26 settembre 2006

SUPSI, Dipartimento tecnologie innovative - 20 anni di informatica

(Intervento di Gabriele Gendotti – Consigliere di Stato e Direttore del DECS - del 22 settembre 2006 a Lugano-Trevano)


[fa stato il testo parlato]

Signori presidente e direttori della SUPSI
Autorità, rappresentanti dell'economia, della formazione e della ricerca
Signore e signori

saluto con un sentimento di soddisfazione i primi 20 anni di informatica in Ticino. Sono stati 20 anni intensi, iniziati nel 1986 con la creazione della Sezione di informatica della Scuola tecnica superiore, che, come tutti sanno, è stata successivamente integrata nella Scuola universitaria professionale.

Il Ticino come modello?
Spesso il nostro Cantone ha dimostrato di essere precursore dei tempi proprio perché ha saputo adottare soluzioni innovative in grado di rispondere alle esigenze presenti e di anticipare quelle future, soluzioni poi assunte a vero e proprio modello per il resto del Paese.

Gli esempi quasi si sprecano. E non penso solo alla nostra scuola dell'infanzia, modello che di fatto è stato ripreso nel progetto HarmoS di armonizzazione della scuola obbligatoria (progetto che fa tanto discutere soprattutto fra chi assume atteggiamenti di pura conservazione dell'esistente senza dimostrare né apertura né un po' di umiltà nell'ammettere che anche noi possiamo ancora migliorare) oppure alla scuola media, altro modello ticinese che crede in un'integrazione scolastica intesa come elemento centrale per la coesione sociale di una comunità.

La nascita della Sezione di informatica fu l'espressione di una precisa volontà politica che mirava ad offrire agli studenti ticinesi nuove possibilità di studio e sbocchi professionali in settori promettenti. Aveva lo scopo - cito una frase dell'ing. Giancarlo Ré, già direttore della STS - "di essere possibilmente di aiuto alle piccole e medie industrie ed al settore dei servizi". Ed è proprio su questo concetto che, una decina di anni dopo, il Parlamento federale darà vita a una profonda riforma del sistema educativo che porterà alla nascita delle SUP, riforme definite come "parte integrante del rilancio della nostra economia".

La SUPSI ha interpretato nel migliore dei modi la volontà del legislatore. Lo ha fatto adottando una forma giuridica che le consente la necessaria flessibilità e una buona autonomia operativa - è ente autonomo di diritto pubblico, altro modello ticinese destinato a far scuola - e proponendo un giusto equilibrio fra la formazione di base, formazione continua, la ricerca e lo sviluppo; equilibrio che troviamo in particolare proprio nel Dipartimento tecnologie innovative che opera in stretto contatto con l'Istituto CIM della Svizzera italiana, l'Istituto Dalle Molle di studi sull'intelligenza artificiale e il Laboratorio di Microelettronica, il Laboratorio di energia, ecologia e economia, il Laboratorio tecnico sperimentale, l'USI e con le realtà imprenditoriali dentro e fuori il Cantone.

Vi propongo ora alcune riflessioni in prospettiva futura.
Lo faccio partendo da un'affermazione che mi è suggerita dal Rapporto sugli indirizzi che precisa come "la formazione e la ricerca scientifica rappresentano in tutte le nazioni industrializzate un settore di investimento prioritario, in una serrata concorrenza fra le nazioni e le regioni: solo l'accesso alle nuove conoscenze e alle innovazioni tecnologiche permette di mantenere una struttura di produzione competitiva".

Il sistema universitario della Svizzera italiana è ancora giovane; in pochi anni ha raggiunto importanti traguardi e ha saputo conquistarsi un suo posto e una sua identità nel campo della formazione superiore. È una nota di merito per tutte le forze migliori di questo Cantone che si sono unite e che hanno saputo guardare oltre il proprio orticello in modo lungimirante. Ma non possiamo dormire sugli allori perché anche gli altri sono bravi.

Puntiamo molto sul Ticino della conoscenza, sul consolidamento di un solido contesto scientifico residente capace di attirare cervelli, di produrre conoscenza, di sostenere l'innovazione. Per fare questo dobbiamo assumere un atteggiamento positivo e aperto, dobbiamo sostenere le sinergie e le collaborazioni, mettere in rete il sapere, definire le priorità e abbandonare il superfluo o ciò che non risponde più alle esigenze di oggi e soprattutto di domani. La commissione di coordinamento universitario cantonale e i Consigli dell'USI e della SUPSI lavorano in questo senso, nell'auspicio che queste intenzioni trovino corrispondenza a tutti i livelli operativi dei due enti.

Il successo del mondo universitario ticinese passa attraverso il successo di tutte le istituzioni pubbliche, parapubbliche e private che lo compongono: USI, SUPSI, ASP, CSCS, ISPFP, IRB, IOSI e altre ancora. Ognuna di esse rappresenta la ruota di un grande ingranaggio che funziona se tutte le sue componenti sono ben connesse fra loro. Un po' di olio negli ingranaggi ce lo mettiamo noi politici attraverso la creazione di condizioni quadro favorevoli allo sviluppo della società della conoscenza, attraverso il sostegno concreto (leggi messaggi per il finanziamento) alla formazione, alla ricerca e all'innovazione. Poi purtroppo, ogni tanto noi politici ci mettiamo anche un po' di sabbia. Mi riferisco, lo avrete capito, alla intenzioni di plafonare al 4,5 % all'anno l'adeguamento dei contributi per la formazione, la ricerca e l'innovazione, intenzioni che sono state leggermente corrette al rialzo ("almeno il 6%") dal Consiglio agli Stati nella sessione di Flims. Ma se il 4,5 % è una vera e propria miseria, il 6% è appena sufficiente per garantire una "crescita zero". In altre parole, per marciare sul posto. Troppo poco se pensiamo alle sfide future, alla nuove realtà emergenti che conoscono ritmi di crescita elevati. Troppo poco se non vogliamo diventare, presto o tardi, un deserto tecnologico e industriale a rimorchio di chi oggi si sta rimboccando le maniche e semina. Semina bene. Ma proprio la politica per stimolare questi potenziali di crescita dovrebbe dimostrare un po’ più di coraggio.

Dobbiamo prepararci già ora per essere pronti ad affrontare i temi centrali di questo secolo che potremmo riassumere in due grandi gruppi: l'ambiente (pensiamo all'effetto serra o all'acqua) e l'energia (come rispondere al crescente fabbisogno in un contesto di sviluppo sostenibile?). Per affrontare queste sfide occorrono persone ben formate con solide competenze scientifiche. Ma sappiamo anche che la passione e l'interesse dei nostri giovani proprio per la scienza e la tecnica si è vieppiù smorzato. Su questo tema, statene pur certi, ci torneremo.

Ringrazio tutti coloro che - coscienti delle loro forze e delle opportunità che abbiamo - rinnovano giorno dopo giorno il loro impegno per il Ticino della conoscenza. Un Ticino aperto, parte del mondo. E il Ticino in cui tutti noi dobbiamo credere.