18 ottobre 2006

Legge sull'orientamento scolastico e professionale e sulla formazione professionale continua (Lorform)

(Intervento del Consigliere di Stato e Direttore del DECS Gabriele Gendotti, durante la seduta del Gran Consiglio del 17 ottobre 2006, sulla modifica della Legge sull'orientamento scolastico e professionale e sulla formazione professionale continua (Lorform) del 4 febbraio 1998)

[fa stato il testo parlato]

Signor Presidente,
Signor relatore,
Signore e signori deputati,

oggi è indiscutibilmente una giornata significativa per una parte importante degli attori dell’economia ticinese, intesa in senso allargato, dal settore primario fino a quello delle cure sanitarie, passando per l’artigianato, l’industria, il commercio e i servizi e, perché no, anche per la gestione delle economie domestiche. Mi riferisco soprattutto alle persone in formazione che si apprestano a partecipare allo sviluppo e al consolidamento di quest’economia, ma anche a tutte le persone che, nei vari ruoli, dalle funzioni più modeste fino a quelle dirigenziali, vi operano già a pieno titolo oppure intendono rientrarvi e hanno bisogno della formazione continua per mantenerne elevato e competitivo il livello.

Ringrazio pertanto tutti coloro che hanno contribuito affinché il disegno di modifica legisla-tiva potesse giungere allo stadio del dibattimento in Parlamento. Ringrazio in particolare la Commissione speciale scolastica del Gran Consiglio, che ha licenziato il Rapporto oggi in discussione, così come la Commissione cantonale per la formazione professionale, l’importante Commissione consultiva presieduta dalla vostra collega Francesca Gemnetti e nella quale sono rappresentati tutti gli operatori interessati dell’economia e della scuola, compresi alcuni altri parlamentari. Commissione che ha svolto un importante lavoro di preparazione dell’avamprogetto di legge. All’avamprogetto, arrivato quasi pari pari dalla Commissione consultiva al Governo, e ora al Parlamento, i partner sociali hanno dato la loro adesione.

Mi auguro pertanto, al di là del dibattito parlamentare che ha ulteriormente arricchito le verifiche commissionali e delle decisioni che ne seguiranno, che oggi si possa arrivare a una prima conclusione del processo di revisione dell’apparato giuridico nel campo della formazione professionale di base, superiore e continua per adattarlo alla nuova legge federale sulla formazione professionale, lasciando aperto un solo tema, quello del fondo cantonale per la formazione professionale.

La legge federale ha dato (art. 73) cinque anni di tempo ai cantoni dalla sua entrata in vigore il 1° gennaio 2004, per l’adeguamento delle disposizioni cantonali. A due anni e mezzo o poco più dall’inizio del termine siamo dunque nella giusta media e ancora fra i primi cantoni ad averlo fatto.

Alcune considerazioni ora di natura più tecnica, in risposta ad alcuni quesiti che legittimamente possono correre tra i banchi del Parlamento, anche se gli stessi trovano già parzialmente risposta nel messaggio e nel rapporto commissionale. Alcune sottolineature sono comunque doverose.

Perché modifica e non revisione totale?

Ci sono cantoni che hanno messo in piedi un’organizzazione di progetto dai costi di varie centinaia di migliaia di franchi, coinvolgendo anche aziende di consulenza, per una revisione totale della loro legge cantonale sulla formazione professionale, che in genere risale all’inizio degli anni ottanta, dunque un quarto di secolo fa.

All’estremo opposto c’è il Canton Zugo, che in pochi articoli rinvia il tutto alla legge federale.

Il Cantone Ticino ha scelto una via di mezzo, ma non per voglia di compromesso. Le ragioni sono più sostanziali e sono le seguenti:

1. La nostra legge ha già subito un’importante revisione nel 1998, vigente ancora la legge del 19 aprile 1978. In questa revisione il Parlamento ha potuto basarsi sui lavori preliminari allora in corso per la revisione della legge federale sfociata nell’adozione della stessa il 13 dicembre 2002 e nella sua messa in vigore il 1° gennaio 2004.

