantenimento di privilegi che ormai nessuno è ormai più in grado di garantire. Per dire che le risposte politiche devono passare dal coraggio al cambiamento, da un approccio positivo e propositivo che sappia dare forza a idee e progetti innovativi, non disgiunti dal contesto dei processi atto in una società moderna in evoluzione.

Per rispondere alla domanda scientifica – con quali strumenti si può incidere sullo sviluppo di un regione ? - credo sia necessario fare uno sforzo ulteriore di ricerca e di messa in comune di competenze magari presenti, ma non articolate attorno a un progetto. La messa in rete di competenze e la condivisione degli obiettivi è la condizione necessaria per affrontare le sfide di un modo sempre più globalizzato e caratterizzato da un’accresciuta concorrenza.

La politica può mettere a disposizione risorse, come ha fatto nel passato e come intende fare nel futuro. Ma sappiamo che investire risorse finanziarie in una regione può anche essere un atto assistenziale, può aumentare la dipendenza e aumentare le rendite di posizione, magari parassitarie. Finiti i finanziamenti esterni, finito lo sviluppo. Abbiamo assistito a sviluppi completamente esogeni, staccati dalla vocazione della regione, dalle aspirazioni dei suoi abitanti e dalle particolarità ambientali: progetti finiti con dolorosi fallimenti.

I cantoni delle regioni alpine sono coscienti della sfida posta dalla nuova legge federale che offre nuove possibilità, ma che esige precise competenze non facili da costruire e probabilmente ci chiede uno sforzo supplementare che dovrebbe trovare fondamento in un cambiamento di tipo culturale.

Concludo e sostengo che dobbiamo essere realisti: non è facile concepire, gestire, impostare al successo durevole un progetto di sviluppo che coinvolge un’intera regione. Il sostegno scientifico di un centro di competenza universitario potrebbe rappresentare una risorsa importante e ricevere interessanti spunti dal mondo politico. Le modalità di realizzazione competono evidentemente agli enti accademici che già nel passato hanno saputo rispondere con attenzione alle esigenze del territorio.

Ma personalmente voglio fare la mia parte e sto pertanto cercando di portare ad un tavolo di riflessione i miei colleghi dei cantoni alpini, in particolare Vallese e Grigioni, per la creazione di un istituto di supporto tecnico scientifico della politica regionale che consenta di proporre strategie sulle politiche territoriali dei prossimi 15/20 anni attraverso strumenti comuni volti ad aumentare la competitività del sistema territoriale e a supportare concreti progetti di sviluppo finalizzati e fondati su basi scientifiche. Un centro di competenza che rappresenti uno strumento di concertazione e un punto di riferimento per tutti gli operatori del settore e sappia orientare la strategia in materia di innovazione e di ricerca verso soluzioni condivise, ma nel contempo efficienti ed efficaci sul lungo termine.

Auguro buon lavoro al convegno e spero che le attese dei politici che credono in una efficace gestione della politica di sviluppo regionale possano concretizzarsi.