2. Motore (anzi motrice) della revisione nel 1998, accanto ad altri parlamentari di spicco nella Commissione scolastica, quali Benito Bernasconi, Alberto Cotti, Argante Righetti, Giovanni Orelli, Virgilio Nova, Giorgio Zappa tanto per citarne alcuni che non sono più parlamentari, motore è stata Chiara Simoneschi-Cortesi, allora presi-dente della Commissione cantonale per la formazione professionale, la quale (a Berna, quale membro della Commissione della scienza, dell’educazione e della cul-tura del Consiglio nazionale e relatrice di lingua latina) ha avuto buon giuoco nel ri-prendere principi e disposizioni già dibattute a livello cantonale e a rivalorizzarli nel-la nuova legge federale.

3. La legge cantonale del 1998, come già la precedente del 1984, è frutto di una solida concertazione fra le parti sociali, avvenuta in particolare nella Commissione cantonale per la formazione professionale, che ha esaminato gli avamprogetti depurandoli delle connotazioni non appropriate, ancor prima dei ritocchi e di qualche in-tervento più politico del Governo, della Commissione speciale scolastica e poi del Legislativo, autore della modifica che ha accolto il principio del sostegno finanziario individuale alle persone in formazione (art. 19, cpv. 2, lett. c della legge in vigore). Anche il presente disegno di legge che modifica la Lorform è passato all’attento vaglio della Commissione cantonale per la formazione professionale che ha trovato le soluzioni appropriate nei casi di frizione.

4. La legge del 1998 ha retto bene fin qui e, soprattutto, regge bene di fronte ai cambiamenti già in atto a seguito dell’entrata in vigore della nuova Legge federale (LFPr). Dunque meglio non toccare troppo quello che si regge sull’interazione equi-librata di pubblico, privato aziendale e organizzazioni del mondo del lavoro.

Che cosa si è mantenuto?

Come detto, la legge in vigore ha dato finora buona prova. In particolare, assicurando per il tramite delle sue norme, un adeguato sostegno finanziario e organizzativo alle aziende e alle organizzazioni del mondo del lavoro, la legge vigente ha finora dato una risposta esauriente a problemi che in altri Cantoni, soprattutto urbani, hanno conosciuto degenerazioni anche di una certa gravità.

Penso in particolare al collocamento degli apprendisti, che può far leva nel Cantone sulla disponibilità delle aziende proprio perché le aziende e le loro organizzazioni del mondo del lavoro si rendono conto che il Cantone sviluppa uno sforzo finanziario non indifferente per sgravarle da costi che premono in maniera ben diversa sulle aziende di altri Cantoni. Il riferimento va qui in particolare:

1. al sostegno finanziario ai corsi interaziendali delle organizzazioni del mondo del la-voro (OML): il Cantone continua nella sua scelta di parità di trattamento tra formazione professionale e formazione liceale, assumendo integralmente i costi non aziendali per la formazione degli apprendisti;

2. alla valorizzazione delle aziende che hanno apprendisti, in varie forme che vanno dalla loro identificazione pubblica con il marchio di azienda formatrice e arrivano fino al vantaggio che esse ricevono nelle commesse pubbliche;

3. all’accompagnamento della formazione in azienda attraverso una vigilanza e interventi che qualcuno considera ancora insufficienti, ma che offrono molto di più di quanto sono in grado di proporre altri cantoni.

Non è un caso che, malgrado congiunture economiche non sempre favorevoli e l’aumento degli effettivi in uscita dalla scuola media, le campagne di collocamento degli apprendisti si siano in pratica concluse sempre raggiungendo l’obiettivo della “tolleranza zero” - cioè un posto per tutte e tutti. A tutt’oggi sono 17 i giovani ancora iscritti come cercatori e in qualche caso la difficoltà di collocamento dipende anche dall’inflessibilità dei giovani nella loro scelta, che può essere anche giustificata ma che spesso si scontra con obiettive diffi-coltà di trovare un posto di tirocinio confacente.

Questo sostegno puntuale sarà mantenuto, pur evidentemente dovendo fare i conti con la situazione finanziaria del Cantone. E’ opportuno affermarlo di fronte a qualche timore che si manifesta, più nel resto della Svizzera che da noi, fra le organizzazioni del mondo del lavoro (OML), che temono appunto per il mantenimento dei contributi finora erogati per il funzionamento dei loro centri professionali. Sarà mantenuto e potrà aumentare, non tanto per volontà del Cantone, ma a condizione che la Confederazione terrà fede agli impegni presi, ossia di portare entro il 2011 l’aliquota del contributo dall’attuale 16% al 25%.

In tal caso si aprirebbero scenari interessanti per il Cantone, perché secondo i rilevamenti ufficiali che indicano spese riconosciute per 140 mio per la formazione professionale nel Cantone Ticino, dovrebbero giungere, invece degli attuali 17 mio, circa 35 mio nelle casse del Cantone (cioè oltre il doppio). Non ci si può però contare troppo e interamente, perché, senza una ferma difesa di tutte le parti sociali e dei cantoni, difesa che si è peraltro già manifestata, il Consiglio federale ha dato qualche segnale di cedimento per rapporto alle promesse fatte.

Al riguardo ricordo che il Consiglio di Stato, rispondendo all’interrogazione di Francesco Cavalli sugli obiettivi della politica del Consiglio federale in materia di finanziamento della formazione, ha già dichiarato il suo sostegno anche ad ogni iniziativa che volesse assumere in proposito il Parlamento, per esempio in forma di iniziativa cantonale.

Ma al di là del sostegno finanziario alla formazione professionale che il Cantone vuol continuare ad assicurare, altri aspetti si mantengono nella legge oggi in esame o addirittura ne vengono confermati ed esaltati in applicazione della nuova legge federale (LFPr):
1. la gratuità di principio dell’orientamento di base;
2. la formazione dei maestri di tirocinio (operatori della formazione pratica);
3. la vigilanza proattiva sulla formazione nelle aziende per il tramite degli ispettori del tirocinio;
4. i sistemi di qualificazione alternativi, ossia la presa in considerazione di competenze acquisite non solo attraverso una formazione classica – per intenderci un tirocinio o la frequenza di scuole o di corsi - ma anche con esperienze d’ogni genere (familiari, politiche, associative, ecc.);
5.la promozione della formazione continua senza differenziazione tra quella orientata o non direttamente orientata alla professione.

Che cosa è nuovo nella modifica?

Nel disegno di legge di legge che modifica la Lorform del 1998 ci sono comunque aspetti nuovi che impegnano il Cantone. Vi elenco le modifiche più importanti:

1. Il ricorso alla collaborazione transfrontaliera (art. 3): un Cantone come il nostro non può certo fare astrazione dalla realtà italiana che lo circonda. E’ una realtà che non può essere ignorata sotto tutti i punti di vista, anche quello formativo, perché ormai il Ticino e le province lombarde e piemontesi di confine costituiscono – e non da oggi ma quasi da un secolo – un mercato del lavoro con molti elementi di integra-zione.
2. La promozione di documentazione e sussidi didattici in italiano (art. 4): un grosso rompicapo per le scuole ticinesi è sempre stata la dotazione di sussidi didattici, che spesso sono prodotti solo in tedesco. Da alcuni anni vi è un’efficace risposta a questi problemi, che si vuol ora consolidare.
3. Il servizio e la promozione del plurilinguismo (art. 5): si tratta di offrire agli apprendisti e agli allievi delle scuole professionali strumenti – fra i quali utilissimi si rivelano gli stage fuori Cantone a addirittura all’estero – per appropriarsi delle lingue straniere, così importanti in un Cantone di frontiera e di transizione tra nord e sud.
4. Le misure per regioni e gruppi sfavoriti (art. 6)
5. L’obbligo per tutti gli enti di formazione di dotarsi di un SGQ sistema per la gestione della qualità (SGQ) (art. 7)
6. Il Servizio di raccolta, bilancio e certificazione delle competenze (art. 8): per consolidare quanto già previsto in materia nella legge del 1998.

Di carattere più specifico sono altre misure nella formazione professionale di base, come la promozione della costituzione di reti di aziende di tirocinio, una necessità dettata dalla sempre maggior specializzazione delle aziende che non consente di concludere l’apprendistato in una sola azienda, oppure la messa in rete di risorse limitate, sotto il profilo dell’offerta formativa, di microaziende (art. 11). Oppure ancora il sempre più necessario coordinamento con i provvedimenti inerenti al mercato del lavoro (art. 20, cpv. 3), per intenderci con quelli della Sezione cantonale del lavoro.

Quali sono i costi di questa nuova legge?

Non vorrei nemmeno dare l’impressione, in questo intervento, che Dipartimento e Governo non siano consapevoli degli effetti finanziari dell’impegno assunto dallo Stato in materia di formazione professionale di base, superiore e continua. Il messaggio dà già non poche indicazioni al riguardo.

Ma quel che mi preme sottolineare è prima di tutto che a fronte dell'impegno dello Stato vi è un impegno altrettanto importante anche dell’economia, soprattutto nella formazione professionale di base. Il riferimento è qui soprattutto alle 2700 aziende ticinesi che hanno apprendisti in formazione. Se non ci fossero queste aziende, la formazione professionale di base costerebbe tre volte tanto, poiché tutta la formazione dovrebbe passare attraverso scuole professionali a tempo pieno. Certo che 2700 imprese non sono moltissime, a fronte di 16000 aziende registrate nel Cantone Ticino, anzi di oltre 20'000 se contiamo tutte le sedi aziendali. In quest’ambito un margine di miglioramento è possibile e persino auspicabile, bisogna appunto vedere – ne farò un accenno poco oltre - se con mezzi coercitivi o con mezzi promozionali.

Un altro indicatore che non è il caso di sottacere, è il costo medio per persona in forma-zione, che sia nella formazione professionale di base sia in quella superiore e continua è leggermente più alto nel Cantone Ticino rispetto alla media svizzera. Formazione profes-sionale ticinese spendacciona allora? Non è certo il caso e ve n’è più di una ragione. Da un lato il Cantone, per evidenti ragioni linguistiche, deve arrangiarsi a risolvere per conto suo tutti i problemi della formazione professionale, senza poter far capo a collaborazioni intercantonali se non in casi eccezionali. Dall’altro costi medi più elevati della media sviz-zera sono inevitabilmente da ricondurre ai numeri più piccoli in qualsiasi aspetto dell’offerta, che non consentono economie di scala. Infine – e questo non dispiace certo alle organizzazioni del mondo del lavoro e alle aziende – la parte che il Cantone paga per i compiti che devono essere assunti in comune tra pubblico e privato è molto più alta che nel resto della Svizzera. Questo è il frutto di una precisa scelta politica.

Tuttavia, proprio gli oneri supplementari che il Cantone deve accollarsi giustificano ancor più, sotto il profilo finanziario, provvedimenti che rispondono anche ad altre esigenze di natura didattica, qualitativa o di equità distributiva fra le varie regioni del Cantone. Penso per esempio alla creazione, nella formazione professionale di base, di centri scolastici di competenza, ripartiti su tutto il territorio cantonale, anche nelle periferie, nei quali gli ap-prendisti di una certa professione dell’intero Cantone seguono l’insegnamento scolastico. Insomma, non si può più tenere in ogni scuola professionale del Cantone un po’ di tutte le professioni, ma in ogni scuola occorre concentrare qualcosa di solido, di unitario, che possa essere conservato e sviluppato qualitativamente nel tempo, senza essere conti-nuamente a rischio di congiuntura. E ciò a dispetto di qualche innegabile disagio per gli allievi che devono intraprendere trasferte appena più lunghe nel Cantone, non certo supe-riori a quelle in atto nel resto della Svizzera, per esempio dal Grigioni a San Gallo o Zurigo e dal Vallese a Losanna.

In materia di finanziamento della formazione professionale, buone notizie dovrebbero giungere, come detto, dalla Confederazione. Se dovesse mantenere gli impegni legislativi, fissati all’art. 59 cpv. 2 della legge federale di finanziare un quarto delle spese dei Cantoni, il Cantone dovrebbe, in linea teorica, vedere circa raddoppiato entro il 2011 – da 17 a 35 mio di franchi - il contributo federale.

Che cosa manca in questa legge?
Non si può certo affermare in modo assoluto che a questa legge non manca niente. Sarebbe presunzione eccessiva, se si tien conto di come evolve, in maniera sempre più incalzante, l’economia e di riflesso le esigenze del mercato del lavoro e, in ultima analisi, della formazione professionale.

Tuttavia si può perlomeno condividere quanto formulato nel Rapporto commissionale, secondo cui questa legge non è chiusa, è evolutiva – per dirla con le stesse parole del rapporto – e lascia certamente buoni margini di adeguamento ai cambiamenti congiunturali e strutturali che continuamente investono il mondo del lavoro e conseguentemente della formazione professionale di base e continua. Ne è del resto una prova il fatto che l’impianto originale della legge del 1998 ha retto – come già detto – anche ai cambiamenti dettati dalla nuova legge federale sulla formazione professionale del 2002.

In fatto di carenze, qualche rammarico può essere legittimamente formulato da chi persegue l’obiettivo del fondo cantonale della formazione professionale, ma passando dalla formulazione potestativa contemplata dal progetto in esame a una più incisiva, fino a quella coercitiva. Per questo obiettivo ci vuole però più tempo di quello che era a disposizione e anche più convincimento di tutte le parti in causa. Infatti, un fondo cantonale non può essere una forzatura, nemmeno veicolata da una votazione popolare (anche perché, lo ricordo agli iniziativisti, le votazioni cantonali in materia sono state tutte perdenti e il progetto non deve risultare alla fine un mero esercizio politico per rivendicare meriti e addossare colpe, ma deve, se si trova un punto d’incontro, essere una vera soluzione a proble-mi concreti).

Il meccanismo della formazione professionale, soprattutto di quella di base basata sul si-stema duale – formazione pratica in azienda e formazione teorica a scuola – si regge su equilibri delicati, basati sulla disponibilità delle aziende a formare che si può stimolare e promuovere ma non ottenere per coercizione; equilibri che è meglio cercare di tenere insieme, di affinare e di consolidare piuttosto che cercare di cambiare radicalmente. Ma non è il caso di anticipare nessun conclusione al dibattito in corso sul fondo cantonale, che è ancora del tutto aperto e del quale già fra una settimana è prevista una nuova tappa nella Commissione speciale scolastica. Ne dovremo discutere con calma, senza pregiudizi, per giungere poi a conclusioni equilibrate nell'interesse collettivo. Tutte le soluzioni restano aperte.

Conclusioni
Fatte queste considerazioni, di natura – contrariamente ai propositi iniziali - non solo tecnica, arrivo alla conclusione. Credo che la discussione e l’approvazione di questa legge costituiscano un indubbio atto di progresso per il nostro Cantone. Infatti:

1. Questa legge modificata tutela le esigenze dei giovani, che devono avere il diritto, usciti dalla scuola dell’obbligo, di ricevere una formazione di qualità, per poi entrare da protagonisti attivi nell’attività professionale e nell’attività civile e sociale del nostro Cantone. Esigenze che sono anche, nella transizione dalla scuole dell’obbligo e durante la formazione e ancora oltre, delle famiglie.

2. Questa legge aggiornata risponde alle esigenze delle persone adulte, per le quali è sempre più indispensabile continuamente aggiornare, completare e talvolta rifare completamente la propria preparazione professionale per reggere ai mutamenti tecnologici ed economici del Cantone.

3. Questa legge adeguata assicura anche e soprattutto gli interessi dell’economia, che deve poter contare, per reggere la concorrenza intercantonale e internazionale, su personale accuratamente preparato a ogni livello di funzione.

Conto pertanto, assieme al Consiglio di Stato, sull’approvazione, affinché se ne possano sollecitamente mettere in atto le novità più significative.